Anche se quell’aia è lontana
e l’eco dei tamburelli si perde
resta un’essenza ritmica di grano
l’impronta danzante di una mano
Anche se tutto il male di stelle
che doveva piovere è piovuto
la notte regala ancora lumi
fuochi fatui di timpani che ondeggiano
ancora note sul ciglio della morte
fiati sul collo della serpe
passi che sollevano ondate
sospingono il buio nella rete
Si sale inconsapevoli su fili
tesi tra terra e luna
già l’eco fossile canta
allo spazio la rivincita sul ragno
il pane ha battuto il ferro
il sangue rientrato in vena
In alto il nostro suono indelebile
oscilla quantica
l’offerta di una mano
da CURVE DI LIVELLO, Annamaria Ferramosca, collana Elleffe, Marsilio, 2006.
L’illustrazione “Notte_Taranta_Rosa” e di Roberto Matarazzo.
Blumy ha detto:
Bella sinergia, quella di Annamaria e Roberto, davvero bella.
biancamadeccia ha detto:
Straordinaria come sempre la musicalità e la profondità (che bello poter usare questo aggettivo) 🙂 dei versi di Annamaria.
Di Roberto, non posso che notare, che non conoscendo Annamaria di persona, ha colto qualcosa di importante della sua personalità solamente attraverso la scrittura.
E questo poi, è il senso delle riscritture ‘sinestetiche’.
marinaraccanelli ha detto:
una bella “accoppiata”, davvero! ed un ritmo incalzante per Annamaria, un ritmo dove gli echi ed i rimandi umani e culturali sono molteplici e profondi
marina
margheritagadenz ha detto:
è una notte speciale questa, tra la ‘festa’ e la ‘morte’. panica,
con echi di tradizioni secolari, d’impronte magiche nell’arso dei cortili, segni d’uomo ritmati da cadenze musicali nell’appropriarsi della notte nel suo senso pagano e sacro ad un tempo. finché il buio viene sospinto ‘nella rete’ ( bellissima immagine) e non fa più paura. si esorcizza.
‘il pane ha battuto il ferro
il sangue rientrato in vena’
è il quotidiano che vince. il pane simbolo di vita e di fatica ha ragione ‘del ferro’, di ciò che ci vorrebbe punire, e tutto il sangue torna a scorrere dentro le vene, strade note..
grazie.
margherita
violaamarelli ha detto:
come sempre calibratissimi i versi di Annamaria, che sembrano sempre pronti a “fuoriuscire” prosodicamente e invece si ri-modulano in cerchi concentrici, lasciando comunque piena ariosità al testo. Direi che la sua è una scrittura, per come la conoscevo e la rileggo, molto elegante e tesa su un simbolico mai fine a se stesso, come in questa tarantolata che si chiude con un mano in offerta al cielo, quasi a ricostituire un patto con la terra. Un caro saluto, Viola
cristina ha detto:
bellissima ed emozionanti questi versi
C.
annamariaferramosca ha detto:
Una notte taranta che vedo anche qui, grazie alla vostra sensibilità, sfumare verso un’alba di incontri, limpida. Solo l’incontro, nel nostro faticoso quotidiano(sì, Margherita) vince tutte le aracnitudini, piccole e grandi, che da sempre ci invischiano, inganni, solitudini, terrori, guerre (è proprio il patto infranto con la terra deprivata di pace, Viola).
Così aspettiamoci che ci aiuti anche il dialogo con le altre arti ed ecco spiegata la bella sinergia con l’immagine rosa-notturno di Roberto, come Blumy e Bianca e Marina hanno notato.
Volevo proporvi questa strana notte dunque, danzata nella mia terra del Salento fin dai tempi dei riti orfici, perchè ogni volta l’avverto come un intenso grido di liberazione e insieme di gioia vitale da condividere. Spero che i versi l’abbiano saputo trasmettere. Grazie a voi che me ne avete dato qualche verifica.
Annamaria Ferramosca
draimondi ha detto:
Una poesia molto bella di una raccolta davvero straordinaria.
Un caro saluto, Annamaria.
Daniela
Josè Grilli ha detto:
Poesia e colori che si fondono sono
aria pulita per l’anima.
Bravi!
annamariaferramosca ha detto:
Dolce il vostro riscontro, i miei neurono poetici vi dicono grazie, @daniela sai che ti ammiro, @josè,le tue parole-balsamo.
Sono sicura che anche Roberto Matarazzo, che sta avendo problemi di collegamento, vi sta ringraziando tutte/i di cuore
Annamaria
roberto matarazzo ha detto:
è davvero singolare e importante avere avuto la possibilità di trasporre versi incantevoli dell’amica annamaria ferramosca in immagini colorate: ringrazio, sebbene in ritardo, tutte voi per le gentili parole
roberto matarazzo
fernirosso ha detto:
BELLA BELLA BELLA!
E v a scalza
con la notte dentro la mano
s o l levando il ciglio aprendo il vortice
nella bocca della morte
un grano di rumore senza misfatto
la declinazione di un passo senza passato
la figlia della serpe ha filiato il fato
ne ha fatto fiati dentro il cuneo della specie
una pelle tesa tra la terra la pietra del dio che la prega.
Un’offerta votiva sulla brace che arde
una cantica amara nella stanza del baratto.
E ancora nel forno tra l’acqua la mano e l’argilla
l’antica creta s’ingobbia.
GRAZIE GRAZIE GRAZIE.Sei bellisssima!ferni
augusto ha detto:
Cara Annamaria, come sei splendida nella tua solare salentinità!
Anch’io ho sempre visto il Salento come un mattino iniziale, il miracolo della prima alba che fa luce, zac, sulle tenebre, ma che perdura, senza requie , spietata , quella luce, diventa tramonto da carne macellata, in Bodini, chiarità estenuante in molti pittori “maledetti” poco noti ( ce ne è una lunga teoria che vanno da Geremia Re a Gabrieli, da Nino Della Notte a Sponziello, via Suppressa, per arrivare al gallipolino Tricarico , di stampo vangoghiano), ossessione , maledizione, fatalismo. C’era un mio vecchio amico cardiologo, originario di Faenza, che veniva tutte le estati a Casarano, dov’era un suo concittadino e primario di Ortopedia, che si era ben sistemato nel Salento, e diceva
” Cristo, che luce, ma come fate ad avere questa luce…Ci vorrebbe un’eternità da noi per avere una sola giornata di questa chiarità assoluta, perfetta, divina….Ed è tutto così, cara amica, anche nella tua poesia s’avverte questa salentinità , un po’ folle e geniale, il barocco che si sposa all’avanguardia, il surrealismo innestato nella purezza di un volo pindarico, l’ermetismo-surrealismo un po’ barocco e tutto spagnolo, da Aleixandre a Garcia Lorca, che fa dei salentini dei castigliani in esilio in Italia, la luna dei borboni bodiniana. Ti allego un prologo al mio “Salento antico”, per rimanere in argomento, ma poi parleremo, anzi parlerò solo di te e della tua poesia, promesso, Annamaria, incrocio le dita. Ciao.
“””Il Salento è patria del barocco , con un bel po’ di esoterismo , e magia antica, e un po’ d’algebra dei frutti maturi, come diceva Krolow. Il Salento è fatto di una bellezza prismatica scandita dai violenti contrasti, è qualcosa simile ad un laboratorio di pittura , dove un uomo vestito tutto di bianco con guanti di gomma , lavora secondo un orario ben preciso ed è attorniato da strumenti speciali, e da non so che cosa di arbitrario , accidentale , caotico .E un pizzico di horror vacui , una infarinata di mare azzurrissimo con un versante liberty e l’altro greco classico. E poi c’è quella ruga , quella piega , quella cicatrice colorata che non sai bene dove si trovi esattamente , ma sai che c’è e si prolunga all’infinito. E’ precisamente lì che trovi la linea segreta di attraversamento per “ l’oltre”, lo spazio mentale , il mito , la leggenda , ma anche il quotidiano convertito e reinventato in mito: la sensuale melagrana aperta, simbolo della fecondità femminile, e la dolcezza del fico d’india , sotto scorza ruvida e spinosa.
Il Salento è una sinfonia tutta barocca , con echi di surrealismo bodiniano e di follìa, anche. E’ lo spettacolo meraviglioso della storia , il luogo dell’abitabilità spirituale , ovvero di ciò che appare sensibilmente , sia esso misero o anche meraviglioso. Ma devi stare attento a dosare gli ingredienti , altrimenti ti smarrisci tanto nello spazio quanto nell’anima e non riuscirai a trovare la tua meta, ti ritrovi come un narciso decadente bizzarro dannunziano in un quadro-specchio delle tue brame che riflette la tua vanità , nascita crescita e morte di un Narciso qualsiasi freddo , ed estraneo a se stesso , con l’infanzia che ti segue e scava nidi , e tu insegui farfalle, il sogno perpetuo della farfalla che sogna d’essere uomo , leggera variopinta , coll’ali iridescenti, bellissima, o dell’uomo che sogna d’essere farfalla , che sogna di volare ( e voli sul serio, tocchi il cielo basso , t’immergi nel cielo medio e ti senti puro siccome un angelo, anzi , sei un angelo) , ma stai attento al cielo in cui voli . E’ troppo chiaro, sei costretto a coprire la tua vista con la mano , ti devi difendere dalla luce , da questa incredibile fissità della luce da mattino iniziale dell’universo, una luce che ti piove dentro, che ti ferisce, che ti fa male agli occhi e ti costringe a rifugiarti nel buio, in cieli notturni sotto la luna , donna-maga e donna-strega. Ecco l’anello inutile di Aretusa , la ninfa trasformata in fonte, parodia del peccato , e di nuovo la melagrana aperta che ti si offre come fanciulla vergine. Ecco nuovamente le farfalle di Taranto che danzano a milioni , con le invisibili ali . Ti viene la nostalgia delle ali che non hai più, la nostalgia degli odori d’incenso, dei riti misterici, i sabbath nelle memorie della luna, di tutti i concerti per farfalle e angeli soli che avevi dimenticato. La luna ora si bagna nell’acqua , nell’acqua salata di mare , che sta dietro la tenda del cielo. Ecco i vani presagi che stanno nell’altra parte della luna , ecco ciò che non vediamo, che non potremo mai vedere (c’è chi vola e chi no , il sogno delle sirene , la verità eternamente sospesa e l’inganno , i luoghi comuni , le cose pensate e non dette , gli inafferrabili frammenti di luna che l’uomo dello spazio tentò di portar via, e invece sono rimasti tutti lì, affinché la luna , la luna dei Borboni, la luna del Salento rimanesse intatta umorale azzurrina piena di magia e di follia. “Mi ascolterai dietro l’amaro volto dell’erbe che la luna dissolve?”
Ecco , questo è il Salento , il barocco fragile di Santa Croce , il nido degli Zimbalo, il libro di pietra leccese , dove le pagine non volano, ma si consumano , si erodono , e perdono il gesso e l’oro. E i cervi di Badisco sulle pareti delle grotte neolitiche . L’artista continua a lanciare la sua opera come si lanciano le lance, i pugnali, i dadi, come il primo uomo lanciò la prima parola , e non sa se essa sarà qualcosa di diverso dal solito grido di dolore.
Oh , dio, la grotta dei cervi e il percorso senza ritorno! , un trekking dello spirito , il canto isolato di fronte al morto irraggiungibile , il poeta non può cantare altro che di una brezza triste che spira ancora tra gli ulivi millenari. Il poeta non placa mai l’attesa, l’eterna attesa di qualcosa che non verrà mai. Mai. Oh, dio , ma che cos’è questo barocco dell’anima rosacea che ti si sgrana , che esalta in estatiche visioni ascensionali , e t’affligge nel tormento del dubbio?. ….Il tarlo del dubbio …Sono stati scritti trattati sul tarlo del dubbio…la mano enuncia verità e gioie che la lingua non può dire.
annamariaferramosca ha detto:
mi accorgo solo ora della visita di ferni -poesia su poesia- che meraviglia, grazie.
mi si aggiunge sempre nuovo stupore nel constatare il potere della mia terra di incantare e moltiplicare l’incanto attraverso le parole da essa ispirate. sempre inadeguate. sempre più opache nel tradurre quella luce di cui parla augusto, davvero indicibile.
sono mossa in profondità dalle tue parole, augusto, che sento dettate da un formidabile amore per il salento e per la sua gente. il tuo brano attraversa con slancio appassionato di mente e cuore la salentudine, questa sensibilità in cui si mescolano con abbacinante eleganza e densità le note del sacro dell’orfico del greco del bizantino del barocco del surreale e di tanto altro ancora, che resta sotterraneo ma in qualche modo riconoscibile, nei meandri dell’anima salentina.
e anche se si è altrove, tutto questa magia della terra d’Hidrunte resta su di noi come un tatuaggio capace di curare le ferite del mondo.
sono con te in grande empatia
annamaria