LA VERITA’ E IL DELIRIO
DI MICHELE SOVENTE
di Augusto Benemeglio
1. Il Dylan Thomas dei Campi Flegrei
Michele Sovente se ne è andato un anno fa, in primavera, come le nuvole, chissà dove, in un punto cieco, dove stanno le favole, come aveva anticipato nel suo libro “Carbones”, Garzanti, 2002, che mi aveva regalato qualche anno fa, a Piano di Sorrento, dove avevo vinto un concorso di poesia per una silloge inedita (I funerali di mio padre), e lui era l’ospite d’onore insieme a Maria Luisa Spaziani.
Quondam nubila longe adspiciebam
et obscuras per vias sentiebam
erbas longe novas: cum aspide
puer in horto ludebat
(Le nuvole una volta guardavo lontano /e per vie buie sentivo il brusio/di appena nate erbe lontano: un bambino/ con il serpente nel giardino giocava ).
Le guardavi ancora le nuvole e ci leggevi dentro tante cose , per lo più tristi amare degradanti catastrofiche, un po’ delirio, un po’ verità, vento cieco dell’anima.
Po’ rummane, chisàpe, ‘u bbelèno
’mpònt’a còra e ‘ncuòrpo rummàne/
Pe’ tantu tièmpo ‘u senzo/r’ ‘u mmale…
Era forse il più grande poeta meridionale di quest’ultimo scorcio di tempo, certamente uno dei più importanti a livello nazionale. Era il Dylan Thomas napoletano dei Campi Flegrei, con la sua impetuosa vitalità, l’autentico folklore che fascia un popolo, e aveva in se quel tanto di visionario, profetico e delirante che fa della sua poesia un dato certo, riconoscibile, una testimonianza implacabile del nostro vivere di oggi, che brucia come lava ardente Continua a leggere →
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.