In una intervista di qualche tempo fa’ lo scrittore Andrea Camilleri ebbe a dichiarare che la scelta di adottare per i suoi romanzi una scrittura densa di dialettalismi era motivata dall’aver preso coscienza che il narrato nasceva dentro di sé come dettato dialettale. L’esito di questa scelta è la specificità del linguaggio che ne deriva, codice che si innesta nel tessuto della trama finendo per costituire l’anima stessa del plot. La voce che narra risulta immersa fino alla radice nel carattere dei personaggi e riesce a spaziare dall’uno all’altro per svelarne i tratti personali più nascosti. Citando il critico Maria Corti, che affermava: “Ogni scrittore che si rispetti crea la sua lingua ed ogni scrittore compromesso con il dialetto crea il suo dialetto”, il linguaggio di Andrea Camilleri, che ha radici nel parlato della provincia agrigentina, acquista valore specifico in virtù della sua capacità affabulatoria che ne fa strumento atto a dispiegare la forza caratterizzante dei personaggi. La forma dialettale crea un’orgogliosa crittografia, un messaggio che non si preoccupa di essere decrittato ma che vuole vivere di se stesso e viaggiare con la sola energia della sua espressione. Ed è il linguaggio stesso che fa la storia raccontata, che non potrebbe vivere, o ne risulterebbe devitalizzata, se espressa in altro codice.
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