Quasi un poema, più che una raccolta, l’ultimo libro di poesie di Alda Magnani.
Mitigate e mediate dal sogno, quando il ricordo si fa più doloroso o dal sogno stesso ravvivate e rafforzate quando ricordare diventa un piacere, scorrono, come in una lunga favola, luoghi e personaggi della sua terra, nella pianura intorno a Parma.
Entriamo, accompagnati in un onirico viaggio nel ricordo, nella casa dei suoi avi ove riecheggiano le voci di nonni, zii e cugini presenti nelle vite dei piccoli di allora come oggi non accade quasi più. Ne ascoltiamo i racconti narrati nelle stalle e nelle aie.
Il borgo antico dell’infanzia si colora di personaggi e luoghi caratteristici, come ad esempio l’osteria Gatto di Gambarone, il cui anfitrione era il vecchio Gombi, quasi “un re dentro a quel covo da leggenda”.
Il cuore del poema sono gli affetti più cari, la madre, dalle mani “ pronte al dono, solerti, indaffarate/ a lavare, stirare, intridere farina /per impastare e poi tracciare croci/ sul pane quotidiano, infaticabili” , il padre contadino che tornava la sera dai suoi campi stanco “fischiettando il Nabucco o la Traviata”, Zia Maria, “il ticchettìo monotono dei ferri” nelle sue mani ossute. Continua a leggere
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