Da qualche tempo, aprendo la finestra di prima mattina, lo vedo lì, appollaiato in cima al palo della luce. Più che appollaiato, aggrappato ben solido al cemento sui suoi ferrei artigli: un avvoltoio.
Se ne sta fermo e stabile nonostante la mole, tutto stretto in sé, appena curvo in avanti ad assecondare al meglio il suo baricentro. Le penne lunghe che ricadono ai fianchi come uno strascico nero hanno l’aspetto di un mantello usato, la testa piccola si gira a destra e a sinistra con scatti brevi facendo saettare uno sguardo puntuto, ora vicino, ora all’infinito. Di tanto in tanto, guarda dritto verso di me, ma per poco; poi si distoglie e riprende la sua osservazione, sempre arcigna, sempre penetrante, alle cose intorno, ma mi lascia addosso la sensazione di essere tenuto d’occhio comunque, e non solo con la vista bensì con un sesto senso che lo tiene costantemente informato dei miei movimenti, forse anche dei miei pensieri.
Fin dal primo giorno, ho capito che è lì per me soltanto, che sono io il solo oggetto del suo interesse. A quell’ora, poco dopo l’alba, in tutta la strada ancora avvolta nel sonno sono il primo e l’unico a essere sveglio A quell’ora, siamo soli e di fronte uno all’altro, io e il mio avvoltoio. Continua a leggere →