Il maniaco e altri racconti
di
Sergio Sozi
Walter Casini Editore
Pagg. 140 € 16,00
Sozi è scrittore raffinato, ha una concezione alta della scrittura, non riuscirebbe a scrivere mai qualcosa di banale. Ne “Il maniaco e altri racconti” sperimenta nuove vie linguistiche che danno al testo assoluta originalità. Se è vero che la letteratura ha una “verità da dire”, Sozi ha inventato una verità tutta sua per dirla, un tourbillon fantastico di girandole comico grottesche lambiccate di alchimie verbali. Coniuga esuberanza e limpidezza come un Gadda irriverente e frenetico. Ma attenzione a non cadere nell’errore di farne un epigono dei grandi sperimentalisti linguistici (Gadda, D’Arrigo, Landolfi) si rischierebbe di fargli torto. Sozi tenta di imporre in questo libro il suo stile personalissimo, avvalendosi di fondamenta solide e ben strutturate. Al centro dei suoi racconti troneggia la figura di Euterpe Santonastasio, capitano della Compagnia Trieste II, il quale si ritrova a dover districare casi polizieschi al limite del reale: le lettere sentimentali inviate da un ignoto autore, “il maniaco”, un maniaco della scrittura. Niente stragi e spargimento di sangue, né violenze sessuali. Sozi gioca con una scrittura plurilinguistica amalgamando triestino, siciliano, romano e neologismi, ottenendo risultati efficacissimi. E si rivela ironico, brillante, mai scontato, lontano da un certo manierismo edulcorato. Altro aspetto da non sottovalutare è la ricerca dell’assurdo e del paranormale, come nella storia degli animali parlanti. Assurdo e grottesco si assemblano in una continua ricerca che rende pirotecnici i personaggi inventati, sì da far considerare l’impianto poliziesco semplice artificio letterario ad uso e consumo della materia narrata. Uno scrittore refrattario a certe mode consumistiche, che percorre il proprio filone narrativo con forza, caparbietà e coraggio, da seguire con interesse.
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Sergio, il modo di comunicare degli esseri umani si evolve, dalla parola alla carta stampata, dai cellulari a internet. Anche la letteratura si evolve. Quanto è importante secondo te la ricerca di nuove espressioni linguistiche?
Be’, Salvo, io direi che piú che ”evolversi” il nostro modo di comunicare sia vittima di quelle violente trasformazioni imposte dalle esigenze economiche e politiche; insomma la gente comunica in modo diverso, rispetto a, che so, trent’anni fa, solo per adeguarsi e sopravvivere, mica perché viva meglio. Anzi, vive peggio, la gente, oggi, soprattutto da un punto di vista spirituale, affettivo, morale o meramente psicologico. Poi ci sono molte persone confuse che comunicano come possono solo perché hanno una personalità debole, o addirittura spesso schizoide, nevrotica o insicura, traumatizzata. Lo squilibrio oggi è il Massimo Comune Denominatore dell’Italia. E dunque la lingua comune muta, riferendoci la pericolosa instabilità della Nazione. Io, in questo contesto che non amo per niente, credo pertanto di seguire le mie strade personali, attingendo linguisticamente alla Letteratura degli avi, a quel ”sermo familiaris” che tanto mi ha dato parole di nuovo conio e ai dialetti. Insomma: la lingua italiana, letteraria o orale, colta, e altre varie stratificazioni autobiografiche mi dànno il marmo policromo in cui scolpisco le mie pazzie. Io disprezzo fondamentalmente questo Millennio e la fine del precedente, dunque ne adotto alcuni termini solo per deturparli e irriderli, lo dico a chiare note. Non ho niente a che spartire con la realtà di oggi. Pertanto ricerco, sí, ma dove voglio io: nei miei ricordi e sogni, nelle mie ricerche, nelle carezze e gli schiaffi ricevuti, nei libri e nel lessico di Bontempelli o Italo Calvino, di Yourcenar o Plauto, Palazzeschi, Consolo, Tomasi di Lampedusa, Dante, Petrarca, Danilo Kiš, Prešeren, Bulgakov, Ariosto. Anche il D’Annunzio poeta. Meno Leopardi (lessicalmente parlando, eh!).
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In un periodo di consumismo letterario, in cui gli autori si devono adeguare alle esigenze di mercato
se vogliono pubblicare e vendere, tu esci con “Il maniaco e altri racconti”, un testo fuori dagli schemi se vogliamo, originale e che mira a un pubblico colto. Uno scrittore deve sempre seguire la propria poetica letteraria?
Se persino uno scrittore si adegua alle mode, come nemmeno Virgilio in fondo fece, significa che siamo alla fine dell’arte scrittoria e del pensiero, del sentimento che sta nelle lettere: meglio cambiar mestiere e darsi al business in maniera chiara: non piangerà nessuno dei nostri (presunti) lettori. Ogni mestiere ha le proprie caratteristiche professionali, credo: quello di scrivere ha come regola fissa la potenza dell’individuo (colto) e la sua volontà di dettare le regole al proprio mestiere stesso. Chi le regole se le fa dettare dagli altri è un pessimo professionista, in questo campo. Secondo me.
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E’ difficile imporsi pubblicando con un piccolo editore, il mercato librario è strozzato dalla grande editoria la quale esercita una grossa influenza sulla stampa e la rete di distribuzione. Quali canali può utilizzare un piccolo editore per promuovere i propri prodotti?
Il punto fondamentale è il ”cosa” un piccolo editore deve proporre al pubblico, direi prima. Poi viene la diffusione dell’opera. Allora, vediamo: il piccolo editore deve proporre opere di individui sani mentalmente ma molto fantasiosi e conoscitori della Letteratura e delle sue regole – stilistica, retorica, grammatica, sintassi, grafica, ecc. Ciò precisato, diciamo che diffondere i libri presso le piccole librerie e anche in Internet – appoggiandosi per farli conoscere ai tanti siti e blog letterari – è meglio che sperare nella grande distribuzione. A meno che diversi piccoli editori non siano in gamba e non si associno, cosí creando piccoli insiemi di editori indipendenti (piccoli insiemi, ripeto) per sopravvivere e farsi notare anche dai grandi molok della distribuzione (Librerie Feltrinelli, ecc.). Quest’ultima soluzione sarebbe molto costruttiva, a mio parere: entrare con delle specie di cooperative fra piccoli editori nel grande mercato per proporre ai cittadini delle opere vere, letterarie, e non delle pellicole messe su carta come avviene ora. Dare qualità perché la qualità vince sempre, senza pretendere di vendere centomila copie, ma esigendo di smerciarne tremila sí. Anche tramite le grandi librerie e i supermercati, perché no. Ma come ho detto io, non da soli. Uniti si vince. Quattro piccoli editori associati che pubblichino roba buona possono mirare a vendere tremila copie di ogni singolo libro senza imitare il cinema o i libri pubblicati dai grandi, come no! Basta farlo. Coraggio!
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Ne “Il maniaco” si avvicendano situazioni grottesche ed esilaranti, ha poco del classico giallo poliziesco, le lettere inviate da un folle come messaggio da svelare. La scrittura ancora al centro dell’attenzione. Quale messaggio hai voluto trasmettere?
Tanti, Salvo, veramente tanti messaggi (nella ”bottiglia del libro”), fra i quali resta centrale quello della solitudine e della malvagità delle attuali forme d’ intelligenza del nostro popolo, del suo egoismo e della sua incapacità di sentire il prossimo appoggiandosi alla comune origine arcaica e alle tradizioni profonde ed antiche dell’Italia. L’Italia moderna ha bisogno di schiaffoni spiritosi e tosti, per capire di essere antica e salda, per risvegliarsi dal letargo frenetico di questa modernità assurda. Questa Italia, dove mettere in piazza (ossia in tivú) i propri sentimenti è diventato folle esercizio quotidiano, non potrebbe invece tollerare un ”pazzo” che scriva a degli sconosciuti per dire qualcosa di personale e sincero. In questa ottica, il mio ”maniaco” è un evangelizzatore protocristiano molto consapevole, che porta un messaggio cristiano e assieme pagano: amatevi e condividete le vostre miserie, gente italica! Questo dice il mio ”maniaco sano” scrivendo delicate e liriche lettere anonime a degli sconosciuti. Gli sconosciuti non riescono, pazzi loro, a capire perché qualcuno li ami pur non conoscendoli, e si chiedono stizziti: Ma come! se manco mia moglie mi ama cosí! com’è possibile che un estraneo, invece… Inoltre ci sono altre questioni che sarebbe troppo lungo sviluppare. Lo lascio fare ai lettori, che sono piú intelligenti di me quasi sempre.
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Stai lavorando a un nuovo testo? Vuoi accennarci qualcosa?
Io non lavoro: fatico, sudo! ah! ah! ah! Scusa Salvo, torno serio: per adesso ho altri venti racconti della stessa serie del ”Maniaco” già pronti, piú un bell’inedito quasiromanzo, intitolato ”Il menú” da piazzare e altra roba narrativa medio-breve; dunque faccio altre cose: curatele e postfazioni di libri italiani tradotti in Slovenia dove vivo, traduzioni, articoli di cultura et similia. Lavoro per non dovere fare altri lavori. Il romanzo, comunque, non è né la mia dimensione ideale, né quella di molti altri autori italiani viventi. Lo si vede dalle schifenze che girano: romanzi che sono in realtà sceneggiature. Io no. Roba allungata fino a pagina trecento, scena per scena come se fossi una telecamera vivente, solo per far contenti gli editori, non ne rifilo alla gente. La gente va rispettata. Sempre. E stimolata a leggere la Letteratura con la elle maiuscola, mica i film messi su pagina. Dunque come narratore mi gratto la panza – non la pancia – e scrivo sugli scrittori, li interpreto e traduco, li intervisto trattandoli male quando posso. E campo bene con la mia famiglia, l’opera d’arte che Dio mi ha concesso di edificare.
Salvo Zappulla
Ringraziando Morena Fanti, tutti gli amici di VdBD e Salvo per il delicato e gradito pensierino di pubblicare qui il colloquio, vorrei far presente che, se vi fara’ piacere, potro’ partecipare ad un eventuale scambio di opinioni, magari anche ”postando”, se richiesto, degli estratti del mio libro. Chi lo volesse, comunque, trovera’ su Internet molti miei racconti ed estratti (consiglio di cercare ”Sergio Sozi” tramite Google).
Saluti Cari
Sergio Sozi
@Morena, alla mia presentazione di Rapolano Terme, ti ho ricordato, come sempre ti distingui per la tua squisita gentilezza e disponibilità. Ti scriverò a parte appena sarò in grado. Mi ha fatto piacere poter leggere in questa straordinaria “Via..” due scrittori che stimo e che faranno molta strada….Ti abbraccio e ricordo.
@Sergio e Salvo, bravi una intervista acuta e significatativa, scritta come sempre, con sincerità e colta passione letteraria Con le vostre diverse esperienze siete riusciti a descrivere l’amara e stagnante situazione dell’editoria italiana, dove molti di noi sostano a lungo impantanati….Ma, se unirete le vostre forze, qualcosa riuscirete a cambiare. Sono orgogliosa di esservi amica.Come sosteneva quel simpaticone di Achille Campanile :- Alcuni scrittori per scrivere hanno bisogno della vena. Altri dell’avena…” Un caloroso nitrito e mi ritiro nella stalla….La vostra
Tessy
Una cosa è certa: Sergio non percorre sentieri facili e convenzionali. Non strizza l’occhio alle mode anzi, semmai, gratifica e si gratifica con reminiscenze dei classici. La genuinità e la coerenza, dunque, alla faccia delle scorciatoie verso l’effimero.
Il suo “maniaco” è in un tempo che non c’è e questo, forse, lo rende per certi versi un romanzo per tutte le stagioni.
Mi unisco a Tessy nei complimenti, a tutti: Sergio è scrittore raffinato ed è giusto che venga presentato in un sito raffinato.
Molto interessante questa intervista di Salvo a Sergio Sozi, ringrazio Morena per averla publicata. non conoscevo Sozi, faccio ammenda, però leggendo l’intervista mi è venuta la curiosità forte di fare la sua conoscenza. mi trovo d’accordo su quasi tutto ciò che dice. bella l’idea che riguarda la piccola editoria, spero che qualche editore piccolo e indipendente passi di qua e legga. potrebbero costituire il PEU – piccoli editori uniti 🙂
Ma che figo ‘sto Sozi!!!
Un saluto a tutti. Alla cara e dolce Maria Teresa, sempre arguta e dotata di sopraffina ironia, a Gianmario che non conosco, a Enrico (per chi non lo conoscesse è il responsabile della pagina di nera del Messaggero). Sono d’accordissimo con i commenti precedenti, Sergio è scrittore autentico e letterato raffinatissimo, ha un suo percorso da seguire e non si volta a destra e a manca per seguire il canto delle sirene ma va dritto per la propria strada consapevole delle sue capacità e della forza che riesce a esprimere nella scrittura. Bravo sergio.
Acciderboli, che folla trovo, qui, appena sono stati aperti i cancelli! Avevate comprato il biglietto in prevendita?
A parte gli scherzi:
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Cara Maria Teresa:
nitriamo insieme, anche se io mi sentirei maggiormente uno di quelli che ragliano… Ti abbraccio come sempre!
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Caro Enrico,
hai ragione! Basta pero’ che qui arrivi anche qualche soldo, mannaggia! Non ho il mito dello scrittore ”outsider” che fa morire di fame la famiglia.
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Caro Gianmario,
dette da uno studioso come te, abituato a lavorare con germanisti di altissimo livello, queste sono parole da incorniciare.
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Cara Antonella,
grazie per la stima; affinche’ essa sia motivata (o annullata, a seconda del gradimento), piu’ tardi inseriro’ qualche estratto dal mio ”Maniaco e altri racconti”. PEU mi sembra una bella sigla… di quelle che restano – tipo BUR o affini.
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Caro Salvo,
la prossima volta che Dante ti viene a svegliare di notte fagli il mio nome… sai com’e’… una mano lava l’altra…
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Saluti Cari a tutti
Sergio Sozi
bene Sergio, aspetto allora. un caro saluto a te e a salvo
( e a tutti)
Come promessovi, ecco il ”prologo” del racconto intitolato ”Viceversa”, da ”Il maniaco e altri racconti” (Valter Casini Editore, Roma 2007). Buona lettura.
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Prologo
Secondo una famosa sentenza, non è mai lo stesso sole a sorgere. Come vorreste allora che un’aurora – questa pimpante ma scarsamente frigida alba ottobrina – venisse immortalata, scolpita, ricamata su carta? Descrivendo la puntellata luminosità, vagante sul grigio gorgoglìo delle ancor tiepide acque intorno alla triestina piazza Unità, oppure sbirciando di sottecchi un goffo viandante che, poco oltre la penombra notturna, per questa ottocentesca piazza sta avanzando, intinto nel rinascente lucore dei marmorei palagi?
Invece, forse, basterà solo accennare al fatto che quel nostro passante è piuttosto corpulento e dunque il disco ascendente di Febo, visto dal punto in cui siamo, ossia alle spalle del tizio, perde molta della sua potenza fotonica, si umilia entro la vasta massa del solitario camminatore, mentre questi ha imboccato l’entrata di un caffè rimanente nei paraggi della famosa agorà rettangolare. Sembra aver l’incerto passo dello straniero, o almeno del non triestino, e traballa anche la voce per l’ordinazione: eh già, l’accento porta con sé echi indistinti: toscani? marchigiani? Ma no: addirittura pugliesi o campani. Certamente la sintassi, l’apertura vocalica e la scelta dei termini non sono del posto.
«Che, mi farebbe un caffè, per piacere?» ”Per piacere” non si usa spesso nella Venezia Giulia, tanto meno il ”che” iniziale in un’interrogativa. Poi, i giuliani specificano sempre se il caffè dev’esser nero o macchiato. Invece il gesto di aprire un taccuino – o anche un libro – in un luogo pubblico è piuttosto comune, mentre sappiamo quanto altrove quest’atto sia diretta autopropaganda di certe privilegiate schiere. Comunque, chiacchiera chiacchiera, ecco che, nel semideserto bar, l’omone ha appena finito di strappare una pagina dal suo quaderno dopo avervi scritto in fretta qualcosa.
«Dovrebbe passare di qui un mio parente, più tardi. Chiederà di me. Potrebbe consegnarglielo, cortesemente? Io mi chiamo…» E con la stessa mano, né giovane né vecchia, che tende i soldi, porge il foglietto piegato in quattro al distinto cameriere.
Che bel giorno, veramente un bel giorno quando si apre con la bellezza.
Un blog elegante ed esteticamente raffinato, con due belle persone che dialogano e mi fanno capire, finalmente, quello che dicono: perchè c’è in giro cosi poca bella gente?
…
Di messer Sozi, ho da dire che restai fulminato dalla lettura del “Maniaco”, una costruzione surreale che mi trasportò fuori dal tempo; Sozi usa le parole come Gaudì usava la calce e il cemento. Quando una storia ti trascina dentro, come se la guardassi da una finestra è una bella storia, ed è uno scrittore vero quello che l’ha scritta.
…
Salvo, per poco non mi è scappata la lacrima, tutta la mia vita (l’altra) di artista restauratore l’ho passata in “vicoletto delle Belle Donne, 5, a Napoli, che fa angolo con via delle Belle Donne (strana fantasia seicentesca).
Un luogo di sogno seicentesco spagnolo. Dai quei vicoli passavano Caravaggio e Croce e chissà quante volte Salvator Rosa, un artista che oggi chiameremmo multimediale, pittore, poeta, musicista e attore.
…
Didò.
Be’, dovrò davvero cercare i tuoi racconti sul web, Sergio, perchè se scrivi come dicono , e dicono che scrivi surreale, io non ho letto niente di tuo, credo che passerò parecchio tempo a stampare i tuoi testi . Ho fatto un assaggio del brano che hai postato, ma il mio appetito letterario è rimasto insoddisfatto (la pancia delle parole è piena a metà … ) . Felice di conoscerti.
grazie sergio dell’assaggino, amo il surreale. metto in conto anche il tuo maniaco. antonella
caro sergio, sono qui per aiutarti. vuoi fare i soldi con un romanzo? e che ci vuole! sviluppa questa traccia.
Una quindicenne, che ebbe problemi di abulimia e anoressia, è finalmente guarita. Ora festeggia la vita nuova diventando baby-cubista e dandola a maschi e femmine indistintamente. Tra un amplesso e l’altro, ovviamente, si droga e beve liquori come un camallo del porto di Genova.
Alla fine di queste vicissitudini si innamora di un bravo ragazzo e i due suggelleranno l’amore mettendo un lucchetto coi loro nomi intorno allo sciacquone del cesso. Ti piace?
🙂
Cari tutti, ovvero l’amico Dido’ e le nuove amicizie Antonella Pizzo e Blumy,
la mia scrittura non e’ dissociabile dal mio essere e dal mio sognare, esattamente come la vostra vita cosciente e’ intinta, o almeno ”collusa” con il sogno e le intuizioni trascendenti che – chissa’ da dove operando? – agitano e rinvigoriscono l’umana specie.
Pertanto l’unico, piccolo e professionale, merito del sottoscritto consiste nell’avere gli strumenti per esprimerlo verbalmente, questo sogno. Un sogno unico ed irripetibile quanto quello di ognuno di voi. E, dunque, anche un sogno carico di attivita’ ”sentimentale”: desideri, ideali, amore (non dico ”amori” perche’ io sono un ”rinascimentale” e Amore per me e’ un dio innanzitutto).
Ebbene, puo’ tutto cio’ essere definito ”surrealismo”?
Forse, non saprei. Troppo sarebbe dire, anzi vantarsi, di essere figli di se stessi e troppo poco anche il dire di aver imparato le lezioni dei tanti scrittori, a me maestri, che leggo e ho letto – Ariosto in primis, ma anche Bulgakov, Bontempelli, Calvino, Gadda. Plauto e Properzio, stranamente.
Infatti, a dire il vero, quando scrivo io penso e soprattutto sento e immagino, solo cose pertinenti a me stesso e alla mia vita, ai miei ricordi e sensazioni. Sta tutto seppellito: quando prendo la penna essa diviene una vanga e estrae da Mamma Terra cio’ che i miei muscoli alfabetici riescono ad estrarre e a trovare. Una caccia al tesoro, amici!
Abbracci Cari
Sergio
Enrico,
peccato che l’abulimia non sia lemma italiano (possiamo scegliere fra ”bulimia” o ”abulia”, con significati diversi), altrimenti ci avrei messo la firma, sotto alla tua proposta! Una propostina un poco oscena che mi ricorda un certo scrittore che… va be’… transeat!
Ciao, birbante!
Sergio
Ironico, vero, affascinante
questo sento di dire dopo
aver letto il breve prologo.
Non basta ci vuole il libro
lo leggero di sicuro!
Un saluto
Josè
con una trama del genere i soldi si fanno di sicuro
Sergio la scrittura (quella vera) è scavo
@ sergio:
mi accorsi troppo tardi che avendo in mente anoressia ho messo l’identica a anche a bulimia. e il clic dell’invio fu impietoso. ma, refuso a parte, il plot regge. sviluppalo
🙂
Care Jose’ Grilli e Antonella,
non riesco ad autodefinirmi – in quanto scrittore beninteso non in quanto uomo – e forse sara’ per questo motivo che opero anche da critico letterario. Una cosa, comunque, e’ certa: lo scavo e’ arte per chi ha terra. Anche se non terra di buona qualita’.
Bacioni
Sergio
Enricuzzo,
l’intreccio (plot) ancora mi e’ ottuso; ma ho gia’ l’incipit giusto per questo romanzo e te lo dedico sin da subito, guarda:
”Che cosa rallegri le messi, sotto che stelle giovi rivolger la terra, o Mecenate, ed unire agli olmi le viti, quale dei bovi la cura e quale dei greggi l’aumento, quanta si chieda esperienza alle api frugali: comincio adesso a cantare.”
Poi ci starebbe bene un invito:
”O Dei e Dee, venite che i campi avete in presidio e nutrite i germogli spontanei e larghe piogge dal cielo versate sui seminati.”
Poi si vedra’. Basta cominciare bene, no…
Dai Sergione, che palla d’incipit.
Comincia con:
“Masaniello Migliaccio, turpe muratore genovese d’origini campane, dopo aver tentato inutilmente, di mettere incinta un’architetta genovese – che per risparmiare, andava in giro sulle impalcature senza biancheria- rivolse la sua cazzuola altrove, diventando il capomastro spagnolo di un certo Gaudì; ma galeotto fu il progetto perchè, decenni dopo assai della scomparsa del folle castigliano, a continuar il lavoro della “Sagrada” trimillenaria fu chiamata un’architetta genovese di parchi costumi, figlia d’arte, che incontro come architetto iberico un ombroso Manuel Migliaccio, figlio d’arte…
Caro Dido’,
ehm, quella ”palla d’incipit” era l’inizio delle ”Georgiche” di Virgilio (traduzione di Enzio Cetrangolo)… mmmh… poi Masaniello, dici? Muratore, massone insomma. Grande, l’arte dei nostri antenati Romani, l’ars edile. Stai andando in fissa con l’architettura, Francesco… ma non capisco cosa tu voglia dire in queste frasi ”un’architetta genovese di parchi costumi, figlia d’arte, che incontro come architetto iberico un ombroso Manuel Migliaccio, figlio d’arte…”
C’e’ qualche problema sintattico, qui, Dido’, amico carissimo…
Cari tutti,
poiche’ non intendo svelarvi il seguito del precedente racconto, ve ne mando uno inedito… una storiella ”popolare” ma non rappresentativa del mio stile, ovvero una robetta scelta, svelta e (solo) dialogante, buffa.
Gradiate, prego:
–
Nuove conoscenze
[..]
Scusatemi tanto! Non sono riuscito a copincollare. Ci riprovo. Pardon.
Va bene, ho capito. Chi vuole, mi scriva direttamente, al seguente indirizzo di posta elettronica, glie lo mandero’:
sergio@sozi.yahoo.it
Ancora scuse per il disguido elettronico, ma io in fondo scrivo; non sto a studiare ‘ste diavolerie informatiche.
Con Tante Scuse
Sergio
E, dulcis in fundo, ho sbagliato anche il mio indirizzo di posta elettronica (serata no, questa). Eccovi l’esatto:
sergio.sozi@yahoo.it
Ciao
P.S.
Sarei grato a Morena se cancellasse i due inutili miei tentativi di trascrizione del racconto ”Nuove conoscenze”. Scusami, Morena. E tante grazie.
Sergio,
Virgilio è paesano mio, un po’ stantìo…poi oh, tu ti accompagni alla mia simpatia naive, mica alla mia letteratura da “incosciente Pierino della IIIF?”
Metto insieme parole, non sono scrittore, ma dimmi, sensibile amico: quanti finti letterati dovrebbero andar per impalcature “…a risciacquar le mani in calce e stringere ruvide cazzuole?
Ti voglio bene (non è di prammatica, è vero!)
Che casino in questo post! Racconti fantasma, refusi, fanciulle di parchi costumi, incipit mielosi. Sergio tira fuori qualcosa di più pruriginoso e segui i consigli di Enrico e Francesco.
Vedo che ve la siete cavata bene anche senza di me.
E io che credevo di essere indispensabile 😉
Grazie a tutti per il bel dibattito.
Grazie a Sergio per la disponibilità. Attendo il racconto. Sarò lieta di postarlo su VDBD.
E grazie a Salvo per averci mandato l’intervista.
Tranquillo, Salvo, sta venendo in mio soccorso la ”padrona di casa” in persona. Lo trascrivera’ lei qui e per questo le rivolgo i miei ringraziamenti ed invito tutti a vedere che fesserie son capace di buttar giu’…
Nel tardo pomeriggio di oggi sono uscito dalla biblioteca del mio paesello toscano con una arruffata compagnia in mano: Ermanno Cavazzoni, “Storia naturale dei giganti”, Boris Pahor, “Necropoli”, Sergio Sozi, “Il maniaco e altri racconti”. Come ieri, anche oggi ho proseguito la lettura dei racconti di Sergio seduto ad una panchina di fronte alla valle, al mare e al sole basso sull’orizzonte. La quieta solitudine e queste lunghissime giornate di giugno accompagnano con delicatezza le delicatissime pagine di Sergio.
Un abbraccio,
Gaetano
E la tua tenerezza entra nelle mie parole, Gaetano.
Caro Dido’,
sentirti vicino e’ per me un costante onore e un piacere. Sai bene che le mie opinioni a proposito di quel che scrivi non sono mai prive di affetto e contentezza di essere tuo amico.
Salutoni
Sergio
P.S.
Hai letto il racconto Gregorian-Fantiano? Eeeeh… Il Greg bisogna tenerselo cosi’ com’e’: pero’ quando vuole sa essere serio (lo sapevamo gia’, ma questa sua serieta’ anche nella narrativa mi spercote!)… Anche se a una metafora ose’ non rinuncerebbe manco se dovesse scrivere una ricetta di cucina…
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