Un breviario di novembre scritto in una scrittura ermetica e simbolica, preghiere della modernità recitate non all’ombra di un chiostro ma in questo tempo frenetico, in un luogo qualunque che può essere anche un ufficio postale o una città dalle mura sbriciolate. Si avverte il bisogno di chiarezza, si chiede la giusta direzione, qualcosa che ci impedisca di perderci nei labirinti di una iper comunicazione, di un troppo dire, di un dire esagerato che alla fine si rivela essere un insensato non dire. Avercelo un codice di avviamento postale unico e univoco, certo, inequivocabile, che sia una metrica, un codice a barre, un codice speciale, qualsiasi cosa ma che ma sia una norma, una forma, un segno concreto, che sia però segno del nostro tempo, che lo definisca chiaramente, che lo spieghi. Così si chiede al verso, alla parola, alla poesia, una cifra precisa, una cifra chiara, definita, tale da poter costruire un nuovo credo, una nuova fede che ci allontani dalle cose materiali, dallo sterco del diavolo, che non ci faccia cadere in tentazione. La religione delle parole.
Le parole a volte sono talmente contorte e complicate che non si comprendono mentre nel Verbo sta la chiarezza, è il Verbo che strappa la forma all’informe. Un Verbo che si possa toccare con mano, non proibito alla mano profana come pare sia il bastone del vescovo, che sia meno sacro e più aderente alla nostra realtà, al nostro tempo umano, al nostro essere carne. Una lingua che lecchi meno e che fiorisca di più, come il bastone fiorito di San Giuseppe, una lingua feconda, che dia frutto, fonte di delizia, una parola che sia armonia, che sia amalgama composto da terra e cielo, trait d’union fra l’umano e il divino, che sia paradiso in terra e terra in paradiso. Che siano parole materne, di latte, di seno, di nettare e ambrosia, parole equilibrate, poco spigolose, senza angoli acuminati. Ho sempre molto timore di parlare della poesia di altri per la parzialità della mia visione critica data dai miei miseri strumenti, così questo è quello che sono riuscita a sentire e a cogliere ma certamente c’è ancora molto altro. Buona lettura antonella
Da “Breviario di Novembre”
Canto alla madonna dei tagli alle dita,
che non esca il sangue per niente,
e ogni taglio e ogni morso
non sia invalso, ma trovi ora e sempre
nelle nostre vite un posto e un dolore apposito,
che spieghi l’opaco degli occhi e tutti
i codici di avviamento postale.
Fa’ che la cicatrice al dito medio
della mano sinistra rimanga tale e quale,
ancorata al suo tempo.
***
Sporgiti signore dal balcone
del corpo, donami un crepuscolo
che sia degno di questo nome,
e che io lo possa sapere.
Fammi affacciare, signore, da quel balcone,
e concedi la grazia di farmi lanciare
monete il più lontano possibile,
lungi da me le cinquanta lire,
e che il lancio non sfibri il braccio.
Dammi parole cifrate, ma le più
chiare possibile, per costruire
la mia teogonia.
***
Prega per dio e gli ammalati,
signore, e a quelli che perdono
sangue dal naso – che le do –
del lei o del voi, se volete –
per noi e loro tutti,
tutti i genitori, che sono nell’astro –
del tempo per condizione innata;
tutti: i giusti e gli schizogeni tra loro.
Prega gli iperparadossi –
che si rendano materia, e
prega coloro che li confondono
per cosa possibile, che si ravvedano.
***
Madonna della neve
sorella delle parole
di latte, di un paese
dove la neve non cade;
seno bianco, tu fai
succhiare il tuo neo
premuto sulla guancia
del neonato bambino.
Coppe di seni che mostri,
a chi fa festa col vino
tra cugini e cognati,
hai benedetto il clan
degli infelici con gli occhi vuoti.
***
O dio rendici liberi di santificare
ogni luogo, di toccare le gonne
alla madonna e restare incolumi,
salvati dai sensi e dalle colpe,
concedi al paradiso un po’ di terra
da spargere, che sia color ocra
di muri sbriciolati,
concedi ora e per un attimo
il pigmento macinato di fresco,
da spargerci addosso tra i capelli.
***
Padre nostro donami futuro.
Sia esso devoto verso un padre
come il suonatore di sitar Mishra
che si piega ai piedi del proprio.
Fa’ che la fermezza dei risentimenti
sia la stessa al volante
affrontando la curva,
e proteggi le mie strade
dal procedere dritto.
Donami linee armoniche
e allevia le nostre vite
dalla tentazione all’angolo retto.
***
“dio madre di terra”
ringrazia l’anima desueta
che ruba e mangia
nelle estasi, fiorisce parole
dall’horror vacui paterno.
Sfalcia i marmi
e il sentire greve,
gli aironi gli anni i semi.
L’altare.
Feconda la lingua
che lecca ruvido.
***
Preghiera alla madonna
delle parole di latte
che porti rimedio ai nostri caffè
che se proprio a caldaie
dovremo pensare,
che ci sgravi lo sforzo.
Siano esse caldaie nobili
di suites imperiali.
Pingback: Da “Breviario di Novembre” di Alessandra Conte - invito alla lettura di Antonella Pizzo « LETTURE E SCRITTURE
Blumy ha detto:
le poesie le leggo domani. ma mi spieghi dove hai trovato la neve? 😯
😀
antonella ha detto:
nevicherà fino al 2 gennaio!
Blumy ha detto:
non conocevo questa poetessa ed è una bellissima scoperta, davvero interessante. Mi piace il suo linguaggio-spia di una forte inquietudine interiore.
Alessandra Conte ha detto:
Grazie per la pubblicazione, e a Blumy per il commento. E’ interessante per me avere dei ritorni e la possibilità di un confronto. un saluto, Alessandra
morenafanti ha detto:
preghiere che non chiedono fatti, non chiedono ‘cose’. preghiere ruvide al tatto e asciutte al palato, che chiedono comprensione, accettazione, chiarezza, in una consapevolezza di chi siamo e dei nostri gesti.
Bel linguaggio, questo di Alessandra Conte. E il suo ‘breviario’ è un testo su cui riflettere.
marinaraccanelli ha detto:
mi piace come scrive Alessandra Conte, una scrittura personalissima ma non involuta, scorrevole e ricca di sorprese
marina
Emily la stramba ha detto:
Brava Alessandra per queste non preghiere, graffianti e pervase da sottile ironia , ricorrente nei tuoi scritti così come il disincanto e la lucidità quasi dolorosa.
Mi piace sempre di più come scrivi e ciò che scrivi.
Emily
Alessandra Conte ha detto:
grazie per i riscontri positivi. si tratta di materiali che sto sperimentando e a cui vorrei dare una ulteriore evoluzione formale.
forse si tratta proprio di non preghiere come dice Emily, cosa ne dite?
Franco B ha detto:
Sì, sono “non preghiere” accorate e di una religiosità tutta in controdipendenza dai dettami paterni e dall’archetipo della mater dolorosa. Una sacra famiglia schizofrenogena da cui salvarsi con una religiosità fisica, del corpo più che dell’anima. Complimenti! Sconosciuta, intensa autrice. Da seguire (di dov’è?)
Patty! ha detto:
per conto mio, anche se ho poca voce in capitolo data la giovane età, trovo siano preghiere a tutti gli effetti, dato che io parto dal presupposto che ogni poesia che si rispetti porti con sè un’invocazione a qualcuno, a qualcosa… un’invocazione di salvezza in qualche modo… una preghiera, per ciò!
mi piace la scorrevolezza che hai, alessandra. trovo sia difficile ottenerla. mi stride un tantino, in tutta sincerità, questo attaccamento alla religione, per quanto sia preso in maniera del tutto originale. ma il fine giustifica i mezzi! sono più che altro miei tabù personali che dovrei decisamente eliminare!!!!
mi piace veramente tanto quella forte fisicità che riesco a percepire. diciamo che è la “chiave di volta” della poesia che io tento di fare!
grazie per avermi dato l’opportunità di leggere! sono cose che arricchiscono, sempre…!
Fabio A. ha detto:
Ma questa chiave, di volta in volta quali sentieri spirituali apre? questa parola che dice di qualcosa che parola non è, cos’è? è già preghiera, semplice supplica al signore che abita tutti i corpi? o forse un alito acido e smorfioso che non riesce a trattenere il suo gesto ribelle ed educato di un ricordo scritto sui santini?
Brava Alessandra, i tuoi versi schizzano pensieri… passato Natale….
Gianni ha detto:
…e brava Antonella per il penetrante, lucido commento.
Alessandra Conte ha detto:
Fabio A: è alito, alito.. ma voi che leggete sembrate vederci meglio di me..
Patty: i tabù… prova allora a pensare a ‘spiritualità’ come condizione implicita alla poesia -fatta di fibra,corpo e aria non disgiunti- più che a ‘religione’, se la parola che usi ti dà rimandi troppo connotati
Franco B: sono di Vicenza
Patty! ha detto:
magari sono completamente fuori strada… ho solo 17 anni… magari faccio ancora in tempo a rimettermi in carreggiata!
la spiritualità è, per me, un terreno difficile… sento la spiritualità come qualcosa che passa attraverso il corpo, come il prodotto di desideri e sensazioni.
uno spirito senza pace… eternamente tormentato da tutto quello che è il -vorrei- del corpo (dei miei fianchi di donna, nello specifico).
la paura ed i contrasti, i dissidi interiori stessi, io li percepisco come cose della pelle, cose che passano attraverso la pelle. cose, quasi di tatto.
sento il corpo come parte integrante dello spirito. parte che ne è filtro, tanto quanto fulcro.
e poi… poi cerco di fare poesia… tirarla fuori da tutto questo interno-esterno, di tatto e fondo. scrivo, senza volerlo, quasi invocazioni di salvezza, se lette tra le righe, invocazioni a qualche forza nella quale, paradossalmente, non credo, che sappia porre fine a tutta questa mia risacca dell’anima tra viscere e pelle… nella quale però, ho spesso il vizio di crogiolarmi.
se vi può interessare leggere qualcosa di mio (tra parecchie idiozie adolescenziali, però) venite su: lemiescarpetterosse.blogspot.com.
più che altro, interesserebbe a me un parere!
grazie ancora! Patty!
io ci provo. procedo secondo il mio sentire.
margheritarimi ha detto:
“e ogni taglio e ogni morso
non sia invalso, ma trovi ora e sempre
nelle nostre vite un posto e un dolore apposito,
che spieghi l’opaco degli occhi”
Colgo in questi versi una invocazione nella ricerca delle radici del proprio esistere, nel senso da dare al dolore e a quelle ferite da dove potere guardare se stessi e gli altri.
Complimenti
Grazie a te Antonella che con una breve presentazione hai colto dei nuclei fondanti di questi versi non facili.
margheritarimi
gugl ha detto:
difficile aggiungere qualcosa a quanto scritto da antonella e dagli altri ospiti.
preghiera o non preghiera? la forma è quella, il destinatario, forse, è il mittente stesso, e il mittente è plurale: alessandra, con la sua passione per le lame (ma lascio a chi la conosce meglio fare una lettura psicoanalitica); l’umana finitezza e le sue piaghe; la parola che non smette mai di nascere.
Direi che queste sono le migliori poesie che ho letto di alessandra. sicuramente. e sono ottime anche senza comparativi.
Marco Rinaldi ha detto:
Trovo Alessandra fantastica, con la sua capacità di evocare gli spiriti che trasformano il sentire in una danza fatta di parole e suono, elementi la cui forza ritmica e centripeta cattura il lettore davanti allo schermo della vita, con le sue gioie, i dolori, i ripensamenti e tutte le esperienze che, al di là del tempo permangono nel codice dell’anima. un grido d’aiuto, il suo, in un mondo che appare ormai privo di senso e di libertà dal giudizio degli uomini. Brava Alessandra!!
brunello ha detto:
Alessandra,
ho provato a leggere e sicuramente chiederò a Gaetano copia del breviario, in attesa di maggio.
MI HAI STUPITO e MOLTO INCURIOSITO……….