Italia Donati, “maestrina”: prossimamente un film su una storia da “caccia alle streghe” nella campagna toscana di fine Ottocento
il primo di giugno 1886, siamo sulle colline del Montalbano, sopra il Padule di Fucecchio, quando, alle prime luci del giorno, viene notato un cadavere sul fondo di un bottaccio. Si accerterà il suicidio per annegamento di Italia Donati, giovane maestra, insegnante dal settembre 1883 nel vicino paese di Porciano, Comune di Lamporecchio, Circondario di Pistoia, allora Provincia di Firenze.
Un bigliettino, rinvenuto nella tasca di un grembiule rosso abbandonato nelle vicinanze, rivela le ultime volontà della defunta, fra queste la richiesta di una visita medico-legale che, post mortem, ne accerti la verginità, come poi verrà fatto ed acclarato, smentendo così clamorosamente la vox populi che, da ormai tre anni, la bollava come amante del suo datore di lavoro, il Sindaco di Lamporecchio Raffaello Torrigiani, a sua volta accusato, da una lettera anonima, di averla anche indotta ad un aborto.Il tragico fatto, emblematico del disagio delle deamicisiane “maestrine dalla penna rossa” che costituirono il nucleo più consistente degli insegnanti italiani e fra le quali si contarono non pochi suicidi, ebbe ampia risonanza a livello nazionale: approfondite inchieste apparvero sul “Corriere della Sera” a firma del “redattore viaggiante” Carlo Paladini, ed anche Matilde Serao scrisse per il “Corriere di Roma” un lungo articolo dal titolo Come muoiono le maestre. (1)Nel 2003 Elena Gianini Belotti ha riproposto questo caso in un bel libro (2) dal quale si progetta, con l’ausilio delle istituzioni locali, una trasposizione cinematografica che dovrebbe realizzarsi per l’anno prossimo. (3)
E’ il primo gennaio del 1863 che a Cintolese, Comune di Monsummano, allora Provincia di Lucca, viene alla luce Italia: lo stesso nome di uno Stato giovane, nato appena due anni prima. La famiglia di Italia è numerosa, il padre è un povero “granataio”, mestiere tipico di una zona densa di erbe palustri.
Crescendo Italia dimostra volontà ed intelligenza ed il suo insegnante Baronti convince la riluttante famiglia a farla studiare per maestra. Con gran sacrificio, circondata dall’ invidia e dalla diffidenza di fratelli e sorelle e di una comunità astiosa che non vuol gioire della sua opportunità di uscire da una grama condizione subalterna, riuscirà, dopo un fallito tentativo a Lucca, a ottenere l’agognata “patente” a Firenze: con essa ecco arrivare il tanto atteso primo incarico a Porciano.
La ragazza dovrà innanzitutto presentarsi al Sindaco, infatti in quel tempo l’insegnamento era affidato ai Comuni, obbligati in seguito alla legge Coppino del 1877, varata dal governo della Sinistra Storica, ad istituire una scuola in ogni consistente frazione del loro territorio: il consiglio comunale deliberava le assunzioni, ma in pratica le maestre venivano scelte dai sindaci, che potevano rinnovare o disdire gli incarichi e che non sempre erano onesti nel loro agire.
Sovente si tendeva a risparmiare sulle spese scolastiche ed il lavoro di una maestra, specie nei comuni rurali, non era certo facile: malpagata, doveva, con scarsissimi sussidi didattici, insegnare a pluriclassi miste, sovente sovraffollate, in locali d’affitto spesso angusti, bui, non riscaldati e malsani. Le “maestrine” erano poi generalmente malviste dai parroci ai quali era stato tolto l’insegnamento, (con il relativo sussidio) fino ad allora impartito ai soli maschi, in locali parrocchiali, inoltre, e soprattutto, non erano ben accolte dai paesani, che avevano in odio quell’obbligo scolastico che sottraeva i figli al lavoro dei campi e che poi non tolleravano che una donna, sola e lontana da casa, avesse una benché minima autorità.
Il Sindaco di Lamporecchio, Raffaello Torrigiani, ricco possidente con fama di donnaiolo impenitente, rivolge quindi il benvenuto a Italia invitandola a pranzo nella sua Villa di Papiano, dove abita con la moglie Maddalena, sposata solo in chiesa, e l’amante Giulia De Michelis, con le rispettive figlie.
Durante il desinare la ragazza chiede al Sindaco se potrà trovare da affittare un appartamento vicino alla scuola, ma il volitivo Torrigiani, “generosamente”, ma risolutamente, le offre ospitalità nell’ampia sua Villa, facendole notare che essa dista solo un paio di chilometri dalla scuola di Porciano: Italia risparmierà sull’affitto, insegnerà alle due figlie di Giulia, già grandicelle, e così potrà mandare più soldi ai genitori.
A niente servono i pretesti addotti dalla ragazza per declinare l’insidioso invito. Italia, anche velatamente minacciata di un mancato rinnovo dell’incarico, deve quindi accettare: pensa soprattutto ai bisogni della sua famiglia, alla quale chiederà, inascoltata, l’affidamento di una nipote da tenere con sé, per precauzione, a Papiano. La presenza dell’ emancipata maestrina nella Villa del potente Sindaco susciterà da subito, nella gente del contado, invidia e intolleranza, poi notevole ostilità, in un crescendo di ritorsioni e isolamento.
Indicata al pubblico ludibrio come “seconda concubina” del Torrigiani, Italia saprà, ma solo qualche tempo dopo, del non incoraggiante precedente di Vittoria Lastrucci, anch’essa maestra di Porciano e ospite in casa del Sindaco, sottrattasi con la fuga ad insistenti avances e, dopo varie vicende, licenziata.
Inoltre Italia, molto giovane, si dimostrerà anche abbastanza sprovveduta accettando ad esempio, più volte, di far compagnia a Giulia sulla carrozza del Torrigiani che ama ostentare il suo potere sfilando di domenica lungo l’affollato corso principale di Lamporecchio. Quando il Sindaco si vanterà con gli amici di averla baciata, la voce sulla dubbia moralità della maestrina raggiungerà anche Monsummano suscitando perplessità persino nella sua famiglia.
Italia risponde gettandosi con passione e competenza nel lavoro, tanto che l’incarico le verrà per ben due volte confermato, si prodiga per la gente durante l’epidemia di tifo del 1884, ma l’isolamento cresce e le restano poche persone su cui può confidare: il sarto Fanti, il brigadiere dei carabinieri Giannini, ambedue segretamente innamorati di lei, l’anziano locatore dell’edificio scolastico, il medico condotto ed il farmacista di Lamporecchio.
L’infame lettera anonima sul presunto aborto fa precipitare la situazione: Italia, indagata dalla Procura del Re, proclama ai quattro venti, in vari modi, ma inutilmente, la sua innocenza. Infine richiede alle varie autorità una visita medico-legale che ufficialmente ne accerti la verginità: nessuno su questo piano potrà aiutarla.
In tal senso incontra anche l’Ispettore scolastico del Circondario di Pistoia nella persona di Renato Fucini, famoso autore de Le Veglie di Neri, un cui libro di testo per le scuole, Il mondo nuovo, è adottato anche a Porciano. Fucini, pur abitando in quel tempo a Pistoia, ben conosce la zona: la sua avita dimora di campagna è a Dianella, vicino Vinci, a poca distanza da Porciano, ed in Valdinevole è amico di personaggi importanti, innanzitutto Ferdinando Martini, ma anche del Sindaco Raffaello Torrigiani. L’Ispettore, al pari del Consiglio Comunale, le riconferma la fiducia professionale, ma in fondo, come nota la Giannini Belotti, sembra anche lui dubitare della sua condotta morale: infastidito si limita a consigliarle un trasferimento, ma intanto, discretamente, fa svolgere un’inchiesta sulla sua vita privata. (4)
In seguito, mentre il Sindaco si dimette, Italia riesce finalmente ad avere accanto a sé una nipote, poi ad uscire dalla Villa di Papiano, spostandosi in una casa vicina alla scuola, ed infine ad ottenere, per l’anno successivo, il trasferimento alla scuola di Cecina, vicino a Larciano. Ma alcune lettere anonime le attribuiscono ora una nuova relazione, questa volta con il figlio del locatore, mentre altre, giunte da Cecina, già la bollano come “avanzo dei porcianesi”: ossessionata e stremata non vedrà altra via d’uscita che il suicidio!
Il suo illuminante dramma suscita profonda reazione nella tardivamente pentita opinione pubblica locale: Porciano ora piange per il linciaggio morale a cui l’aveva sottoposta e aiuta i Donati a trasferire la salma nel cimitero di Cintolese. Il funerale predisposto dal Comune è imponente: in prima fila gli alunni cui Italia aveva voluto bene. La lapide è donata dal “Corriere della Sera” ed il Ministro della Pubblica Istruzione approva un sussidio per i genitori della defunta. Ma la memoria di Italia Donati, almeno in ambienti femminista e/o scolastico, non è morta, spesso il suo nome ricorre in convegni di studio e da poco più di una decina d’anni le è stata intitolata la scuola primaria di Cintolese.
Una vicenda d’altri tempi, quella d’Italia, in cui la condotta morale di una fanciulla, aveva, in ogni senso rispetto ad oggi, un altro peso…ma non fino in fondo: non sta ad esempio riaffiorando ultimamente, con l’estendersi del precariato, il problema della ricattabilità sul posto di lavoro?
Carlo Onofrio Gori
1) Cfr. Elisa Bonadimani, La figura del maestro elementare nel romanzo di scuola in Italia dal 1860 al 1920. Ricostruzione del profilo sociale e culturale del maestro italiano attraverso la letteratura e le riviste pedagogiche nel sessantennio liberale, Università degli Studi di Bergamo, Dottorato di Ricerca in Scienze Pedagogiche, Dipartimento di Scienze della Persona, 2008-2009.
2) Mi informa di ciò Carlo Vannini, Bibliotecario di Monsummano, e me lo conferma la sig.ra Caterina Pani che si occupa del progetto.
3) Elena Giannini Belotti, Prima della quiete. Storia di Italia Donati, Rizzoli, 2003. Il libro, come afferma l’A. è stato scritto anche sulla scorta di un documentato articolo del Prof. Enzo Catarsi, Il suicidio della maestra Italia Donati, in “Studi di Storia dell’ Educazione”, 3, 1981, pp. 28-55.
4) Nel racconto la La maestrina, pubblicato postumo nel 1921, Fucini descrive una vicenda, solo per alcuni aspetti, simile a quella della Donati: cfr. Renato Fucini, Tutti gli scritti, Trevisini, 1961, pp. 166-175.
Riproduzione dell’articolo di Carlo Onofrio Gori, Italia Donati, suicidio di una “maestrina”, in “Microstoria”, n. 66 (ott.-dic. 2010)
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Note biografiche:
Carlo Onofrio Gori, pratese, laureato in Materie Letterarie all’Università di Firenze con una tesi di storia del movimento operaio italiano, è stato dal 1978 al 2007 Bibliotecario alla Forteguerriana di Pistoia, città nella quale abitualmente risiede.
Nel corso del suo trentennale impegno presso la biblioteca si è occupato, rispettivamente: della Sezione Ragazzi, dell’organizzazione della biblioteca-archivio del Centro di Documentazione di Pistoia, uno dei più importanti d’Italia, di informazione e documentazione e di altre attività con particolare riferimento alla storia locale, alla didattica della Resistenza, alle pubblicazioni periodiche ed a vari progetti: Jules Verne (storico-scientifico per ragazzi, Per la pace, Per l’ambiente, Leggere fa bene (anziani) Libro parlato (non/e/ipovedenti), Policarpo Petrocchi (linguistico-letterario-storico), Cinquantenario Resistenza, Sessantenario Resistenza. Ha, tra l’altro, pubblicato, curato o collaborato ai volumi: Catalogo dei periodici della Biblioteca del Centro di Documentazione, Pistoia 1983, Per la pace, Pistoia 1986, Per l’ambiente, Pistoia 1987, Le riviste del Sessantotto: schede 1967-1969, Pistoia 1990, Politica e movimenti: 1966-1996, Pistoia 1997; Le riviste della contestazione 1967-1969, Pistoia 1989; Le culture del Sessantotto: gli anni sessanta, le riviste, il movimento, Brescia 1989; Il bombardamento aereo di Pistoia del 24 ottobre 1943, Pistoia 1995; Guida ai monumenti della memoria, Pistoia 1995; Le riviste degli anni Settanta: gruppi, movimenti e conflitti sociali, Bolsena 1998, Resistenza nazionale e locale: apologia o libera ricerca. Le Fonti ed i metodi della ricerca storica, Pistoia 2003, La CNA e gli imprenditori artigiani. Documenti e appunti per una storia pistoiese (Pistoia, 2003), Atti del convegno di studi In onore di Policarpo Petrocchi (Pistoia-Prato, 2005), Guida ai monumenti della memoria nel Comune di Pistoia (2. ed.), Pistoia 2005, etc. Alcuni suoi lavori catalografici, segnalati anche sul sito Internet di Railibro, sono annoverati fra i più accreditati repertori internazionali di storia delle pubblicazioni periodiche dei movimenti politici e sono stati acquisiti dalle più prestigiose biblioteche ed istituti di ricerca italiani ed esteri. Interessandosi poi in particolare ai periodi del Risorgimento e della Resistenza, ha collaborato e collabora a varie riviste, tra cui attualmente a: “Camicia Rossa”, periodico nazionale delle associazioni garibaldine; a “Patria indipendente”, organo nazionale dell’ANPI , a“Storialocale”, dell’associazione culturale pistoiese Storiaecittà, a “QF-Quaderni di Farestoria”, dell’ Istituto storico provinciale della Resistenza, a “Slavia”, rivista trimestrale di cultura dei popoli slavi, al “Notiziario del Circolo Fotografico il Tempio” e soprattutto alla rivista di storia toscana “Microstoria”, pubblicata a Firenze da Nuova Toscana Editrice. Su queste riviste e su alcuni siti web (ha pubblicato tra l’altro vari articoli di storia toscana, ed a personaggi come Niccolò Puccini, Giuseppe Civinini, Policarpo Petrocchi, Ferdinando Martini, Berto Ricci, Bruno Fanciullacci, Leda Rafanelli, Fortunato Picchi, Silvano Fedi, Manrico Ducceschi, Pulvio Gargini, Giovan Battista Lulli, i Macchiaoli, ecc. e di avvenimenti quali la presenza francese in Toscana, i rapporti di Garibaldi con Pistoia, il “Biennio rosso”, la marcia su Roma ed altri episodi del fascismo pistoiese, le vicende dei pistoiesi nella “Divisione partigiana Garibaldi” in Jugoslavia, la storia corpo di spedizione brasiliano FEB, la Resistenza pistoiese e la presenza di partigiani toscani nell’Esercito di Liberazione alla Battaglia del Senio, la storia della CNA pistoiese in occasione del suo Cinquantenario, etc. Ha tenuto e promosso, anche in ambito nazionale, con successo di pubblico e di critica, presentazioni di libri, mostre e varie Conferenze su fatti e personaggi oggetto delle sue ricerche, come, tra l’altro: Le riviste del Sessantotto (Pistoia 1990); Alle origini del trasformismo: politica e società in Italia nel Secondo Ottocento. Il caso di Giuseppe Civinini (Pistoia 2000); Celebrazioni nazionali per il Centenario della nascita e il 150° della morte del lessicografo e letterato pistoiese Policarpo Petrocchi (e cura e pubblicazione degli Atti con Andrea Ottanelli, Prato-Pistoia, Gli Ori, 2005); preparazione e svolgimento del Convegno toscano Resistenza nazionale e locale: apologia o libera ricerca? Le fonti e i metodi della ricerca storica (e cura e pubblicazione degli Atti, Pistoia, Proteo, 2003); Ferdinando Martini (Monsummano T., 2003); Manrico Ducceschi “Pippo” (commemorazione ufficiale, Pian di Novello, 2005); Resistenza e Liberazione. Diciotto percorsi di lettura e fruizione multimediale (Pistoia, 2004-2005); Ungheria 1956-2006 (Pistoia, 2006); La guerra civile spagnola (Pistoia, 2006); Petrocchi digitale (Pistoia, 2007); Intellettuali pistoiesi nell’Impero russo (Pistoia, 2009); La piccola storia, la grande storia. I casati Magnani e Bellini delle Stelle tra Massa e Cozzile, la Valdinievole e l’Italia (Massa C., 2009); Gli autori raccontano. Giuseppe Giusti: e trassi dallo sdegno il mesto riso (Massa C., 2010), Il demonio in Valdinievole, (Pistoia, 2010), etc. Ha recentemente curato la pubblicazione sul Web e la presentazione della versione “digitale” di documenti ed opere di Policarpo Petrocchi, progetto finanziato dall’Unione Europea. E’ socio di varie associazioni storiche e culturali, dell’ AVNRG, dell’Istituto storico della Resistenza, ed è tra i fondatori della pistoiese “Associazione Culturale Proteo” e dell’ “Associazione Culturale Prometeo Pistoia”. Dal luglio 2007, dopo aver partecipato alle fasi dell’allestimento, dell’inaugurazione e dell’avvio della nuova Biblioteca comunale San Giorgio, ha lasciato per pensionamento il lavoro.
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Per contatti personali:
cog@interfree.it
http://historiablogori.splinder.com/
maria gisella catuogno ha detto:
Non conoscevo questa drammatica vicenda, pur essendo nel mondo della scuola e non lontana dai luoghi della “persecuzione” alla povera Italia! Grazie dunque all’autore e a Paola che ha pensato (bene) di proporcela.
marinaraccanelli ha detto:
una storia, questa, davvero emblematica sotto tutti gli aspetti; la vicenda finì in tragedia per Italia Donati e altre, ma per tutte le maestre della neonata Italia il lavoro e la vita furono una lotta strenua e quotidiana.
Partivano dal nulla, senza sussidi didattici, con alunni che parlavano incomprensibili dialetti, figli di analfabeti: la lingua italiana era parlata solo in Toscana e poco più, l’analfabetismo era oltre al 90 per cento.
Perfino le classi sociali medio-alte, che sapevano scrivere in italiano (ma quello letterario) non lo parlavano. E’ a queste modeste ma energiche “maestrine” che dobbiamo la diffusione della lingua italiana parlata e scritta, e la lotta contro l’analfabetismo non sarebbe mai stata vinta senza di loro!
marina
clelia pierangela pieri ha detto:
Nulla da aggiungere, se non ringraziare. Ho letto con vero interesse.
Grazie.
c.
antonella pizzo ha detto:
Povera donna, vittima delle maldicenze ma più d’ogni cosa vittima dell’ignoranza e dell’invidia degli uomini, di quegli uomini che non tolleravano che una donna potesse avere autorità e cultura e potesse insegnare. Assolutamente non conoscevo questa storia finita così drammaticamente. Mi chiedo se hanno già fatto il film.
donatellarighi ha detto:
“Come muoiono le maestre”, come intitolava la Serao, sarebbe un articolo attualissimo! E mi ha pure fatto sorridere.
Cito dal post:
“Sovente si tendeva a risparmiare sulle spese scolastiche ed il lavoro di una maestra, specie nei comuni rurali, non era certo facile: malpagata, doveva, con scarsissimi sussidi didattici, insegnare a pluriclassi miste, sovente sovraffollate, in locali d’affitto spesso angusti, bui, non riscaldati e malsani. ”
Oddio, direi che nel 1800 la situazione non si discostava molto da quella attuale. Le maestre di oggi versano nelle medesime condizioni: malpagate, costrette ad acquistare di tasca propria i sussidi didattici o a fabbricarseli con materiale di recupero, obbligate a essere “uniche” in classi che arrivano a sfiorare i 30 alunni, pluriclassi nel senso della eterogeneità estrema degli individui che le affollano e i locali, be’, lasciamo perdere, spesso collocati in edifici di epoca ancora precedenti la maestrina toscana…
Anche la storia personale di Italia Donati fa rabbrividire, perché altro non è che un’ennesima e datata vicenda di stalking. Niente di nuovo sotto il sole, le donne sono ormai avvezze a tali trattamenti.
Fa male sapere che per quasi due secoli poco o nulla è cambiato nella sostanza.
margherita ealla ha detto:
W le maestre! che lavorano al meglio in un sistema che non supporta il loro lavoro. W le maestre che adddirittura, come da fatto recente, arrivano a saltare la mensa a rotazione (e vengono pure richiamate all’ordine !?) per fare usufruire il pasto ad una bambina (guarda caso extracomunitaria…) altrimenti esclusa.
Ringrazio anch’io per questo post e, riallacciandomi al commento di Donatella che mi precede, mi viene da dire che sì, cambia il termine (adesso è stalking) ma questo “trattamento” alle donne, tanto più se “senza protettori” perché autonome, si ripete spesso. Poi se guardiamo alle cronache…
massimo ha detto:
Nessuno mai nomina la responsabilità delle donne sulle donne. Ho perso l’amore della mia vita a causa di una donna malvagia che ha “sputtanato” in un piccolo paese di montagna il mio delicato amore. Le ha tolto l’anima, e ora rischia molto, nomina la storia tragica di Italia Donati.
Che poi la donna malvagia fosse la mia ex moglie, poco importa, lo riferisco solo per correttezza.
Nessuno mai denuncia questo? E se viene da un uomo tale denuncia possibile che il pregiudizio delle donne renda meno grave tali atti? Una sequela di molestie è una molestia, da qualunque parte arrivi.
Scusate lo sfogo, con le lacrime agli occhi.
Un’anima, di uomo, persa
carlo o. gori ha detto:
Ringrazio la bravissima Paola Lovisolo per aver nuovamente e gentilmente voluto pubblicare anche questo post dal mio blog “principale” //historiablogori.splinder.com (ho in “costruzione” su blogspot.com un blog dal titolo provvisorio //goriblogstoria)
Ringrazio anche le Signore che hanno così bene commentato: è una vicenda d’altri tempi, ma oggi purtroppo, al di là di quel contesto, sembrano riproporsi certi aspetti essenziali qui sopra dalle commentatrici ben sottolineati. Ho scritto questo articolo su Italia per la rivista toscana “Microstoria” prima che si fosse di nuovo costretti ad assistesse nelle cronache attuali alle miserie della “nostra” ricca classe “dirigente (?)”, ma avevo purtroppo già ben presenti l’odierno riproporsi di tematiche come la difficoltà di giovani e donne “per” e “nel” lavoro, la ricattabilità, le violenze antifemminili, l’ignoranza da “Bar sport” con i conseguenti “abusi della credulità popolare”, ecc. ecc.
Leggevo prima, da appassionato di storia, su it.paperblog.com un bel post di Maria Gisella Catuogno su Pietro Gori che così si conclude: “Pietro Gori continua a vivere nel cuore di chi, pur vivendo nell’epoca della globalizzazione e quindi in condizioni storico-economiche e politico-culturali completamente diverse da quelle di un secolo fa, continua a credere nei valori della libertà e della giustizia sociale.Per questo la sua figura merita di essere conosciuta e apprezzata anche dalle giovani generazioni.”
Io credo che, proprio perché viviamo sopportando gli effetti di questa globalizzazione che sembrano spazzar via luminose conquiste di dignità umana ottenute dai migliori dei nostri nonni e dei nostri padri, (e qualcuna… anche da noi…ahimè non sono più giovane!), occorra non stancarsi di riproporre oggi i “valori della libertà e della giustizia sociale”.
Ringrazio di nuovo tutti!
Carlo Onofrio Gori
paolalovisolo ha detto:
Vi ringrazio per la lettura e la partecipazione espressa negli interessanti commenti. ringrazio ancora Carlo Onofrio Gori per essere intervenuto personalmente e per la citazione dell’ articolo di Maria Gisella:
caro saluto
paola
Francesco Petrini ha detto:
“La storia di Italia Donati, maestra rurale”, è il titolo di un saggio pubblicato dal sottoscritto su La vita scolastica, anno XXXV, 16 marzo 1981, n. 11. Il lavoro, frutto di lunghe ricerche sul campo e all’Archivio comunale di Lamporecchio su fonti del tutto inedite,forse meritava (meriterebbe?)una qualche attenzione