Quello che segue è il sunto di una conversazione che ho avuto con Paolo Fresu, prima del suo concerto al festival Parma Jazz Frontiere. Feltrinelli ha da poco pubblicato la sua autobiografia “Musica dentro”. Dove si parla di jazz, ovviamente, ma non solo a beneficio della strana congrega degli adoratori di questa musica : Fresu racconta anche la sua Sardegna contadina, i suoi viaggi innumerevoli, le tante culture del mondo, il silenzio della musica, l’ elettronica che aiuta a ritrovare il “lato mistico ed ancestrale del suono che noi occidentali abbiamo perso da tempo”, l’ essere isolano, il narrare senza parole, l’ avventura dell’ improvvisazione.
“ Di solito le autobiografie si scrivono per segnare un punto di arrivo di un percorso di vita. Io ho l’ impressione che tu abbia invece fatto il punto di una situazione che è in evoluzione continua”
“ Tenevo molto a questo libro. Su di me è stato scritto molto in termini musicali. Ma io volevo raccontare qualcosa di più, qualcosa che potesse interessare anche chi il jazz non lo conosce. Volevo raccontare la storia di un ragazzo nato nella Sardegna profonda, che si innamora di una musica decisamente altra. Un’ arte lontana, come spirito e come forma dalla cultura contadina in cui è cresciuto. Una storia normale ed inedita allo stesso tempo. Situata in un tempo cronologicamente vicino al nostro, essendo io nato nel 1961, ma lontanissimo al tempo stesso. Quando ho cominciato ad ascoltare jazz di internet nemmeno si parlava. Sapere qualcosa era molto più difficile che non adesso. Io ero immerso in quell’ ambiente contadino, dai tempi lunghi. Fatto anche di rassegnazione, di fatalismo. Immobile forse, Immerso in quel mondo che amavo e che amo e allo stesso tempo innamorato di un arte come il jazz che si mette in discussione minuto dopo minuto, all’ interno di una stessa esecuzione. Ho voluto raccontare questo “. Continua a leggere
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