Titolo: Mani sul cuore Autore: Alessia Iannarelli

Sbianca il cuore nella prigione
di mani insanguinate
il palmo  volto in basso
già si sforma la sua sostanza
si deforma la funzione e non ha
più amore che lo chiami
nel vortice di stelle abbrunite
dal lutto dei morti.

Siamo a perdere ogni vertice
aquile con i rostri al volo
di correnti a planare sottraendo
e si fa poco il mondo minuti il tempo
una trasvolata breve a far schizzare
sabbia dorata che s’imbeve
del rosso della carne.

Siamo deflagrati nella rosa dei venti
è caduta la parola e la sillaba si pianta
come un osso in gola –  l’urlo
rimane nel petto sul bianco del cuore.

Narda Fattori

Questi tempi …..

Questi tempi di bombe e di coltelli, di rovine e chissà quali vittorie, questi tempi per adulti che giocano alla guerra, virilmente, e nascondono la rapacità della violenza con suadenti parole di pace, questi tempi che svuotano i magazzini degli arsenali militari ….perché così si può continuare a fornire lavoro e a rialzare i listini della borsa e i conti correnti, questi tempi che non sopportano la pace perché nella pace si fanno figli, e i figli costano, e dunque servono più energia, più scuole, più strade, questi tempi non sopportano i cieli non violentati, la terra che dà i frutti che sa e può.
A tragedia si somma tragedia: l’uomo non sa coltivare semplicemente un orto per godersi della crescita verde dell’erba, degli ortaggi.
Già lo dicevano gli antichi romani che la pace serve a preparare la guerra e con la testa gonfia di parole suadenti sganciamo le bombe intelligenti, quelli che stupidamente, come fanno le bombe, distruggono le case e squarciano le persone.
Il Magreb in subbuglio, gruppi e/o popoli che chiedono democrazia e partecipazione e l’occidente interviene a pacificare… con le bombe.
In Libia sì, perché ci sono petrolio e gas, in altri paesi no, non hanno nulla da dare in cambio. E le migliaia  e migliaia di profughi che sbarcano a Lampedusa, dove nessuno li vuole, miseri e giovani che con la loro partenza impoveriscono  ulteriormente il loro paese d’origine , che ne facciamo? Li rispediamo in mare a sfamare i pescecani ?
Noi siamo donne che pensano, non ci occupiamo di politica, però siamo cittadine di questo nostro paese e anche cittadine del mondo. Chiediamo che si rifletta, che si cerchino le parole per il dialogo. I magazzini di armi possono restare pieni e magari si possono anche chiudere queste fabbriche di morte, riconvertirle, come si usa dire oggi, in fabbriche di vita: tubi e pozzi per irrigare il deserto, scuole per i marginali, che sono la maggioranza, strade là dove ci sono piste, autobus per gli spostamenti, percorsi per il futuro dei giovani…..
Ripensare agli alfabeti dello sviluppo. Costrutti paratattici: oggi questo… ( punto), domani questo altro. Pensieri semplici che non diano adito a interpretazioni. Sarà una scrittura lenta , ma corretta, alla portata di tutti, una lunga addizione per non vergognarci di essere uomini e di abitare da padroni questo meraviglioso pianeta azzurro e verde che sono i colori della quiete e della pace.

Narda Fattori