Il passato – diciamo “il lascito culturale”, poiché è fondamentalmente di ciò che si tratta – non è una identità prefabbricata e fissata una volta per tutte. È una identità in divenire a pari titolo del presente. Ogni epoca e ogni gruppo umano legge il passato in funzione dei propri bisogni. E se un gruppo umano di una qualunque epoca si mostra incapace di leggere il proprio passato in funzione dei propri bisogni, la colpa non ricade sul passato, ma sullo stesso gruppo umano. In generale, la colpa è di non conoscere il proprio passato e, quindi, di non essere in grado di riconoscere ciò di cui si avrebbe bisogno. E anche quando ciò di cui si avesse bisogno fosse fare tabula rasa, non si farebbe ignorando il passato o fingendo di ignorarlo. dz
una recensione di Daniela Assunta Zini
Come Stendhal, che, spesso, tornava sulla storia della sua vita “senza illusioni in proposito”, in quegli scritti segreti destinati alla posterità, anche noi dovremmo essere curiosi di sapere chi eravamo.
Quanto a me, sono decisa a rimediare a questa lacuna.
Il passato – diciamo “il lascito culturale”, poiché è fondamentalmente di ciò che si tratta – non è una identità prefabbricata e fissata una volta per tutte. È una identità in divenire a pari titolo del presente. Ogni epoca e ogni gruppo umano legge il passato in funzione dei propri bisogni. E se un gruppo umano di una qualunque epoca si mostra incapace di leggere il proprio passato in funzione dei propri bisogni, la colpa non ricade sul passato, ma sullo stesso gruppo umano. In generale, la colpa è di non conoscere il proprio passato e, quindi, di non essere in grado di riconoscere ciò di cui si avrebbe bisogno. E anche quando ciò di cui si avesse bisogno fosse fare tabula rasa, non si farebbe ignorando il passato o fingendo di ignorarlo. Quanto a noi italiani, se mai vi è colpa, non è certo nostra, ma di chi avrebbe dovuto elaborare i programmi delle scuole e non dimenticare, con tanta disattenzione, quanto è accaduto in Italia, sui monti, nelle valli e nelle città, tra il 1943 e il 1945. La storia d’Italia non ha avuto solo Enrico Toti, ha avuto qualcuno e qualcosa di più del lancio di una stampella: ha avuto chi ha fatto l’eroe non perché avesse ricevuto la cartolina precetto, ma perché in montagna era andato di sua spontanea volontà, per “salvare la faccia”, se non altro di fronte ai nazisti che “la facevano” da padroni e ai fascisti che “la facevano” da servi.
La Liberazione dell’Alta Italia, negli ultimi giorni di aprile del 1945, fu, sempre, caratterizzata dal rilievo che vi assunsero i protagonisti di grande spicco e gli avvenimenti di determinante portata. I capi militari della Va e della VIIIa Armata alleate, i generali tedeschi, Benito Mussolini (1883-1945) e i suoi, i comandanti partigiani delle montagne e delle città sono i grandi comprimari di quei giorni in cui si consumò, per noi, l’estrema tragedia della guerra. Continua a leggere →
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