Ci sono figure femminili anonime che con i loro piccoli gesti riescono in qualche modo a creare una cesura fra la morale del tempo in cui vivono e quella che dal loro atto scaturisce. Nel 1965 una giovane ragazza siciliana viene rapita, violentata e segregata per alcuni giorni da uno spasimante respinto. Al suo rilascio la società nella quale vive si aspetta che lei sposi il suo violentatore per “lavare” l’onta che ha subito, ma Franca Viola, questo il suo nome, si rifiuta di assecondare una consuetudine barbara legittimata dalle istituzioni. Scoppia il caso, la sua famiglia subisce intimidazioni e aggressioni, ma la giovane non cede e con la sua decisione sovverte un ordine sociale codificato, fino al punto di far cambiare la legge sul “matrimonio riparatore”.
Circa trent’anni dopo, nell’ultimo decennio del ‘900, un’altra giovane siciliana sarà la tragica protagonista di una vicenda paradigmatica per l’evoluzione della lotta contro i sistemi mafiosi. Rita Atria ha solo dodici anni quando la mafia le uccide il padre, modesto boss di quartiere in una piccola città in provincia di Trapani. Alla figura del padre sostituisce allora quella del fratello Nicola e a lui si lega con particolare affetto. Da lui riceve delle confidenze sulla cosca che ha assassinato il loro genitore, perché anche Nicola fa parte del “sistema”. Ma è quello che viene definito un “pesce piccolo” e al primo sgarro viene liquidato anche lui. La ragazza comincia a riflettere sulla questione mafia e, dopo l’uccisione del fratello, nonostante gli ammonimenti e le minacce decide di raccontare tutto quello che sa al giudice Borsellino. Rita viene trasferita a Roma dove, ripudiata dalla madre, vive in completa solitudine. Nella città sconosciuta la ragazza spera di poter superare la rabbia e l’infelicità per essere nata in una famiglia il cui codice morale è il silenzio e l’omertà; conosce un giovane col quale si fidanza, tiene un diario dove riversa l’amarezza per le conseguenze che il suo senso di giustizia le ha arrecato, testimonianza del suo crudele percorso per la lotta contro Cosa Nostra. L’unico contatto che le resta con il mondo della legalità è quello con Paolo Borsellino. Ma sopraggiunge un tragico evento: la strage di via D’Amelio, che le porta via anche questa consolazione. Con la morte del giudice Borsellino l’esilio di Rita diventa un deserto senza speranza; assalita dallo sconforto la giovane si uccide. Al suo funerale nessuno della famiglia, la solitudine va oltre la morte, raggiunge il dileggio quando la madre si reca sulla sua tomba e a colpi di martello ne frantuma la lapide. Ma il suo coraggio nella decisione di collaborare con la giustizia assume agli occhi della legge un valore particolare che darà vita ad una nuova figura giuridica, quella di “testimone di giustizia”, riconosciuta legislativamente con la legge 13/2/2001 n.45.
E’ da questa vicenda che prende spunto il film “La siciliana ribelle” di Marco Amenta, presentato al Festival del Cinema di Roma e accolto con grande calore da pubblico e critica.
Amenta ha presentato il suo film come “una storia universale di rottura contro la mafia”, prendendo le distanze da quelle pellicole e quelle fiction che rischiano di trasformarsi in un modello negativo. “In questo film sulla mafia- ha dichiarato – il boss mafioso non é l’eroe, non é un grande attore, bello, affascinante e coraggioso. Tutto il contrario, il racconto in prima persona di Rita, ragazza siciliana cresciuta in una famiglia mafiosa, ci mostra la realtà: le brutture, la vigliaccheria, la tristezza di questi “ uomini d’onore”. L’unica veramente coraggiosa è infatti Rita Atria che attraverso il suo esempio ha mostrato che é sempre possibile opporsi a un nemico che sembra invincibile.”
Il regista palermitano registra al suo attivo il docufilm “Il fantasma di Corleone”, che ha vinto numerosi premi e che è stato venduto anche a tv estere, e il lungometraggio “L’ultimo padrino”. Con “La siciliana ribelle” entra nel circuito del cinema internazionale. Intanto ha comprato i diritti del libro “Il banchiere dei poveri” del premio Nobel per la pace Junus ed ha ottenuto il finanziamento per svilupparne la sceneggiatura e farne il suo prossimo film.
Ovviamente la foto della finta Franca Viola, patinata e truccata da top model in alto in B/N, immagino che sia tratta dalla Soap-Opera “Sarò Franca” in programmazione sulla RAI… eh eh.
Scherzi a parte, ottima segnalazione….
:-DD
della soap non so nulla,la foto è una scelta casuale
ciao,anna
Il tema trattato, oggi alla ribalta delle pagine dei giornali, come ieri del resto, dei media, delle aule di giustizia,spesso in ritardo rispetto alla realtà del fatto, evidenzia ciò che anche altri casi hanno segnalato, la singolarità dell’evento. Singolare e singolo è l’individuo che osa, che si pone a bastione e non cede, ma,oltre al coraggio, servirebbe anche il supporto della collettività tutta, la coralità davvero. Grazie,ferni
una storia davvero tremenda, quella di Rita, tragica e commovente, ma la forza che emana dalla sua figura le sopravvive – continuare a parlarne è un modo per smuovere le coscienze
marina
Ricordo la vera immagine di Franca Viola, perchè il caso fece un tale scalpore che quotidiani e riviste continuarono a parlarne per tanto tempo.
Per Rita Atria rimane un amaro ricordo di solitudine, poichè con la morte di Borsellino si è trovata allo sbaraglio in una situazione tremenda….impossibile comprendere, prima di tutto, il comportamento, la mancanza di coraggio e l’accanimento della madre.
Un nome quello di Franca Viola che non dimenticheremo. Sandra
Io credo che il travaglio interiore per l’ostruzionismo esercitato dai familiari in primis, nonché l’ostico comportamento che compendia: giudizio-condanna-disprezzo, solo chi è siciliano può comprenderli.
Si tratta infatti di una cultura di sottosviluppo che si nutre di radicate regole che -devono- esistere se in terra di Sicilia si vuol vivere.
Tutto ciò è deprimente se si pensa alla solarità che effonde quell’isola.
..ne parlo con cruda obiettività.
A proposito del regista Marco Amenta ..a lui vanno i miei complimenti per il lungometraggio “L’ultimo padrino”.
L’avevo visto diversi anni fa, ed è talmente ben fatto che conto di cercarlo per rivederlo. Spero proprio di trovarlo.
Un saluto a tutti/e , e un bacio ad ogni ragazza siciliana
Rina
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Mi colpì tremendamente la storia di Franca Viola e mi colpì altrettanto la storia disperata di Rita. Donne da ricordare per sempre. Che almeno la MEMORIA di queste storie non venga mai corrotta, distorta, manipolata da chi, per qualche motivo, potrebbe tentare di farlo. Ainoi, il mondo è fatto così.Che non manchi mai alle donne l’energia per combattere i soprusi.Che non manchi MAI.
lucetta
Grazie a Nuska e ad Anna Maria Bonfiglio
Grazie, Annamaria, per raccontare questa bellissima e tristissima storia che non conoscevo. Eppure, nonostante la tragica vita e la tragica morte della protagonista, c’e’ un profumo di speranza, una luce che ci fa credere nel futuro. Fino a che esistono anime cosi’, ogni cosa puo’ essere sfidata e, finalmente, abbattuta.
Un piacere ritrovarti e leggerti.
Un carissimo saluto,
daniela