Da “La vita che dà barlumi” di Emerico Giachery, Gallo e Calzati editori, 2003
Bonario e sferragliante tra pendii privati da cartolina illustrata disseminati di giunchiglie in fiore, è appena ripartito per l’ultima corsa il trenino svizzero di montagna. Nel villaggio deserto invaso a poco a poco dalla sera è rimasto assurdamente aperto un chiosco da Strega Marzapane. Dentro, una Parca occhialuta e segaligna, ritta dietro il bancone, aspetta da tempo immemorabile una preda: un compratore che dovrà, un giorno o l’altro, arrivare, scegliere un oggetto tra l’incredibile paccottiglia kitsch che stipa la minuscola bottega, e ripartirsene poi soddisfatto col suo bravo souvenir impacchettato sotto il braccio, magari pregustando musicali diletti dal carillon contenuto nella custodia di legno a foggia di minuscolo chalet. Poco dopo dall’ombra ecco emergere una figura umana. No, non è l’improbabile cliente: è una seconda Parca, non meno ossuta e occhialuta. Si accosta in silenzio alla sorella e socia, l’aiuta a tirar giù l’esigua saracinesca. Poi dileguano entrambe nel nulla. Intanto ha cominciato a cadere un’acquerugiola puntigliosa e tenera che certo cullerà per ore ed ore la sopraggiunta notte. Una notte qualunque. Unica, tuttavia. E che non ritornerà mai più.”Eternità d’istante”: pregnante espressione di Montale. Pienezza, assolutezza dell’attimo. Continua a leggere