Intervista a Franco Loi, in assenza di Franco Loi.
D.“ Che peso ha ed ha avuto , nella tua poetica il ruolo di figlio, padre, marito, nonno e da cosa è stata provocata la tua sterzata verso una ben delineata forma di religiosità?”
R. “ Beh, questa è una domanda da romanzo. Intanto bisogna distinguere due domande in una: quella sul peso dei rapporti umani, familiari e non e l’altra, sulla religiosità.
Mio padre aveva fatto la quinta tecnica. Rimasto orfano ad otto anni, della madre e ad undici del padre, fu allevato da un fratello, a Genova e mia madre, orfana di padre a diciotto anni, aveva fatto solo le tre elementari.
Mio padre ha fatto il marinaio, il disegnatore meccanico, lo spedizioniere e poi è stato assunto, come direttore dello Scalo Merci di Milano Smistamento, da una ditta di appalti ferroviari. Mio padre non l’ho mai visto con un libro in mano e, però, era un intenditore di musica lirica, mentre mia madre, oltre ad amare anche lei la musica lirica, leggeva di tutto, dai libri della Delly a Delitto e Castigo.
Da piccolo io leggevo i libretti d’opera e ascoltavo musica. Può anche darsi che questa educazione musicale abbia influito su di me, ma non gli darei un valore decisivo. Certo, tutto può aver contato. Come ho detto in un’altra risposta, la vita di un uomo, fin dagli inizi, è un’incessante scoperta e non si può distinguere tra un evento, anche insignificante e un altro a cui la nostra mente può dare più importanza. Così è anche per la moglie, i figli ecc.. Facciamo parte di un tutto e tutto penetra in noi e ci condiziona. La libertà consiste, appunto, nel non lasciarsi condizionare totalmente. Continua a leggere
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