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non ci siamo più a graffiare
pareti di grotta, a macinare il segno
tra la scrittura e il sottotetto
potremmo rileggerci negli incarnati
di angeli in doppiopetto
appesi a trompe-l’œil curiosi
sulla camera degli sposi
o nei piedi dello scurtus
pagàno, messo a guardiano
di una venere di gesso
nel frattempo gli alberi
pregano croci di cenere
combinate in fretta
sulle soglie di casa
ché il cielo non allatti veleno
al seno di madre infruttuosa
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