Quasi un poema, più che una raccolta, l’ultimo libro di poesie di Alda Magnani.
Mitigate e mediate dal sogno, quando il ricordo si fa più doloroso o dal sogno stesso ravvivate e rafforzate quando ricordare diventa un piacere, scorrono, come in una lunga favola, luoghi e personaggi della sua terra, nella pianura intorno a Parma.
Entriamo, accompagnati in un onirico viaggio nel ricordo, nella casa dei suoi avi ove riecheggiano le voci di nonni, zii e cugini presenti nelle vite dei piccoli di allora come oggi non accade quasi più. Ne ascoltiamo i racconti narrati nelle stalle e nelle aie.
Il borgo antico dell’infanzia si colora di personaggi e luoghi caratteristici, come ad esempio l’osteria Gatto di Gambarone, il cui anfitrione era il vecchio Gombi, quasi “un re dentro a quel covo da leggenda”.
Il cuore del poema sono gli affetti più cari, la madre, dalle mani “ pronte al dono, solerti, indaffarate/ a lavare, stirare, intridere farina /per impastare e poi tracciare croci/ sul pane quotidiano, infaticabili” , il padre contadino che tornava la sera dai suoi campi stanco “fischiettando il Nabucco o la Traviata”, Zia Maria, “il ticchettìo monotono dei ferri” nelle sue mani ossute.
La natura con le sue bellezze diverse nell’avvicendarsi delle stagioni, i fiori, gli alberi, gli odori e i profumi della terra tanto amata, fanno da sottofondo a questo lungo sogno di Alda.
A tratti emerge dalla coltre del ricordo, una sottile malinconia ma sempre predomina in Alda l’amore per il dono della vita, quella vissuta e quella a venire, anche se quest’ultima è sulla via del tramonto.
“Ora il tempo dei sogni è ormai finito
e la dura realtà prema alle porte;
dopo una lunga vita intessuta di gioie e di dolori,
altro non resta che vivere l’attesa
di un breve tramonto rosso fuoco,
quando si staccherà l’ultimo foglio
dal calendario dei giorni appeso al cielo.”
( Sara Ferraglia )
MOVIDA
Confusa eco di suoni e voci
nella notte estiva
e rombo di motori.
Riecheggiano risate i porticati
esplode l’allegria sotto i gazebo
attorno ai tavolini,
ora che i bar si sono dilatati
nei salotti di strade e marciapiedi.
Spumeggiano bisbigli
da corpi avvinti
in angoli appartati,
linguaggio che ribolle nelle vene
e trova sfogo nell’età del sole
intenerita ai raggi della luna.
Solo nella mia stanza
filtrano trafitture di silenzio,
si rincorrono i volti e le parole,
atomi di un pulsante microcosmo.
Nel percorso a ritroso
ritrovo l’onda densa
degli affetti.
Ogni ricordo è un piccolo tesoro
celato in invisibili fessure.
Delle parole dette ed ascoltate
resta soltanto
il soffio di un respiro.
ATTORNO AL FUOCO
Sono cresciuta ascoltando le storie
narrate intorno al fuoco del camino,
storie di miracoli e di santi,
di avventurieri e grandi peccatori,
storie di tragedie e di giovani amanti
partiti per la guerra e mai tornati,
storie di pozzi dove si sentiva,
di donne ritenute vere streghe,
di pozioni, di filtri e sortilegi,
di licantropi e di cani fedeli.
Raccontavano i grandi e io crescevo
ma, fra un racconto e l’altro,
se il dire era monotono e pacato,
mi addormentavo e, in sogno,
finivo quelle storie a modo mio.
Una mano rugosa e un po’tremante
mi accarezzava il capo abbandonato
su ginocchia capaci di cullare
anche i sogni più folli e spaventosi.
Succedeva talvolta che qualcuno
lasciasse vuoto un posto sulla panca;
la storia non ancora terminata
finiva nel segreto di una tomba.
Vorrei tornare ad ascoltare storie
che mi insegnino il senso della vita.
Dopo che da quel posto son partita,
si spensero i camini uno ad uno,
si serrarono gli usci
e l’ombra ha ricoperto già da tempo
le strade di un paese in agonia.
ABITERO’ IL SILENZIO
Ho abitato una casa di campagna, un grande pergolato
nel cortile, gelsomini odorosi a primavera
balconi variopinti nell’estate, il sole a picco
nell’ora del meriggio e un ricciolo di luna
posato sulla punta dell’abete nelle notti profonde
del riposo, con sogni rarefatti nel risveglio.
Ho abitato le piogge dell’autunno, giunte
nella sorpresa del piacere, e nell’inverno gli infiniti fiocchi
che danzavano la consolante melopea del cuore.
Ho abitato filari di viti e di pioppeti, raccolta
dietro i vetri a contemplare il volo dell’uccello che si leva
dall’intrico nascosto di ramaglie, ad ascoltare il trillo
che si perde nella nebbia sul fumigare della terra arata.
Ho abitato una piccola contrada persa nella campagna
di un paese con una Rocca al centro della piazza
e porte spalancate in una chiesa dove sostavo in mistica
penombra rigirando un rosario fra le mani.
Ho abitato sofferte lontananze dagli affetti più cari,
da sguardi vogliosi e innamorati
fissi sulle mie occhiaie nascoste dall’ombretto.
Ho abitato la fede e la cultura, la ricerca del bello,
delle cime…Ho abitato parole,
un incessante rincorrersi di immagini…
Giorni vissuti dentro mura austere mi hanno forgiato
l’anima e tutte le mie idee cristallizzate
si sono sciolte in ritmi di poesia.
Mi è stato dato un tempo da abitare
che ora si riduce al ritmo degli affanni.
Poi scenderà la pace. Abiterò il silenzio.
LA VERA RICCHEZZA
Ben altro ho avuto che briciole d’amore
per saziare la fame di un’infanzia
dissetata da stille di rugiada,
consolata da tenere carezze.
Fiorivano i miei sogni in mezzo all’oro,
fra miriadi di stelle, nella notte,
sui prati punteggiati di ranuncoli
nelle mie care primavere antiche.
Ho avuto canti di cicale amiche
nelle giornate afose. Dolce coro di allodole
fu il saluto per me d’albe radiose
spalancate sui giorni di speranza
con voli di farfalle, suoni
di carezzevoli parole,
raggi di sole antico e refoli di vento.
E nell’autunno lagrime di pioggia
asciugate da fiamme scoppiettanti
quando vento impietoso
strappava con le foglie anche i miei sogni.
Ho avuto inverni bianchi, immacolati,
arabeschi di ghiaccio sopra i vetri.
Venti di tramontana e caldi
gli incanti di serate da vivere in famiglia
condividendo il pane, la fede e la saggezza.
Più non hanno i miei sogno lo splendore
delle stelle né l’oro dei ranuncoli;
brillano discontinui, come lucciole,
ma ravvivano a tratti il mio tramonto.
Un pugno di sogni nel cuore – Edizioni ETS
“Ma quello che alfine domina in questa raccolta di urgente impatto umano è l’amore per la vita, quella a venire, anche, perché la Magnani è pienamente cosciente della sua sacralità, della sua bellezza; ella la ama ed è per questo che ne rimpiange i momenti migliori; ed è per questo che la rivive con dolore e con nostalgia, quasi le fosse sufficiente rievocarla per farla si nuovo sua; per trasferirla, tutta intera, in un sorriso cha sa tanto di amore.” (dalla prefazione di Nazario Pardini)
Alda Magnani è nata e vive in provincia di Parma. Laureata in Lettere, ha insegnato Italiano e Latino nei licei della sua città. Dopo il pensionamento, si è dedicata più assiduamente alla ricerca e alla scrittura. Traduttrice dal latino di testi classici e del periodo umanistico, si occupa di recensioni e di critica letteraria ed è membro di giuria in concorsi letterari. Ha scritto racconti, fiabe, aforismi, haiku, poesie in lingua e in vernacolo. Sue opere sono inserite in antologie, riviste e quotidiani.
Nel 1999 ha pubblicato i volumi di poesie La casa bianca dei miei sogni e Dentro e fuori dal tempo, la silloge poetica L’ombra tremula dei pioppi (2006) e le raccolte Racconti nocetani (2012) e Racconti parmigiani (2013) ed altre prose nei volumi Cinque storie (2003), Partite del destino (2004), Sinfonia elegiaca (2008), Narrar storie (2010) e Le attese di un altrove (2014)
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.