per Il segno del labirinto di Sandro Montalto (la Vita Felice, 2011)
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Un andare da qualche parte per andarci
senza arrivare dove nemmeno saprei:
questo è il mio camminare di notte,a volte,
fermo, fissando una rassegnata pozzanghera
attento ai rumori consueti di notte
così più lontani del solito.
La notte è sacra perché è per pochi
è rara perché sempre identica nella mente
di chi la conosce come una pausa da vivere…
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Il segno del labirinto è, come quello della spirale, il segno della vita, del suo andamento en avant, che gli antichi si immaginavano proteso verso un centro: il centro alludeva all’autorità divina e secolare, a un esito tangibile e visibile del viaggio esistenziale mentre la spirale alla trasmissione ininterrotta dell’asse ereditario (ora lo chiamiamo dna); quindi le cause avevano i loro corrispondenti effetti, la partenza un arrivo, il problema la sua soluzione e Dante parlava di ”legge del contrappasso”. I labirinti conducevano sempre da qualche parte. Alla fine del viaggio argonautico non risplendeva, rivelato, il Vello? Il movimento entropico della terra aveva un senso definito, tutto almeno lo faceva supporre, o ci si illudeva lo fosse. Il rinascimento aveva lasciato la sua traccia. Ora, se dovessimo esprimere l’esistenza con una metafora, non so se ancora la mente si affiderebbe a questa icona grafica: così come una città che ormai è tutta decentrata, tutta una periferia, e non si individua più qual è il suo centro e dov’è. E’ un labirinto dispiegato, squadernato, e il centro può essere dovunque, nascosto o visibile. Ma questo nostro viaggio umano resta pur sempre un mistero (non a caso Montalto lo localizza nella notte e la notte, per chi lo vuole, continua a essere sacra): mistero chiuso in se stesso, irrivelabile e che nel tempo si mantiene tale, oppure enigma che, al contrario del mistero, contiene una soluzione finale che verrà rivelata? E ci si chiede cosa è adesso questo nostro viaggio e cosa sarà poi, e soprattutto come ipotizzarlo, visualizzarlo e quindi perseguirlo. Procede per illuminazioni e lampi casuali e non progressivamente, simmetricamente. Così il tempo, che non è più lineare, ma frammentario, zigzagante. Tuttavia il segno del labirinto resta comunque quello dell’inizio, forse di tutti gli inizi: si procede, al buio, da uno stato potenziale e confuso per poi, a tratti, illuminarsi e ricadere nel più fitto mistero. Guardiamo lo scarabocchio del bambino che per la prima volta “segna “ il suo territorio: non traccia su un supporto qualsiasi un oscuro labirinto? Per non parlare di quello che ci mostrano le cortecce degli alberi e che regolarmente procede a spirale, anno, dopo anno. Il tempo arboreo sembra ordinato e costante, e ancora, per fortuna lo è – un cerchio dentro o dietro l’altro. Ora il nostro labirinto contemporaneo – svincolato dalla natura – presenta larghe fessure e sfaldamenti, i suoi cerchi si allargano mescolandosi, sgretolandosi e si trasformano in arcipelaghi: l’acqua è invasiva dappertutto. Siamo esseri “liquidi”, così ci ha definiti Baumann. Continua a leggere
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