
Di tre ore ad Ulisse erano rimasti solo quindici minuti per poter dire cosa pensava di Joyce.
Se l’era preparato tutto questa volta il compito del concorso.
Tutti gli autori del novecento.
Con quell’aria di studente che gli pesava ancora addosso , e che , a trentaquattro anni, sembrava ancora non averlo abbandonato.
Quattordici mesi a cambiare idea, leggendo, su tutti e su tutto.
Quattordici mesi ad ascoltare cosa ne pensavano gli altri.
Quegli opportunisti che dicono sempre di sapere tutto , quelle sanguisughe
della lettura presunta, gli antropobibliocefali in colletto inamidato, che , per
loro il pensiero, leggendo, è come un segnalibro.
Con Giacomino no , suo caro antico e minuto compagno di banco.
Con lui si parlava di donne, di seghe e delle maschere di Pirandello.
Da piccolo la mamma lo aveva scoperto a masturbarsi nel bagno. Continua a leggere →
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