da 37. Che cos’è l’amore
[…] Tutto dorme.
Per strada, così presto, solo lui, la marmotta.
Una testa di porco mostra i denti, lì dal macellaio.
Il ricatto del freddo: gli occhi lacrimano.
Ora è accanto al camino, nella sala dei libri, tutto rigido.
«Il primo attende» dicono qui in Svezia.
E da sovrana, lei, lo fa aspettare.
Lui guarda in giro, osserva, quanto sapere inutile,
di scuola. Quei misteri in marocchino…
Porfirio e Lullo, historici e teologi –
da capogiro. Il dente duole, e ha freddo.
[…]
«Non vi è vergogna?» chiede alla regina.
«A che pro – star sul greco all’età vostra?»
Lei registra – che di mattina presto l’uomo è pallido,
ma copre la cattiveria con il fruscio del vestito.
Un filosofo, ecco. I classici lo rendono irritabile.
«Permettete, ora ditemi tutto ciò che sapete realmente»
Bel colpo. Menomale che il tête à tête non ha testimoni.
[…]
«Chiedete allora, avanti» «Ognuno ha certo amato.
Ma che cos’è l’amore? – Sieur, lo sapete?»
Ecco, lei l’ha dove lo vuole avere, averlo nella pania.
[…]
Nella sua nicchia ha i brividi il Platone di marmo
e si tira la toga sulle spalle – e così fa Descartes col suo mantello.
[…]
«Esser al bando ed il più dolce esilio per stolti e geni
è l’amour. Non ha sponde. In piccolo incomincia,
è un istante di luce che diventa un’ulcera dell’anima.
Son les esprits, gli spiriti vitali, corporali, a estraniarci
da noi stessi. L’oggetto – è una zolla di zucchero:
volerlo possedere è un lungo affanno»
«Monsieur, e ci fa bene?» «Molto prende,
molto elargisce. Ma quel che conta: insegna
che tu sei una parte. E ami solo il tutto
E ciò che si sottrae ti annienta e infiamma»
[…]
«Un alibi per tutti è ancor l’amore,
un motivo per cui il mondo è com’è – lacerato, cattivo, ingovernabile»
«Chiarissimo» Lui fa di sì e la guarda. Chissà se lei capisce
perché la sensibilità qui soffre il freddo.
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A partire da «Mi trovavo allora in Germania, richiamatovi dalle guerre che colà ancora si combattono. Ritornando all’esercito dopo aver assistito all’incoronazione dell’imperatore, fui costretto dall’inverno incipiente ad acquartierarmi in una località dove, non essendo distratto da alcuna conversazione e non essendo turbato, per fortuna, né da preoccupazioni né da passioni, trascorrevo tutto il giorno da solo chiuso in una stanza ben riscaldata da una stufa, dove avevo tutto l’agio di intrattenermi con i miei pensieri. […] » (Cartesio, Discorso sul metodo, parte seconda -versione elettronica qui)
e dal verso di Orazio «Dissolve frigus», Grünbein, sulla base delle notizie storiche e degli scritti del filosofo, muove gli scenari del “bianco” per un giovane Cartesio nel 1619 in Germania e per un Cartesio che muore di polmonite alla corte della regina Cristina di Svezia nel 1649.
Come bene indica Anna Maria Carpi nella postfazione, questo poema (“o romanzo in versi”) è condotto lungo le coordinate (verrebbe da dire cartesiane…) di “corporeità, visibilità e figuratività”; “difatti”, ed è sempre Anna Maria Carpi che lo evidenzia, “Grünbein ricorda il detto di Keplero: ut pictura, ita visio, e pare tenersi a quel principio estetico classico che decadrà solo nella seconda metà del ‘700 […]. Grünbein guarda però anche alla poesia barocca […] possiede fra l’altro le qualità in auge nelle retoriche dell’epoca, l’ingenium, l’agudeza, il wit o Witz […]”
[Durs Grünbein, Della neve ovvero Cartesio in Germania, a cura di A. M. Carpi, Einaudi, Torino 2005]
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Altri riferimenti:
Durs Grünbein in due illuminanti e importanti interviste (presenti in rete):
Stefano Vastano – L’UNITA’ – 03/12/2004: Cartesio un poeta
Italo Testa: Dialoghi sulla lirica: # 1 Durs Grünbein
Segnalo inoltre su la Dimora del tempo sospeso di Francesco Marotta: Durs Grünbein – trad. Stefano Zangrando “La morte di Virgilio” di H. Broch
cristina bove ha detto:
grazie di avermi fatto conoscere questo autore straordinario.
cb
eletta senso ha detto:
alibi è sostantivo maschile. nel testo originale è preposto un con l’apostrofo?
margherita ealla ha detto:
@ eletta, no, no, naturalmente, una mia svista trascrivendo, grazie della segnalazione! per fortuna sono in linea, provvedo a correggere, scusandomi.
@cristina, sono contenta, Grünbein entusiasma anche me.
Narda Fattori ha detto:
Quei dialoghi poetici e pieni di sapienza che mi hanno ricordato Leopardi. Grazie del dono , Margherita.
nf
margherita ealla ha detto:
Grazie a te, Narda! nel testo diverse parti sono dialogiche, in quelle relative alla Germania interlocutore unico è il servo e allievo Gillot (una specie di Simplicio).
Un caro saluto.
Anna Maria ha detto:
La traduzione di Anna Maria Carpi, bella nelle forme classiche, serrata nel ritmo, insuperabile nell’alternanza di dialoghi, sguardi esterni e squarci interni, rende perfettamente l’aspirazione di Grünbein a inserirsi nella tradizione della poesia epica europea moderna – Dante, Milton, Goethe, per intenderci. Anna Maria Carpi scrive al proposito di una “svolta” nella produzione poetica di Grünbein. Si tratta di una riscoperta o la classicità era comunque ‘latente’ in Grünbein? Questa intervista di Italo Testa al poeta http://puntocritico.eu/?p=912
affronta anche questo aspetto, insieme a molti altri, che – ma è un mio personalissimo punto di vista – restituiscono a chi legge grandezza (nella produzione poetica, ma anche in felicissime intuizioni su natura e compiti della poesia) e limiti (in qualche suo giudizio dispensato con argomentazioni sulle quali verrebbe voglia di rivolgergli più di un quesito) del ‘nostro’ autore.
Con Descartes, per essere più precisi con il suo cane, Durs Grünbein si era cimentato già nel 1991, in “Schädelbasislektion” (Lezione sulla base cranica), nella poesia “Il cane cartesiano”. Ma anche intorno alla figura e alla valenza del cane nel pensiero occidentale c’è stata un’evoluzione successiva, sulla quale mi piacerebbe ritornare con te, Margherita. Ti ringrazio di cuore per il tuo post così ricco di spunti.
maurizio manzo ha detto:
Anch’io non conoscevo questo autore…una bella scoperta…
Complimenti a Margherita per questo interessantissimo post.
mm
margherita ealla ha detto:
@Anna Maria, grazie anzitutto.
– Per quanto riguarda la domanda se “…la classicità era comunque ‘latente’ in Grünbein”,
(riferendoti credo all’episodio riportato da A.M. Carpi nella prefazione di “A metà partita”, (Einaudi, 1999):
nel ’94, a Pompei ed Ercolano, […], riferisce Grünbein […], arriva un’esperienza decisiva: all’improvviso percepisce gli effetti di quella “potente detonazione” che è il tempo e la presenza di “una sorta di memoria immemore….deus absconditus o come lo si vuole chiamare.[…]” Ed è là, nella Villa dei Misteri, che comprende in modo irreversibile che cosa significhi scrivere e porsi “al di là dell’attuale”)
di mio rispondo di sì, nel senso che la “classicità” è per lui una folgorazione -e dunque vi è bisogno di una sorte di nube temporalesca, di un’energia di tensione accumulata, di un substrato che si elettrizza, per prodursi-
Riguardo all’intervista di I.Testa, azzardo,… credo di sapere quale sia il giudizio sul quale avresti voglia di chiedere ulteriori spiegazioni (sulla Bachmann)
Per quanto riguarda il “Cane di Cartesio” (che è inserito, come “Lezione su una scatola cranica” in “A metà partita”), direi che possiamo farne un post, magari con la tua traduzione, (dimmi di sì..:)).
@grazie Maurizio! Per ulteriore conoscenza sulla poetica di Grünbein, riporto qui dall’ incipit “Wahrscheinlich bist du” (sempre in “A metà partita”, Einaudi, 1999, trad. A.M. Carpi)
“E’ molto probabile che tu sia quel bambino sarcastico che s’incontra nelle tetre fiabe tedesche. L’industria l’ha attirato fuori dal suo sottobosco nelle città sterminate […]. Venne qui per imparare a temere, e ora deve constatare che lo spavento ha perso il suo effetto benefico e non è più che un ininterrotto gelido traffico. La vita nel bosco era certo pericolosa, c’erano le streghe e le bestie feroci, sinistri nani […] ma non è nulla al confronto con le strade della città. E qui, ciò che tiene il bambino assediato ha a che fare con la fine della fiaba, con l’inizio di una serie di brevi storie tormentose dalla morale ingannevole. Il bambino sarcastico sa da un pezzo come vanno perlopiù a finire; ciononostante non può smettere di stupirsi”
[ A.M. Carpi, nella prefazione scrive: “avendo presente l’etimo greco: sarx, carne, e sarkazein, staccare la carne dagli ossi, in sostanza “scoprire lo scheletro” – e da caducità e morte, […], G. non può stornare gli occhi].
Un caro saluto a tutti, contenta per la condivisione!
baci ha detto:
Con un certo ritardo leggo questo post e non posso che gioirne dato che amo il tragico cinismo di Grünbein che ho “scoperto” da poco. Un poeta di grande potenza, di fortissima personalità che va conosciuto meglio,almeno in Italia. .
grazie,Margherita e grazie alla bravissima Carpi.