In un desiderio eterno
-in un dolore eterno-
essi tutti scorticati
rosi erano a metà,
dalle rivelazioni,
della dispietata dottrina.
E guardavano,
guardavano in un modo continuo e intollerabile
( nell’atteggiamento della prosternazione)
quel luogo delle sabbie – e della paura:
il cielo era di altezza smisurata,
vi era una lebbra pallida
– e con una vaga idea di immolazione…
VILLA DOMINICA BALBINOT
“profonda, molto molto profonda eppur leggera”.., scusa mancavano i miei riferimenti..
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
Sacrificate parole, nelle sabbie respiriamo l’aria che manca, il cielo è una speranza, forse, eppure oggi mi riesce difficile intravedere luce.
Tiziana
Il dolore scarnifica la tua poesia, si beve ogni luce, la spegne dentro, resta senza causa, senza domande, senza risposte- Ogni rivelazione è condanna.
La salvezza, taciuta e supposta , è nelle parole che certcano verità, comprensione, condivisione.
Narda
molte grazie a : lallaerre. claudia sogno, valeriu d. g. barbu, tiziana tius, simona scarioni, marina raccanelli
gentile roberto: sprofondando sprofondando si torna a galla più leggeri ( forse forse ehh….
ciao.. un caro saluto a te
gentile Tiziana Tius, apprezzo le considerazioni che fai sulle mie parole, grazie a te
trovo veramente “pregnante” , cara Narda, la tua affermazione “ogni rivelazione è condanna” straordinaria davvero, e ricca di consueguenze concettuali all’infinito , incredibile…
grazie, grazie a te
un grazie a Patrizia
Cara Dominica, ci son voluto tornare in questo tuo inferno-apocalisse-(i tempi pare che siano quelli giusti, oggi è – l’ennesima – vigilia della “fine del mondo”), in cui ci sono un’infinità di mescolanze letterarie ( ovviamente Dante, ma anche il San Giovanni (?) dell’Apocalisse, ma anche Poe e Baudelaire, ma anche l’ultimissimo tremendissimo vecchissimo Montale della poesia-fogna, “straccia i tuoi fogli, buttali in una fogna”, e della lotta tra i due Luciferi, una guerra infinita, senza tempo di sorta, tutto a danno degli umani, e poi la danzatrice che si brucia le ali. La pena la soffriamo qui, sulla terra, e non abbiamo una storia di quando il disastro sia iniziato, cara Dom. E poi dicevo Baudelaire, che ha sempre la vertigine, un po’ come te , l’uomo che si sente un abisso, l’orgoglio la noia e il fondo del cuore che è imparagonabile incomunicabile increato assurdo inutile abbandonato nel più totale degli isolamenti costretto a portar il suo fardello , condannato a giustificar da solo la sua esistenza, sempe a fuggir via , a sgusciare dalle sue proprie mani , ripiegato nella contemplazione e in pari tempo proiettato fuori di se stesso , in un inseguimento infinito, un abisso senza fondo, senza pareti, senza oscurità, un mistero in piena luce, imprevedibile e pur perfettamente conosciuto. Per tutta la vita Baudelaire ha cercato l’infecondità, diceva Sartre , e nel mondo che lo circondava solo le forme dure e sterili dei minerali han trovato grazia ai suoi occhi , come nei “poemi in prosa”. Lui amava solo le cose rare, uniche. “Amo ciò che mai sarà veduto due volte”.
Ecco, in queste tue visionarietà, c’è sempre qualcosa di ” unico”, anche se i modelli e motivi diciamo che suggeriscono l’ispirazione sono molteplici.
Avrei voluto trovare ( ma lo troverò prima o poi ) un commento assai originale dell’Apocalisse nientemeno che di Lawrence ( parlo dell’autore dell’amante di Lady Chatterley- sic!) che comprai da ragazzo e rilessi più volte, ma ora – ahimè – l’ho dimenticato. Ci sono dei tuoi versi che me lo rammentano. Ma te ne parlerò in qualche altra occasione.
A presto.
Augusto
caro Augusto: che bella sopresa, sotto tutti i punti di vista questo tuo intervento: talmente “bello” che preferisco rispondere con un essenziale mio graze, senza cercare minimamente di rispondere in qualche modo a tono.. grazie a te, appunto