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# contadino con cesta di fichi d’india di Salvo Caramagno

Quirino si svegliava all’alba e s’addormentava al tramonto. Faceva colazione con una ciriola immersa nel latte che riduceva in piccoli pezzi e si recava al lavoro nei campi. C’era il tempo in cui doveva dissodare, quello in cui doveva piantare o seminare e c’era il tempo della raccolta. E i suoi abiti andavano a seconda delle piante: in tempo di zucchini si vestiva leggero. Allo sbottare dei primi fichi si copriva un poco di più e all’arrossare delle mele metteva la giacca pesante. Sapeva dirti con qualche ora di anticipo se sarebbe venuto a piovere. Guardava in cielo, si girava su se stesso come annusando l’aria e pronunziava il suo verdetto. “Oggi facile che piove!” oppure “Oggi tutto sole!” Quando doveva acquistare qualcosa, lo faceva in base alla fiducia che la faccia del venditore gli dava. Bastava che guardasse in viso il verduraio o il carnazzaro per decidere se comprare o meno la merce che questi si vantavano di vendere. “io” diceva “sono uno che quando dice una cosa, è quella! Con me non servono tante storie… taratà e taratà, di sotto e di sopra… sei serio? Allora si fa!” Quindi c’era la fatidica stretta di mano, un sorrisetto appena accennato che voleva dire “allora siamo intesi” e l’affare era fatto. Poi venne (viene sempre, di tanto in tanto) il tempo in cui si doveva andare a votare per qualcosa, non si sa bene cosa. Non si sa bene cosa perché davvero, né la TIVVU’ né la radio avevano detto per cosa bisognava votare. C’era questa “votazione”… tutti ne parlavano dicendo “mi raccomando…” e guardando facevano la faccia grave. Ma se andavi chiedendo in giro, nessuno sapeva davvero per che cosa si andasse in quelle cavolo di scuole, e dentro le scuole, infilati dentro quelle cavolo di urne marroni strette come budelli. Lui, Quirino, si sarebbe organizzato. Avrebbe dato la pastoia alle galline prima degli altri giorni, avrebbe innaffiato quel che c’era da innaffiare e poi si sarebbe cambiato e sarebbe salito in paese proprio quando nei campi si sta meglio e il sole comincia piacevolmente a penetrare l’ossa. Ma pazienza! Queste sono cose che bisogna fare! Guai a non votare; magari si sarebbe venuto a sapere: il paesello è piccolo e gli scrutatori appunto, scrutano. Uscendo di casa quella mattina presto, proprio sul bel muro di faccia alla casa, vicino a Carmine il lattaio, trovò appeso un bel manifesto colorato. Non si poteva non notare, perché era tutto blu d’un blu attraente e in mezzo c’era una faccia. Quirino si avvicinò. In effetti, al centro del cartellone c’era il bel viso franco e gioviale di un uomo sulla cinquantina. Una bella testa pelata e la pelle rosea. I denti bianchissimi! “Che bel sorriso aperto e sincero!” pensò Quirino. Stando attento a non farsi vedere (ma l’ora era presta e non girava quasi nessuno) si avvicinò. Sul manifesto c’era scritto “Vota Ceccatti, per un’Europa più italiana!” Anche la frase lo convinse, perché voleva dire che ci si impegnava per far entrare più a fondo l’Italia in Europa. Poi Ceccatti… che ti devo dire, è un cognome che gli pareva di aver già sentito: onesto, signorile, ben portato. Se non avesse saputo il cognome, di sicuro avrebbe chiamato quel bel signore Ceccatti. E’ certo! “Ceccatti… Ceccatti” s’andava ripetendo, per fissarlo bene in mente. Poi vennero le cose di tutti i giorni, anzi anche di più. Vennero cose in soprannumero, alle quali con fatica tenne testa: la bolletta dell’acqua esorbitante, le pratiche per la pensione (manca sempre qualche pratica all’ente pensionistico. Pare quasi che si divertano a bruciare qualche documento per poterlo poi richiedere un po’ di tempo appresso…) La sera si addormentò con una gravezza tale sullo stomaco che gli pareva di aver mangiato amaro. In realtà sono tutte le cose che capitano che ti avvelenano la vita. Se l’esistenza avesse il ritmo degli ortaggi non ci sarebbero ansie e preoccupazioni. Ma gli uomini sono asini e si dimenticano le cose importanti per privilegiare quelle inutili. Ora avvenne che durante la notte quelli del partito avverso a Ceccatti sovrapponessero alla faccia di questo il loro candidato. Di nascosto svolsero il manifesto e lo incollarono di fretta preciso preciso sopra quell’altro. Quirino all’uscire di casa la mattina dopo, con il fresco sapore della ciriola ancora in bocca, guardò quel manifesto come se fosse una dolce rivelazione, rammentandosi del mattino precedente. “Ecco, giusto di quel signore mi devo ricordare quando andrò a votare”. Poi, avvicinandosi, fu invaso da qualche dubbio. Quella faccia che ieri aveva visto in un certo qual modo oggi gli appariva diversa. C’era sempre la calvizie, questo si. Ma ieri non aveva notato quella peluria sulle tempie e il volto gli sembra meno paffuto, anche meno schietto. “Ma sarà perché oggi è nuvoloso e ieri c’era già il sole…” si disse. Poi lesse lo slogan e in qualche maniera ne fu confortato, perché lo riconobbe. Diceva “Vota Coccetti, per un’Italia più europea!” “Ecco vedi! Era quello che si batteva perché l’Italia entrasse meglio in Europa… anche se io, personalmente, tutti sti vantaggi…” poi fu distratto da una crosta del pane rimastagli tra i molari.
(racconto inedito)

29/05/2009                                                                                                       Sandro Amici

 

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