Confermo, nelle stanze
scarsamente illuminate d’ospedale,
la miseria della condizione umana
e imparo l’intero ecosistema
meccanico che vi si adopera,
puntuale nel silenzio
umano a regolare l’energia
rimasta ai corpi, così, lo sbuffo
della pompa di monitoraggio
stilla la misura esatta di soluzione nutrizionale,
il cicalio di un campanello
richiama l’attenzione del personale,
ma è il tramestio sottocutaneo dei fluidi
e la lenta fuoriuscita dai tessuti,
il loro procedere a caduta libera
nei tubi del drenaggio, ad impormi la veglia,
la voglia di sottrarmi e sottrarre
alla morte
questi corpi ora solo
intrappolati nella sospensione del sonno.
Il gelo di dicembre fuori si
interrompe intorno alle decorazioni,
è natale perfino in corsia
con il presepe di cioccolata.
Si possono leggere altre poesie di EMILIA BARBATO
sul suo blog personale, a questo link:
La poesia , ritengo, possa prescindere anche dal contenuto, lei regina della forma, ma so che aprirei una discussione ad libitum; ormai , tranne rari casi di ricerca intellettualistica, la poesia sposa il contenuto , che non può essere che amaro. Così questa poesia .
L’ha ribloggato su Incauti Accomodamentie ha commentato:
Per me questo è un riconoscimento grande. Ne sono entusiasta. Grazie Dominique.
Ci sono ore e immagini che gli occhi faticano a contenere, allora spesso si decide di dare voce all’indicibile, all’inaccettabile, si tenta, nel freddo di una stanza, nel buio della notte, di arginare una profonda solitudine e paure ancestrali. Credo, in situazioni del genere, che resti poca volontà di forma e se questa traspare è solo casualità, resta ancora meno voglia di esercizi intellettuali. Parla solo la cronaca di un’aggressione, di un attacco indesiderato contro cui si combatte.
Grazie Fattorina1 per il tuo commento, concordo con te. 🙂
la forma, qui, è nella sostanza.
Fattorina ti ha fatto un complimento bellissimo, e tu te lo meriti.
Rosario ti ringrazio.
il contenuto di una poesia, dice la cara Narda, non può che essere amaro. Quindi, aggiungo io, esplicitamente umano, così com’è teneramente umano quel “presepe di cioccolato” nell’ultimo verso.
In quelle ore la tenerezza/presenza del presepe. Grazie Lucetta.