
Cara Doris,
la tua prima raccolta è qui davanti a me, che mi ci addentro – credimi, è un buon elogio – come in un bosco rorido di metafore, più o meno inconsce ma sempre accese, temprate, significanti… Metafore, analogie, novazioni interiori, neologismi sintattici nonché lessicali, allitterazioni insieme intime ed epocali – non entriamo troppo in uno specifico formale e cogliamo invece l’essenza, la tua ininterrotta dichiarazione di poetica che è insieme un denso, pesante reclamo al cielo e una ariosa, assisa pretesa di terrestrità:
un piano fulgimediale
di stelle sbriciolanti cielo
e faville di scioltezze
… E poi ancora la “morbida sfattezza”, l’”inchiostro dell’avverso sì” (coincidentia oppositorum?!), “il suo solletico a – strapiombo –“: oh, molto più che una gattità di felina/femminea adesione!… Un ininterrotto, ripeto, strapiombo sulla pagina e dentro una scrittura che insieme “oltreverso” (l’oltranza del verso?), e la favilla e la favella oltre il verso…
Molto più intrigante il sottotitolo: quel “latte sulla porta” che sbaraglia insieme il nutrimento materno, primordiale, infantile – e la dimora ufficiale di ogni residenza domestica, di ogni domicilio del proprio io…
Vige ovunque e soprattutto nel tuo cuore questo dolente gioco ossimorico (Montale sfruculiava Pasolini per il suo ossimoro permanente”) che alla fin fine si fa bussola definitiva ed integra cifra emotiva: “mi trattiene e mi squassa”, “in un mare di ghiaccio”, “che ansimando evapora”, “sussurro da ingoiare”, “codici infranti”, “longitudini d’albori”…
L’interiore si libera e presto si rintana, si arrocca in un inesorabile continuum di memento e avvento… Il corpo guizza in spirito e pensiero, che a loro volta s’incarnano come un’unghia nascosta e gnoseologica… Continua a leggere →
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