La scelta e l’esigenza di raccogliere in un volume antologico poesie e scritti che abbiano attinenza con la realtà sociale nella quale siamo tutti immersi risponde in qualche modo alla vaexata quaestio della funzione nella società della letteratura in generale e della poesia in particolare. Questione che ha coinvolto intellettuali, scrittori e poeti di tutti i tempi, ma che a partire dalla fine del secolo trascorso si è come assopita nella coscienza di tutti. Dagli anni ottanta in poi la poesia in modo particolare ha virato verso una tensione autoreferenziale in cui era più sentita l’esigenza di guardarsi dentro, di esplorare le regioni interiori dell’animo in relazione ad una realtà che sembrava soddisfare i bisogni esteriori. Era il tempo del cosiddetto “edonismo reaganiano”, l’era dell’arrivismo narcisistico degli yuppies, l’inizio di un ciclo che proclamava la felicità individuale e l’affermazione personale attraverso una sorta di esigenza del frivolo. Del seguito e di ciò che ne è conseguito siamo oggi i testimoni smarriti, vittime e complici, ai quali si impone il dovere di spezzare il silenzio.
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