A tuoi occhi grandi e spenti
di splendore
a te come alba rosea
dai fianchi di cristallo
ai polsi stretti rami
in pasta millefoglie.
Un semino d’appetito
un chicco un bicchierino
poca acqua nella tazza
la tisana d’erbe a bere
l’amaranto che si spande
gocciolando nel catino.
C’era sul davanzale
un uccellino il becco dolce
e piume c’era e aveva
un sorriso magro senza sole
ai tuoi occhi grandi e spenti
di splendore.
Alivento
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Amoressia
Il lavoro del becchino è necessario e anche quello del poeta
non è male, il cuoco affetta la fronte, inarca la schiena
dà il colpo finale e gira la poltiglia
la pentola bolle. Lasciatemi alzare le ali dico
lasciatemi volare, prego, se voglio, che questo peso
inutilmente mi trattiene
e tiene alle mammelle gonfie che mi disgusta
il latte saporoso e i baci, la bocca chiudo
schiudo il ventre stretto, stretta la via
dite la vostra
amoressia la mia
che rara malattia
è scritto sulla cartella clinica
ricordo bene che fu l’infermiera grassa
con la coda vaccina e il sanguinaccio
che mise un’altra gamba, fece un treppiedi
storto, un barbecue dove arrostì le costolette
e l’anca.
antonella pizzo
*****
Anoressia
Appena arriva appare
amniotica acqua
amena alchimia
addosso, adagio, àncora
annulla, annotta
animo asmatico
alfine ammala, ammazza.
Sandra Palombo
***
tornando al discorso iniziato nel post di Marina Minet
Preludio alle colpe – voci – da il pasto di legno
voglio segnalare il romanzo La Merca di Chiara Daino, riguardante l’argomento Continua a leggere →
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