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Alle 6.30 della mattina dell’8 gennaio 1911, a Portoferraio, nel Palazzo dei Merli, a soli 46 anni d’età, si spenge, ucciso dalla tubercolosi, uno dei più straordinari personaggi del nostro recente passato, Pietro Gori, il cavaliere errante dell’anarchia. Lo assistono amorevolmente la sorella Bice e l’operaio Piero Castiglioli. La notizia si diffonde in un baleno e ciascuno vuole rendere omaggio all’avvocato dei poveri, a chi, rinunciando ad una carriera forense ricca e prestigiosa, ha consumato la sua vita a difendere i perseguitati politici, gli operai, i contadini e a lottare per il trionfo dell’Idea.
I funerali, imponenti, dureranno tre giorni. Continua a leggere
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