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Il gioco dello psichiatra – nota introduttiva di Lucetta Frisa a “La Fata Fatua”- di Claudio Roncarati,opera vincitrice della prima edizione del premio di poesia “Franco Fortini 2010”

Il mondo poetico di Claudio Roncarati prende avvio, pretext e forma,dal suo vissuto autobiografico: infatti, di professione è psichiatra e psicoterapeuta. Questo è il suo secondo libro di versi, appena successivo al Manuale di psichiatria poetica, pubblicato nel 2010 con le edizioni Alpes. Roberto Pani lo definisce come “un testo post moderno (…) eclettico, ironico, fa ricorso al collage partendo dall’assunto che la complessità del reale non può essere descritta da un unico discorso conoscitivo».

In La fata fatua e lo psichiatra l’autore ripropone questa stessa tematica e prosegue il suo discorso poetico, differenziato in nuove sezioni: infatti, alle prime due, Psichiatria poetica e Poesia applicata, ne aggiunge altre quattro, Rimando in Romagna, Citazioni, Carpe diem e Marcondirodirondello.

I titoli rimandano in modo evidente alle intenzioni ludiche del poeta, il cui libro, giocato su un tono di stravagante leggerezza, sembra volerci diversamente interrogare sottoponendoci a una scommessa: si possono dire verità sgradevoli o addirittura dolorose attraverso un linguaggio che si sottrae alla pensosa serietà dei “poeti laureati”.? Si può usare la leggerezza di accento per disinnescare i campi minati della poesia “seria”? E con quale risultato? La scommessa, in questo senso, sembra vinta.

L’incipit delle due prime poesie definisce in modo scanzonato e divertente le figure dello psichiatra e del folle, togliendo ogni aura sacrale sia all’una che all’altra. Stessa sorte tocca però al poeta, che ne parla. Anche lui non può fare a meno di sottomettersi alla stessa perte d’auréole di baudelairiana memoria.

Come in Psichiatri:

Altri dispiegano carte e mappe

tracciano rotte per le loro flotte

che salperanno con i venti in poppa,

verso nuove scoperte, alla conquista!

Noi siamo quelli dentro le scialuppe

incerte, zuppi, navighiamo a vista.

Altri procedono con schiene dritte

tra le certezze delle scienze esatte.

Noi, invece, ci incurvano i ricatti

di chi ci vuole guardiani dei matti.

E in Schizofrenia cronica:

Puntuale faccio un’iniezione

al Centro di Salute Mentale,

delle voci feroci nella testa

resta qualche allucinazione

mite che mi tiene compagnia.

Toglietemi l’angoscia e così sia.

Vivo solo in un monolocale,

la follia vale una pensione

di circa trecento euro al mese,

sono vivo non ho altre pretese.

L’occhio “clinico” di Roncarati è acuto, quasi spietato: è l’occhio di un poeta che si aggira tra satira e humour (e le loro sfumature intermedie). Con versi brevi, la musicalità sbeffeggiante delle rime, un tono cantilenante e canzonatorio, “fa passare” un’amara, atroce verità “come se fosse uno scherzo”.

In Lo psicotico:

Per ogni oscuro psicotico,

la vita è un atto eroico

come stare nel mesozoico

tra le zampe d’un dinosauro,

o nel labirinto minoico

tra le corna del Minotauro.

Qui il poeta-psichiatra cita il mito, in empatia con la visione del mondo psicotico, ma senza mai perdere l’impostazione ironica della voce, divertendosi ad attribuirsi il ruolo che il fool rivestiva nel corso delle feste carnascialesche. È la grande sapienza della finzione, del teatro e dell’immaginazione. E quindi del travestimento. Il tentativo di fare accettare a un lettore comune, non esperto in materia, certe verità terapeutiche, non resta una mera intenzione. Il suo “travestimento” è il modo linguistico che il poeta sceglie: l’invenzione di rime dall’effetto “umoristico”, giochi di parole, battute guizzanti e aforismatiche, che conferiscono al libro un’aria da breviario filosofico-esistenziale che non fa solo sorridere per la sua eccentricità ma, purtroppo, anche pensare.

I suoi maestri, neppure troppo occulti, sono Edward Lear (ma con meno nonsenso e paradossi), il Toti Scialoia delle poesie infantili, e forse in primis Aldo Palazzeschi e Gianni Rodari. Da non dimenticare gli influssi del cabaret, della canzone popolare alla Guccini, tanto per intenderci, infine dei personaggi eccentrici come Petrolini e Flaiano.

Un altro esempio del suo humour è Trauma dalla nascita:

Cianotico uscito dalla pancia

mi ha dato il benvenuto l’asfissia

neonato ho conosciuto l’ansia.

Io del grembo conservo nostalgia

al suono del battito cardiaco

fluttuavo in una danza lenta

senza avere fatto esperienza

della strettoia nel fondo dell’imbuto,

la vita presenta sempre il conto.

Cresciuto, ho un analista tondo

nel suo lettino cerco la placenta.

(att. questa è la versione originale, senza i mutamenti consigliati)

dove è evidente come, attraverso il filtro dell’ironia, emerga un disincantato autoritratto simile a un’anamnesi – tuttavia legato a temi profondi come il rapporto con la vita e la morte.

Ma la poesia di Roncarati non è solo giocata sulle “filastrocche cliniche”. Nelle sezioni successive a Psichiatria poetica e Poesia applicata tocca anche tematiche e registri diversi, dalla satira sociale rivolta a personaggi e atmosfere “ provinciali”, fino alla citazione letteraria: gustosi i riattraversamenti di poesie come di quelle -celeberrime – da Aldo Palazzeschi (Addio al Po) a Marino Moretti (Piovve a Cesena), da Giosué Carducci (Prostitute in duplice filare) a Eugenio Montale (Rovente muro d’orto). Molte sono le verità, anche spinose, che Roncarati fa guizzare attraverso il suo libro rapido e irridente: il desiderio tutto “umano” di vita delle colombe dei mosaici del Mausoleo di Galla Placidia o il Carpe diem satirico dedicato alle celebri strofe di Lorenzo il Magnifico contrappuntate da velenosi quadretti di costume. Ci colpiscono anche certi rovesciamenti parodici di celebri favole o tragedie, da Amleto a Cenerentola, come, appunto, la sua Cenerentola a Verucchio:

Ha calzato la scarpetta

e al castello di Verucchio

è chiamata per il ballo

Cenerentola, servetta

cui la magica bacchetta

una zucca ha reso cocchio

ed un topo, un bel cavallo.

Ma si schianta per la fretta

nella valle del Marecchia.

Delle perfide sorelle

forte s’ode la pernacchia.

in cui le aspettative del lettore vengono letteralmente spiazzate dal “finale cattivo” che sarebbe piaciuto a Edoardo De Filippo.

In conclusione, il libro di Roncarati ha freschezza ed energia e il suo “abbassamento” di tono, l’irreverente understatement, si adeguano perfettamente a una poesia che vuole essere, fin dall’inizio, marginale ma non fragile, opera di un “poeta non residente”, come ama definirsi lo stesso autore.

Credo, quindi, di poter chiudere questa breve nota con un testo di “minimo se non minimale” umorismo, ma, in ultima analisi, sottilmente malinconico: Rimini ristretta. Il protagonista è lo sguardo del poeta, analogo al volo del tempo che guarda tutte le cose umane dall’alto, creando una distanza irreversibile la cui conseguenza non può essere che l’ironia: celebri opere come il tempio Malatestiano o l’Arco d’Augusto e l’Amarcord di Fellini vengono da lui minimizzate, miniaturizzate, rimpicciolite e quindi rese un po’ ridicole, apparentandosi ancora una volta ai giochi infantili o ai plastici architettonici che all’osservatore comunicano il brivido dell’onnipotenza.

Si è ristretta Rimini

è diventata mini

che fatto ridicolo

col tempietto Malatesticolo

e l’archetto di Augustino.

I film belli di Fellini

sono ora dei filmini:

mezzo otto e un mezzanino,

Amarcord è un ricordino.

Non prova d’orchestra

ma d’un organetto

e d’un mandolino.

L. F.

Dipendenza dallo psicoanalista

Lo psicanalista non va in ferie

sarebbe imperdonabile mancanza

come per un dentista che con le carie

aperta ti lascia,va a casa e pranza.

Un maestro di sci nel fuoripista

si stanca, ti lascia alle intemperie.

Il mio se la può scordare la vacanza

se non fornisce motivazioni serie.

Se vuole il mare, prima mi guarisca.

Lo tengo chiuso a chiave nella stanza.

La rabbia

La rabbia è un cane vuole carne

morde la mano che gli porta il pane

con il morso gli trasmette il germe.

La rabbia è un nero corvo torvo

non perdona se riceve un torto

gracchia e becca il corpo di un morto.

Sincerità patologica

La sincerità mi vuole onesta.

non serve resistere mi espugna,

regna. Giù la testa ,il volto rosso

se mi azzardo a dire una menzogna.

Così resto costretta al ritegno

che in questi tempi è paradosso.

Io mosca bianca,il mondo è un ragno.

Dottore, mi dia la faccia tosta.

Normopatia

Abbiamo pensieri già pensati

ognuno appeso dentro alla mente

pronto all’uso come un indumento

nell’armadio, solo da indossare.

Per quanto poi riguarda i sentimenti

ci affidiamo al telegiornale

che trasmettendoci immagini cruente

ci mostra il mostro che è da odiare,

c’è poi la moda in obbedienza a Dio

di perdonarlo, buoni, per Natale.

Infine i consigli per gli acquisti

danno prove che il tripudio esiste

se l’intestino ritorna puntuale

vincendo la stipsi che fa tristi.

Noi si lascia tutte agli anormali

le ciarle degli psicanalisti.

da LA FATA FATUA, Co-edizione Alpes- CFR, Roma 2011

Nota bibliografica

Claudio Roncarati è nato a Bologna nel ’59 e vive a Cattolica. È psichiatra, psicoterapeuta e scrittore. Oltre che diversi scritti specialistici ha pubblicato una raccolta di racconti e poesie intitolato Manuale di psichiatria poetica (Alpes editore, Roma 2009) e un breve saggio sulla vita e l’opera di Dino Campana. È giurato e organizzatore del concorso insanamente: http://narrabilando.blogspot.com/2011/05/su-insanamente.html