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Tra onirismo ed espressionismo si apre questo romanzo – confessione, uscito postumo, a cura di Enrico Falqui, due anni dopo la morte dell’autore (al secolo Kurt Erich Suckert – Prato, 9 giugno 1898 – Roma, 19 luglio 1957).
La confessione consiste nel ripercorrere la sua vita con le gioie e le delusioni che l’hanno contraddistinta. La madre sta morendo, il figlio è accorso al suo capezzale. La madre sa che è la prima volta che il figlio si apre a qualcuno ed è felice che lo faccia con lei. Qualche volta si appisola penetrata a poco a poco dalla morte, ma l’autore non si arresta, non fa pause. Davanti a quella morte avverte la necessità di fare il bilancio anche della sua vita. Troveremo scritto più avanti che un uomo comincia a morire soltanto quando muore sua madre.
Il titolo viene da questa frase: “L’Europa è ormai una mamma marcia”.
È l’Europa del dopo guerra, percorsa dalle oniriche farfalle nere e dalle formiche rosse che divorano i cadaveri. L’Europa dove sottoterra stanno le donne morte incinte che generano figli: “basta il peso del nostro passo sulle macerie dell’Europa, per far uscire dall’utero di questi cadaveri incinti i feti della gioventù.” Continua a leggere
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