Madre e figlio vedono gli stessi sogni. Di giorno e di notte si stringono nel dolore dell’attesa. La perdita è lì, nello scrosciare dei rami, nel treno che in lontananza si scorge tra l’erba autunnale. Lui cammina e tiene in braccio la Madre, divenuta piccola e sottile; ogni tanto si ferma e quando la adagia nel ventre di un albero, l’immagine si dilata. L’esistenza sembra dipinta di colori fiamminghi; eppure tutto segue il suo ordine, il soggetto anche nel dolore e nella malattia sembra che abbia sempre fatto parte dello scenario onirico di Aleksandr Sokurov.
Madre e Figlio, di Aleksandr Sokurov (1997). Lettura di Alessandra Pigliaru
17 venerdì Ago 2007
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