Tag

, , , , , , , , ,


angelica

L’otto settembre è “il compleanno” di Ludovico Ariosto, una ricorrenza che da parecchi anni viene svolta nel suo ricordo alla casa materna di Reggio Emilia, il piccolo gioiello del Mauriziano, sulla via Emilia che da Reggio porta verso Modena. Anche quest’anno si riaprono le porte del monumento storico per una giornata dedicata all’opera  del poeta Cinquecentesco per “Se voi mi date orecchio” organizzata dal Comune reggiano con l’associazione Eutopia. Parte del leone la farà la poesia che si interrogherà anche sull’eredità lasciata dal creatore dell’Orlando furioso, costruzione elaboratissima di metrica e trama fantastica che ha attraversato fin da subito la sua epoca per le rime, i personaggi e le intrecciate vicende che lo costruiscono. L’Orlando Furioso è un’opera corale, lo si legge immediatamente, ed è ricchissima di personaggi femminili. Elencarle tutte, fra principali e secondarie, da luogo ad una lista lunga e appena capace di contenere  le storie che esse portano entrando ed uscendo continuamente dalla trama della storia. Angelica, la regina del Catai, bellissima fra le belle e straordinariamente rivoltosa, è il personaggio che maggiormente nei secoli ha catturato attenzione. La sua creazione è un lascito dell’Orlando innamorato del Boiardo che Ariosto ha riscritto e l’ha resa  motore del muoversi dell’azione nei primi capitoli per lasciarla poi nei capitoli centrali ad avventure straordinarie. E alla fine  farla aprire ad un amore inimmaginabile con il saraceno Medoro. Angelica ha momenti di alta lirica (come nel suo canto alla fortuna contraria o le sue lamentazioni all’isola di Ebuda) e l’occhio critico ha su di lei preso interpretazioni a seconda della parte della storia che si vuol fare emergere. Dall’anticonvenzionalità del suo fuggire impavido e solitario, all’elogio sulla bellezza femminile giovanile e capricciosa a cui cade ogni uomo che ne viene toccato; fino alla definizione protofemminista del suo carattere che sceglie un uomo dalla personalità più mite come compagno per non avere dominio sulla sua vita. In mezzo a queste note, che ne propongono forse una modulazione estremamente voltata allo stereotipo di cultura maschilista (la bella bellissima giovane capricciosa in fuga dal desiderio maschile) è mancante la parte “dolorosa” di Angelica, straniera su una terra continuamente in guerra, che cerca di tornare alla propria casa e ai propri affetti, che si interroga sul caos del mondo nella lamentazione alla fortuna contraria e che non sceglie di innamorarsi a caso di Medoro, ma trova nel cuore la strada della fiamma verso uno di pochi personaggi che si mostra di carne ed ossa, ferito e indifeso in una strage di armi e armate. Medoro è bellissimo come Angelica ed è straniero in terra straniera come lei. Sono due personaggi fuori dal coro di paladini (e paladine bradamantine) che si scelgono a vicenda.
Lettura a parte dai saggi critici su di lei e sull’intera opera del Furioso, non è difficile immaginare come l’incanto del suo personaggio abbia catturato molte riscritture già nell’immediato della sua diffusione, come nel testo barocco dell’Angelica in Ebuda di Gabriello Chiabrera. Interessante  anche il breve saggio su Angelica di Carolina Pernigo reperibile on line che  elenca la letteratura prodotta su di lei negli ultimi centocinquant’anni, citando fra l’altro la saga di Angélique dei coniugi Serge e Anne Golon, il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Small Word di David Lodge, Angelica’s Grotto di Russell Hoban,  Il sorriso di Angelica (2010) di Andrea Camilleri e proponendo anche altri testi come Affari d’amore (2012) di Patrizia Violi e Revolver di Isabella Santacroce.

0001 (8)

 

 

frammenti da L’Angelico abbacinare
di Simonetta Sambiase

 

MEDORO

I.

Mi chiamano la rara, il premio, la fuggitiva, la dura, la fredda, la colonna di alabastro, la senza calore, la sdegnosa, Diana in scena, Venere chiedente, la speranzosa.
Mi han chiamata la custode avventata del fiore virginale, la sospirante, la gemente, la cavallerizza, l’avvampata di dispetto e d’ira, la sfuggente, la triste, la supplicante, la debole e la gagliarda, l’esule che levar terra vorria, la gentile, la paurosa, la timida, la piangente, la sconsolata, la tormentata.

Dicono di me che son l’esule, la vagabonda, la pudica impudica, la disperata, l’afflitta e la sbigottita, la molestata, la sdegnosetta, la tinta di rossore, la narcotizzata, la rapita, la sfortunata, l’oppressa, l’incatenata, la prigioniera in roccaforte, l’ignudata, la messa in catena su una fredda pietra, la mezza morta di paura, la supplicante, la mortificata.

Hanno detto di me che son la stupita, l’allegra, l’incredula, la celata, la nascosta, la mimetizzata, l’errante, la solitaria, l’incostante, la beffarda, la sfacciata, la canzonatrice, la stanca, l’invisibile, la solitaria, la turbata, la dolente, la malcontenta, la nascosta.

Ma io di me, ora che ho ti ho incontrato, ti dico che sono la pietosa, l’insolitamente ferma, la tenera, la molle, la samaritana, l’infermiera, la sanatrice, l’intenerita e alla fine di tutti gli aggettivi che mi hanno graffiato addosso, l’innamorata.