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“Telemaco Signorini e la pittura in Europa”

Palazzo Zabarella, Padova, dal 19 settembre 2009
al 31 gennaio 2010

Un pittore che non avevo finora messo a fuoco, Telemaco Signorini: i suoi quadri mi erano apparsi accanto ad altri nell’ambito di esposizioni collettive, mi aveva talvolta colpito per un taglio particolare del paesaggio, per una luce tutta sua, ma non mi ero mai soffermata a lungo sulla sua personalità artistica. Ora questa esposizione a Palazzo Zabarella (Padova) lo mette in luce con ampiezza e novità di riscontri visivi e documentari; il visitatore è guidato con mano sicura attraverso una galleria di quadri ricca e mutevole, si sente che il ricco allestimento è sostenuto da un approfondimento scientifico. Telemaco Signorini ne esce come pittore completo, in evoluzione continua; non solo, si scoprono in questa mostra anche il suo lato letterario, la sua attività critica, le sue frequentazioni internazionali.

Fu patriota e dandy. Con Diego Martelli fondò l’organo ufficilae dei Macchiaioli, il “Gazzettino delle Arti e del Disegno”; a Parigi conobbe Courbet e Proudhon, fu a contatto con la scuola di Barbizon e condivise l’impegno sociale di Proudhon giungendo a scandalizzare la borghesia con alcuni soggetti delle sue opere, come “La sala delle agitate”, “Bagno penale a Portoferraio” e “L’alzaia”, che peraltro gli valse un premio. Le “agitate” sono le pazienti di un manicomio, viste nella loro miseria e solitudine; il quadro ha un taglio antiretorico, si rappresenta con realismo asciutto un ambiente squallido. Nell’Alzaia, al primo piano dei corpi di popolani nella faticosa tensione del loro lavoro, si contrappone un paesaggio sereno e la notazione ironica di una figuretta indifferente di borghese con cilindro.

Il contrasto esasperato di ombre e luci, che caratterizza i suoi primi paesaggi e gli valse l’appellativo sprezzante di “macchiaiolo”, si stempera in seguito in visioni più raffinate e mutevoli, dando vita a capolavori sognanti come “Luna di miele”, a paesaggi dominati da originali e sobri equilibri di forme e colori. Signorini ama il controluce, piccole figure sospese nella natura; sullo sfondo, scorci di cielo sono a volte seminascosti da fronde, li vediamo come attraverso palpebre semichiuse. Spesso il punto di vista è ribassato; in primo piano ci sono colline che si accavallano, o larghe strade di fango e polvere. I suoi cieli invernali fanno rabbrividire; sotto le nuvole di piombo striate da lampi una lama di luce separa il cielo dalla terra. A sorpresa, una piazza di Ravenna è abbagliata da una luce totalizzante.

Telemaco Signorini dipinse anche figure in un interno, alla maniera di Stevens e Tissot; in questo ambito, raggiunse il suo capolavoro in “Aspettando”, per la prima volta concesso a questa esposizione da un privato.

Dipinse anche vedute urbane, fu a Parigi, Londra e in Scozia, ma il mercato vecchio di Firenze lo attirava in modo particolare, e lo rappresentò nei suoi diversi aspetti ma soprattutto evolvendo il suo stile, e passando a sorpresa da un impressionismo intrigante e piacevole fino ad una vera e propria premonizione del cubismo, in un grande quadro del 1882. Questa tela spettacolare respinge in un secondo piano ed appiattisce i volti della folla, mentre brillano davanti a tutto due grosse ceste di mele alla Cezanne e si tendono, sopra, ragnatele geometriche di tende.

Attento alle tematiche sociali, Signorini dipinse uomini e donne al alvoro, nei piccoli borghi toscani, ma tornò, soprattutto e ciclicamente, al paesaggio, che era il suo primo e grande amore. Tra un viaggio e l’altro, si ferma a Pietramala, settignano, Riomaggiore, arricchendo ogni volta il suo pennello di nuove tonalità. Un grande “Pascolo a Pietramala” dissolve il prato in primo piano in tocchi di colore a spruzzo quasi informali.

Tra gli ultimi, due quadri rappresentano aspetti opposti del suo spirito inquieto: la “Toilette del mattino”, dove suggestioni di Toulouse Lautrec si stemperano in tinte più tenui del consueto e le figure si isolano, di spalle, in spazi dilatati; e l’ossessionante “Bagno penale”, con le figure penose e disossate dei condannati in due file, mente in fondo avanza la minaccia oscura di quattro personaggi, due bianchi e due neri, che sembrano avanzare sull’acqua. Il quadro è del 1894, ma sembra alludere alle minacce incombenti del secolo successivo, con i suoi orribili lager.