il muro tace, non risponde più
si lascia guardare angolandosi
in riproduzioni lessicali nei passi
o sfarfallii – armati – sottoluce
ogni tanto un urto di temperatura
differente, a porte chiuse ] tolte le dita Continua a leggere
07 venerdì Feb 2014
Posted Doris Emilia Bragagnini
inil muro tace, non risponde più
si lascia guardare angolandosi
in riproduzioni lessicali nei passi
o sfarfallii – armati – sottoluce
ogni tanto un urto di temperatura
differente, a porte chiuse ] tolte le dita Continua a leggere
12 lunedì Ago 2013
Posted Doris Emilia Bragagnini
inCara Doris,
la tua prima raccolta è qui davanti a me, che mi ci addentro – credimi, è un buon elogio – come in un bosco rorido di metafore, più o meno inconsce ma sempre accese, temprate, significanti… Metafore, analogie, novazioni interiori, neologismi sintattici nonché lessicali, allitterazioni insieme intime ed epocali – non entriamo troppo in uno specifico formale e cogliamo invece l’essenza, la tua ininterrotta dichiarazione di poetica che è insieme un denso, pesante reclamo al cielo e una ariosa, assisa pretesa di terrestrità:
un piano fulgimediale
di stelle sbriciolanti cielo
e faville di scioltezze
… E poi ancora la “morbida sfattezza”, l’”inchiostro dell’avverso sì” (coincidentia oppositorum?!), “il suo solletico a – strapiombo –“: oh, molto più che una gattità di felina/femminea adesione!… Un ininterrotto, ripeto, strapiombo sulla pagina e dentro una scrittura che insieme “oltreverso” (l’oltranza del verso?), e la favilla e la favella oltre il verso…
Molto più intrigante il sottotitolo: quel “latte sulla porta” che sbaraglia insieme il nutrimento materno, primordiale, infantile – e la dimora ufficiale di ogni residenza domestica, di ogni domicilio del proprio io…
Vige ovunque e soprattutto nel tuo cuore questo dolente gioco ossimorico (Montale sfruculiava Pasolini per il suo ossimoro permanente”) che alla fin fine si fa bussola definitiva ed integra cifra emotiva: “mi trattiene e mi squassa”, “in un mare di ghiaccio”, “che ansimando evapora”, “sussurro da ingoiare”, “codici infranti”, “longitudini d’albori”…
L’interiore si libera e presto si rintana, si arrocca in un inesorabile continuum di memento e avvento… Il corpo guizza in spirito e pensiero, che a loro volta s’incarnano come un’unghia nascosta e gnoseologica… Continua a leggere
18 giovedì Apr 2013
Posted Doris Emilia Bragagnini, Narda Fattori
inIn tempi di alfabetizzati e di acculturati quanti libri si stampano, quante parole provano a mettere le ali e a sorvolare il mondo. Spesso precipitano dopo due battiti, pazienza, a qualcosa saranno servite.
Noi lettori abbiamo abbondanza di scelte, sovrabbondanza direi e qualche volta ci affatica trovare la perla vera fra tante plasticate. Mai demordere e continuare a cercare, minatori di pepite spaccaocchi.
Qui, ad esempio, ho un bellissimo libro di poesie di Doris Emilia Bragagnini, meravigliosamente prefato da Augusto Benemeglio, che si è offerto alla mia lettura senza infingimenti né letterari né razionali.
La poesia di Doris s’incunea nei meandri instabili degli eventi che la trafiggono e la incantano anche e quel suo atto concreto, non ancora carnale, la trasporta in territori infidi che ora sembrano miti, ora feriscono con lame affilate. Ma…. Qualcosa la trattiene al di qua di una soglia che violata , impedirà il ritorno e l’attrazione resta , insoddisfatta e dolente. Continua a leggere
24 sabato Dic 2011
Posted Doris Emilia Bragagnini, L'albero del futuro, Le sfide di VDBD
in≈ Commenti disabilitati su L’albero del futuro – 32 – Doris Emilia Bragagnini
hungry sweet melody
sweet, sweet, my hungry sweet melody, sweet…
osserverò le piume alzate contro il vento che
il tuo gorgheggio solleverà nel vuoto intabarrato
e lì, a colpire dove il fianco è muto e
cola l’ombra – rovesciata –
sulla rotondità del giglio oscuro
reciderò gli stami
scivolando al fondo di quel ringhio d’altro canto
da serrare, tra le mie parole nude
erano i giorni delle unghie scheggiate
tra gli spazi tanto freddo e
il ruvidore precipitava l’ululo
a lisciarle sulla faccia ma, non era la paura
a stringere nei nastri l’andirivieni di quel fronte
che vedevo nei suoi occhi
piuttosto un velo, patinato su quel bianco
sopraggiunto come schiuma di
– distacco –
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