O voi che siete in piccioletta barca,
desiderosi d’ascoltar, seguiti
dietro al mio legno che cantando varca,
tornate a riveder li vostri liti:
non vi mettete in pelago, ché forse,
perdendo me, rimarreste smarriti. [Dante, Paradiso, II]
Due donne identiche nell’aspetto che si riflettono in uno specchio lontano, quello della dimenticanza e del déjà vu; quello liquido del desiderio corporeo che si fa ricettacolo di cicatrici sconosciute. Nelle prime sequenze dello splendido film di Kieslowski, si compie il destino di Weronika: muore su un palco di Cracovia mentre canta la melodia che Preisner ha composto; sa di non poter cantare ma decide di mettere a repentaglio se stessa. Gli ultimi versi cantati da Weronika sono quelli danteschi del secondo canto del Paradiso. Intanto a Parigi, Veronique continua la sua vita indisturbata; solo nel momento del trapasso di Weronika, il suo doppio avverte un’incrinatura. L’una non sa dell’altra ma entrambe legate dalla consapevolezza di non essere sole al mondo, recidono il loro rapporto uterino per sempre. L’istante della morte di Weronika è un’inversione temporale inaspettata. Continua a leggere