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Se uno ascolta, viene posseduto g.c.

di Giacomo Cerrai

Pazze, solo pazze. Alias riesce a conoscere soltanto pazze, una bionda ossigenata pazza, una bruna smagrita dalla pazzia, una dolce pazza ragazza triste con manie di persecuzione. Tutte le donne che incontra sono pazze o sono in procinto di diventarlo. Tutte hanno problemi, o se non li hanno se li inventano, perché per loro la vita è un sistema di relazioni dove c’è solo da perdere. Lui le incontra, qualche volta le cerca, le scova come un rabdomante, seguendo strani segni astrali. Ogni tanto invece gli capitano. Perché loro? Non potrebbe essere altrimenti. Alias non è bello, né ricco e neanche socialmente ben piazzato. Lavora in un archivio, una specie di borgesiana biblioteca piena di memorie perdute e di merda di piccioni. Ha una sola qualità: ascolta, e poi, quando ha smesso di ascoltare, ricomincia da capo, con la stessa o con un’altra. Alle normali non importa, ma quando le pazze se ne accorgono non c’è più niente da fare, è il delirio. Per loro è un bene prezioso, più dell’amore o del sesso. Un uomo che le ascolta, è molto meglio di una donna, perché la donna ascolta e giudica. L’uomo ascolta e intanto pensa a qualcos’altro, magari all’eventualità di farsi una bella scopata alla fine di quel gorgo di parole. Anche Alias non giudica, sta attento a non essere giudicato, per calcolo o difesa. Non crede che la povera pazza ignori la cosa. Forse la preferisce, come un surrogato accettabile di un rapporto con un uomo, senza, apparentemente, troppe complicazioni. Diciamo che così lui ha scoperto una nicchia di mercato, in cui soddisfa la sua curiosità delle donne.
Per la verità non ascolta soltanto. Rimbalza parole nelle orecchie delle sue pazze, in ossequio all’idea presuntuosa di fornire loro, tutto sommato, qualche appiglio. Psicologia spicciola e insieme un fondo di vanità, di fede nel potere taumaturgico del verbo. E anche un alibi.
Alias è piuttosto bravo con le parole, o crede di esserlo. A volte sostituisce i discorsi con brani in versi, raggiungendo spesso effetti incontrollati, se la pazza in questione è pure patologicamente romantica. A volte le parla, a volte le scrive, per farle riprendere fiato. Ma per lo più ascolta.
Se uno ascolta, viene posseduto. Alias ha raggiunto da anni questa convinzione. Le pazze lo sanno e poiché in gran parte sono donne che sono state massacrate da taciturni cronici o sapienti menefreghisti che poi hanno tagliato la corda, ci si buttano a corpo morto. Hanno il bisogno di rifarsi in qualche modo, un gomitolo in gola che deve essere sfilacciato nelle orecchie di qualcun altro, anni e anni di vicende perigliose o semplicemente noiose, come lo è la vita nella maggior parte dei casi. Lui certo si rende conto che c’è anche la voglia di liberarsi dal dolore, sminuzzandolo in piccoli pezzi da dispensare come ostie, con tutto quello che rappresenta. E questo è il solo aspetto che gli da qualche rimorso. Loro officiano il mistero doloroso mentre lui avverte che non potrà mai lenire le loro pene. Per il resto si lascia fare, aprendo bene le orecchie alla penetrazione dei rimpianti, dei desideri, dei sogni spezzati. E’ l’alter ego di tutti quelli che sono scomparsi nella nebbia e che loro hanno perso per sempre, è l’alleato momentaneo, il maschio rinnegato che depreca tutti gli orrori che hanno subito da altri maschi.
Non perdiamo di vista il fatto essenziale che sono matte. Naturalmente non nel senso classico del termine, niente psicopatiche, anche se una volta c’è andato vicino, né schizofreniche. Solo un po’ depresse, o disturbate come si dice oggi, hanno un rapporto non privilegiato con la realtà e le loro reazioni ne risentono. Se avessero i piedi in terra si renderebbero conto che Alias è fasullo esattamente come coloro che sono scappati. O forse se ne rendono conto, ma finchè non scappa va bene, poiché in qualche modo lo posseggono. I loro racconti non sono fatti per vanità, perché non hanno niente di cui vantarsi, spesso hanno fatto la figura delle sceme o delle sprovvedute e sono uscite sempre perdenti da ogni partita. Ma, caratteristica comune, non si chiedono mai il perché siano finite in certi pantani. Alias potrebbe dirglielo, se volesse, o potrebbero capirlo da sé, perché lui è lì, davanti a loro, il solito male sotto altra forma, e loro non se ne accorgono. Non se ne accorgono ancora.

L’immagine è di Mad Maddalena Sisto