Marina Agostinacchio
Azzurro, il melograno
Puntoacapo, 2009
La poesia è qui un’archeologa capace di interrogare i luoghi del ritorno, di ricostruire ‘il bel presente ’ , scavare nel profondo, seguire i labirinti dei ragionamenti. Marina Agostinacchio intona un canto che trattiene, intessuto di stanze, d’infanzia, di piante, di rime, di tentate spiegazioni. Una poesia che affascina nonostante la complessità che a volte assume il testo, la scientifica ricerca del verbo, la licenza improvvisa del neologismo. Giacomo Trinci, nella postfazione alla bella raccolta, parla di ‘dipendenza dal ritorno ’, di ‘grafico dell’anima’, di ‘instabile precaria sicurezza ’, tipica della letteratura diaristica.
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