Che la chiamavano melanconia, o melancolia (anglicismo?), oggi solo depressione, disturbo affettivo, distimia (cfr. ICD 10 o DSM 4, vedi se la classificazione viene fatta dagli europei o dagli americani.)
Che Ferrand, nel 1610, studia come malattia d’amore, o malinconia erotica, o erotomania, insistendo sulla distinzione tra sintomi soggettivi e segni obiettivi per una medicalizzazione della sessualità femminile (la malinconica è femmina), e da lì moralizzazione e interdetto.
Che è non mangiare, non dormire, non volere, non provare piacere, rallentare, regno dell’a privativo, astenia, abulia, adinamia, anedonia, tono dell’umore flesso. Deflesso. Ah! Per almeno tre mesi e senza evento traumatico, lutto, abbandono, veri.
Che la verità è quella che appartiene al mondo apparito, il semplice succedersi di eventi documentabili, osservati dalle spanne della cronaca e dai riti della letteratura del quotidiano.
Che in fondo al blocco malinconico c’è, dice la psicoanalisi, un lutto comunque, una morte della quale ci si sente responsabili, macché ci si sente, si è responsabili. Di qualcuno si è desiderata ardentemente la morte.
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