ES PER IRE DI-VIDERE TRA-DURRE PRO-CEDERE
Esperire: traducendo frettolosamente “fare esperienza”, cioè abituarci ad una condizione, ad uno stato delle cose e di noi.
Es-per-ire: tingendosi di sonorità diverse, se pur paiono fratturare il precedente verbo, ci tras-ferisce in situazioni di contemporaneità e in luoghi diversi tra loro e da ciò che noi pre-supponiamo, in cui possiamo guardarci e in questo trovare quell’io-noi di cui non abbiamo consapevolezza, tra-mutato,sconfinato, migrante.
Se la parola è memoria forse si è dimenticato qualcosa relativo alla sua storia.
Originatasi per i greci dall’invenzione del dio Hermes, porta con sé luci e ombre di cui abbiamo perso i passaggi.
Cè un bell’insistere sull’oralità della poesia, per esempio, e delle relazioni umane di oggi, quando i testi sono composti, tagliati, saccheggiati, scritti e ri-scritti, vangati, cassati, penalizzati, torti, svaginati e sverginati fino all’ultima stesura sulla carta in una composizione scritta, non certo orale, e vengono poi letti ed eletti a sonorità o son-orità: ori della bocca che li es-pelle, o trionfo della vista che li draga fino alle più remote cavillose asperità di senso.
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