Diffido di tutti i sistematici e li evito.
La volontà di sistema è una mancanza di onestà.
[Nietzsche, Crepuscolo degli idoli – sentenze e frecce, 26]
1. Quel che resta della poesia. Bataille
«Lo scrittore sceglie in primo luogo di essere inutile. Quante volte gli si è gettata in faccia l’antica insolenza degli uomini utili: “buffone”» (1) Nella diserzione della parola, Giorgio Manganelli preparava i suoi anatemi; sono cunicoli non asfaltabili quelli dove lo scrittore si muove e abita; spazi di non definibile estensione. Nel suo saggio del 1967, La letteratura come menzogna (2), Manganelli ripercorre i tratti familiari di quella che è stata la sua personale e avvocatesca rivoluzione della lingua. Immergendosi nel ventre infernale, la letteratura e la poesia, acquistano la valenza del negativo, inteso come il rovescio entro cui lo scrittore-poeta ripercorre strade di nessuna edulcorata e rassicurante utilità sociale. «La parola letteraria è infinitamente plausibile: la sua ambiguità la rende inconsumabile» (3)
Che cos’è che rende la parola letteraria inconsumabile? Ha significato una parola letteraria e poetica che si rende inconsumabile? Ma soprattutto: quale è il rilevo di questa specifica utilità o inutilità? Facciamo un passo indietro e tentiamo di tratteggiare il fondamentale contributo che Georges Bataille diede alla comprensione e alla critica della poesia e del poetico in relazione all’utile. Una posizione di cui tener conto in relazione alla costruzione di una storia dell’idea di utile e, al contempo, del fare poetico in età contemporanea. Continua a leggere →
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