Nel 1926 Georges e Tigy Simenon, ancora poco conosciuti e con magre risorse economiche, lasciano per qualche settimana Parigi, dove erano approdati qualche anno prima dal Belgio senza un soldo in tasca, ma con sogni letterari e artistici in testa, per un periodo di riposo a Porquerolles, isola a forma di falce di luna sulla Costa Azzurra. Cominceranno così a scoprire la magia dell’acqua – capace di curare fatiche fisiche e stress psicologici – che negli anni successivi li porterà a percorrere la Francia in lungo e in largo attraverso i suoi fiumi e canali, a bordo della mitica Ginette e, successivamente, a tentare imprese più ardue con l’Ostrogoth, in grado di farli giungere fino in Olanda e nel Mare del Nord, dove poi, a bordo di un cargo, continueranno la navigazione verso Capo Nord e il Circolo Polare Artico.
L’irrequieto Georges non solo trova nell’acqua una dimensione autentica ma anche la giusta concentrazione per scrivere, lontano dal chiasso e dalle tentazioni della capitale. Ed è proprio in questi viaggi che concepisce la sua creatura più famosa, il commissario Maigret, un investigatore acuto e ostinato non solo capace di scovare i responsabili di un delitto, ma anche di indagarne la genesi sociale, culturale ed emotiva. Nello scrittore però l’ansia di scrivere e di essere apprezzato si accompagna costantemente al demone della lussuria, che gli impedisce qualsiasi pur blanda fedeltà nei confronti della moglie Tigy, promettente pittrice belga, che pure ha scelto come compagna di vita, affrettando le nozze pur di portarsela a Parigi: così, intreccia una relazione con l’irresistibile Josephine Baker, continua a frequentare regolarmente i bordelli e diventa da subito l’amante della giovane domestica Boule, instaurando di fatto un ménage a trois che durerà molti anni. La saggia Tigy finge di non vedere, pur di tenersi stretto il marito: i suoi Ricordi, così attenti alla capillare elencazione degli avvenimenti degni di rilievo, trascurano completamente, anche per la nota riservatezza dell’autrice, i risvolti turbolenti del suo matrimonio, che pure dovettero complicare un’unione destinata a sciogliersi molto più tardi, malgrado la nascita di un figlio, per volontà di Georges. Nel romanzo ho scelto di esprimere comunque il disagio di questa donna, accanto ad un marito che non esitò a tessere l’Elogio della lussuria, plaudendo ad “una sessualità allo stato puro per sbarazzarla di ogni sentimentalismo e romanticismo” e approdare a una “sessualità naturale”, che può permettere l’evasione dal ruolo sociale per “un pellegrinaggio ai luoghi dell’infanzia”.
Il viaggio acquatico più importante nell’arco temporale considerato è relativo ad una crociera di cinque mesi – dal maggio all’ottobre del 1934 – nel Mediterraneo su una goletta a due alberi l’Araldo, registrata presso la Capitaneria di Porto di Portoferraio e con equipaggio dell’Isola d’Elba. Di essa Simenon ha tenuto un diario di bordo, che è stato pubblicato nel 1999 da Le Castor Astral , col titolo La Méditerranée en goélette. In questa crociera, la cui narrazione occupa tutta la seconda parte del presente lavoro, lo scrittore afferma di ricercare una definizione esaustiva di “Mediterraneo” che ne individui l’essenza. Nelle movimentate tappe del periplo, la più lunga delle quali è proprio all’Elba, precisamente a Il Cavo, come lui lo chiama, secondo l’uso locale dell’articolo, trova un mondo diversissimo da quello che conosce, ancora ancestrale, più mitico che storico, povero, dignitoso e d’incomparabile bellezza.
In questa seconda parte, ho riservato un ruolo speciale alle isole: alla mia, anzitutto, perché è qui che Simenon tesse incontri non superficiali con gli abitanti ed esprime riflessioni valide per tutte le civiltà mediterranee e dove ho immaginato un incontro con il fondatore del futurismo Filippo Tommaso Marinetti che proprio in quegli anni frequentava al Cavo Villa Hammeler-Mazza. Una particolare attenzione ho riservato anche a Porquerolles, di cui lo scrittore parla poco ma che so essergli stata a lungo nel cuore, tanto da diventare il buen retiro della coppia e lo sfondo di almeno due suoi romanzi; alla Sicilia, con i suoi miti e le sue incredibili stratificazioni culturali; alla Sardegna, in particolare l’isola di San Pietro, per la sua storia poco conosciuta.
Dunque, un libro di viaggi e d’avventure, di storie tragiche e divertenti, di riflessioni di sapore storico, filosofico e morale (l’atavica saggezza, la povertà dignitosa, la solidarietà sorridente); ma soprattutto, d’amore e d’acqua, di luce, di vele, di vento, di salsedine.
MGC
https://www.ibs.it/d-amore-d-acqua-viaggi-libro-maria-gisella-catuogno/e/9788876066597
fernirosso ha detto:
da trarne un film! Mi piace molto…me lo procuro come lettura dell’estate.Grazie e in bocca alla fortuna.
ferni
R.m. ha detto:
Di te serbo sempre grande stima, vcompimenti!
Maria Gisella Catuogno ha detto:
Grazie fernirosso:-) quando l’avrai letto, gradirò molto un tuo commento… ci tengo particolarmente… un caro saluto Gisella
Maria Gisella Catuogno ha detto:
Grazie Roberto (sei tu, vero?). Un cordiale saluto
lucetta frisa ha detto:
ricordo quanto mi era piaciuto questo libro che pubblicavi a capitoli sul “nostro”blog-era lo stesso,vero? più o meno?-e mi/ti auguravo di farne un “vero” libro,come infatti è accaduto. Se fosse così,non potrei che gridare ai quattro venti (che ci sentono benissimo al contrario dei quattro angoli del desereto biblico,ad esempio) di comprarlo e immergersi -disperdersi- nella sua affascinante lettura.Complimenti,cara Gisy e…vento in poppa!!!
gisy ha detto:
Grazie cara Lucetta:-) questo lavoro è l’evoluzione di un racconto (Vento nelle vele, Aletti) che ho pubblicato anni fa, ma dove parlavo soltanto della crociera nel Mediterraneo fatta dai Simenon nel 1934 ( e di cui ero venuta a conoscenza attraverso un diario di bordo di Georges, dove si parlava anche di una sosta di dieci giorni alI’sola d’Elba). Qui le vicende sono anticipate al 1926, quando la coppia comincia i suoi lunghi viaggi d’acqua (dolce e salata). Nel frattempo ho letto anche i Ricordi di Tigy, che mi hanno offerto l’opportunità di ascoltare “l’altra campana”, sebbene lei sia molto “abbottonata” circa i rapporti con l’irrequieto marito e si limiti ad elencare i fatti successi. Grazie ancora delle belle parole e “vento in poppa” anche a te, di cuore. Un abbraccio:-)
gisy ha detto:
Posto qui la recensione dell’amica Gabriella Bassani, scrittrice (Erec ed Enide, Il nodo di Gordio) e fine intellettuale. Grazie, Gabriella:-)
D’AMORE E D’ACQUA
Dopo la recente pubblicazione di “Passioni” (un buon romanzo che proprio in questi giorni riceve il premio letterario “Casentino”), Maria Gisella Catuogno esce con un nuovo libro, questa volta lontano dalle atmosfere ottocentesche e necessariamente romantiche del primo, ma forse, al confronto, ancora più apprezzabile: “D’amore e d’acqua” è il titolo, “viaggi, avventure, passioni dei giovani Georges e Tigy Simenon”. Una prova d’autore che supera, a mio avviso, la precedente, per impianto compositivo e padronanza descrittiva. Coco Chanel diceva che, per raggiungere l’autentica eleganza, bisogna togliere e non aggiungere. In questo caso, rispetto a “Passioni” il risultato letterario rimanda ad una semplicità paragonabile alla antica “sprezzatura”. Che poi altro non è che fare apparire facile il frutto complesso di lavoro, talento, ricerca e maturità di esperienze culturali. La trama, come chiaramente il titolo allude, narra le vicende umane e sentimentali di un giovane Georges Simenon e della sua prima moglie Regine, detta Tigy, “una donna molto signorile” secondo Daria Galateria, non ancora spezzata dai tradimenti seriali del marito. E poi i loro numerosi viaggi in battello per le vie dell’acqua, soprattutto per mare, seguendo la curiosità inquieta di lui, che li portava entrambi ad intraprendere sempre nuove conoscenze ed avventure. Dal plot emergono così narrazioni di viaggi, notazioni psicologiche, notizie storiche, descrizioni di luoghi che, come si diceva, scorrono con naturalezza davanti ai nostri occhi. Veniamo così a conoscere tante cose, risultato di ricerche rigorose ed analisi approfondite, decantate e reinterpretate secondo la misura della levità. Il libro è abbastanza breve, duecento pagine, che si leggono bene, con lo straniamento curioso delle letture avvincenti. Alcune tappe di questa storia rimandano ad altre storie e ad altri libri, come spesso (sempre?) avviene per gli amanti della lettura che hanno una biblioteca nella loro anima, per non dire tutta l’anima in una grande biblioteca ideale. Ad esempio, la festa di Capodanno del 1927 che la giovane coppia Simenon organizza nel proprio appartamento del Marais, ci riporta alla “Parigi dei bei tempi andati, quando eravamo molto poveri e molto felici” descritta in “Festa mobile” di Ernest Hemingway, che uscì nel 1926. Parigi era allora la patria morale, e alle volte immorale, della “generazione perduta”, come Woody Allen descrive troppo zuccherosamente in “Midnight Paris”. Suggestioni a parte, la città fu crocevia d’incontri, ispirazioni ed aspirazioni per talenti che poi divennero scrittori grandissimi: Hemingway, Fitzgerald, Joyce e lo stesso Simenon, al quale pure il tributo di grande arrivò dopo. Così come Hemingway, anche Georges, allora, faceva per mantenersi il mestiere del giornalista. Frequentava bistrot e famosi locali notturni (tra l’altro, ebbe come amante Josephine Baker), ma spesso non riusciva a sbarcare il lunario. In questa Parigi così movimentata e viva, Simenon scrive già romanzi, ma sotto pseudonimo e si appoggia, anche materialmente, alla saggia Tigy. Ma sono anni in cui la letteratura può dare fama e ricchezza, come era avvenuto per Francis Scott Fitzgerald (lui e Zelda, altra coppia degli “anni folli”) al quale, però, Hemingway rimproverava un certo “complesso di inferiorità” nei confronti dei veri ricchi. Simenon, gordianamente ( per non dire guasconamente) risolverà la delicata questione, diventando milionario. Ma per ora Georges deve inseguire le proprie aspirazioni, ed uscire da Parigi per navigare verso altri paesaggi e nuovi orizzonti. Ad un certo punto, la coppia (anzi, il triangolo: lui, lei e la capricciosa servetta Boule) prenderà il largo attraverso il Mediterraneo, alla scoperta di quella variegata unità geografica e culturale che è sempre stato il Mare Nostrum, osservato e descritto dalla prospettiva più giusta ed autentica: ovvero da una barca. E sarà sulla goletta “Araldo”, condotta da un equipaggio elbano, che Georges, Tigy, Boule e il cane Olaf, approderanno anche all’isola d’Elba, a quel tempo ancora arcaica ed innocente. Quasi mitica nel segno di richiami ancora omerici: le onde e i marinai, i porti e gli ulivi, i contadini e gli asini. La rievocazione dell’Elba di cent’anni fa è forse il pezzo forte del romanzo. Una descrizione che tocca le corde dell’affetto sincero, ma non cade mai nel sentimentalismo, anzi attraverso il realismo, recupera ciò che ancora resta visibile e percepibile anche ora. Mentre l’autrice rielabora la memoria genetica della sua terra, il nostro attento lettore ritrova le suggestioni di “Breviario mediterraneo” di Predrag Matvejevic. Le rotte e i porti sono tanti. Durante una navigazione l’”Araldo” incrocia il leggendario transatlantico “Rex”. Un’ immagine fugace e fascinosa di un mondo elegante e irripetibile, ma pure un accenno colto e discreto all’amicizia che legò Simenon a Federico Fellini negli anni della vecchiaia. Simenon a differenza di Fitzgerald, non lavorò mai per il cinema come autore di sceneggiature. Tuttavia molti dei suoi romanzi furono tradotti per lo schermo e, oltre che di Fellini, egli fu molto amico di Jean Renoir. Inevitabilmente, nell’arte del ‘900, cinema e letteratura spesso si intersecano. E, pensandoci bene, tutta la vita di Simenon, fu, nel bene e nel male, un film complicato nel quale, come accade sempre, la realtà superò la fantasia. A tal proposito, vorrei sottolineare che non era affatto cosa facile e scontata scrivere di e su Simenon: troppo famoso, troppo chiacchierato, troppo pop, persino troppo tombeur de femmes. Anzi, l’eccessiva esuberanza sessuale dell’uomo, al limite del parossismo, poteva rappresentare per qualsiasi altro scrittore una trappola da ben oltre cinquanta sfumature di grigio. Ma dall’autrice il possibile impasse viene brillantemente evitato grazie ad una soffusa ironia tutta francese con cui vengono narrate le avventure erotiche di Simenon. Una “tendenza Marivaux”, che quasi lo assolve, ascrivendolo al prototipo del libertino settecentesco.
ladonnacheleggevatroppo ha detto:
E’ il libro dell’estate perché il lettore non può far a meno di lasciarsi inebriare dal profumo di salsedine, vento e rosmarino in fiore. A metà tra finzione e realtà, porta alla ribalta la storia dei viaggi per acqua e delle avventure sentimentali di uno degli scrittori più letti e tradotti in tutto il mondo.Insieme alla moglie Tigy, Georges Simenon compie una serie di peregrinazioni sui fiumi e sui mari per arrivare alla crociera di cinque mesi sul Mediterraneo durante la quale approderà all’Isola d’Elba, in Sicilia, in Sardegna e a Malta.
Libro che si legge tutto d’un fiato, dalla prima all’ultima pagina. E un volta finito viene voglia di ricominciare da capo.
gisy ha detto:
Grazie della bella recensione! 🙂