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Maria Gisella Catuogno
RIVIERE – Racconti –
Aletti Editore, 2009
Collana “Gli Emersi – Narrativa ”
pp.84 €13.00

Maria Gisella Catuogno, insegnante di lettere a Portoferraio, collaboratrice di riviste e giornali, presente in varie antologie con racconti e poesie, ha ottenuto riconoscimenti e premi e ha pubblicato l’opera memoriale, Il mio Cavo tra immagini e memorie, ( Nidiaci ) e le sillogi poetiche Parole per amore ( Libroitaliano, 2003 ), Mare more e colibrì ( Studio 64, 2006 ), Brezza di Mare ( Ibiskos, 2007 ), Fiori di campo (Montedit, 2009) nei quali il mare e la vita isolana ritornano nei versi dell’autrice assieme a momenti intimistici e a riflessioni sulla società contemporanea.
E di mare e di donne è tornata a scrivere in Riviere, un’antologica di racconti nella prima parte della quale troviamo i tre brani Infanzia di mare, Primo Amore, Olga.
In Infanzia di mare, come già fa intuire il titolo, l’autrice ricorda il suo essere bambina a Cavo, un paesino affacciato sul mare, quel mare ora agitato ora leggermente mosso ora calmo che ha formato la sua crescita. Il mare è stato, infatti, per la Catuogno il “ referente assoluto” dell’infanzia, l’elemento reale che lambiva lo scorrere delle giornate ed anche l’elemento immaginario di quando, con nostalgia, pensava al babbo che navigava lontano.
Sopra i momenti di vita quotidiana da lei descritti, si eleva comunque e sempre la figura del padre, imbarcato a lungo corso o pescatore sull’azzurro di fronte a casa e l’affetto filiale si staglia in maniera così netta da fare scrivere a Gisella: “nel rimpianto immenso per la sua scomparsa c’è anche questo: non distinguere mai con certezza il grecale dal levante, il ponente dal maestrale o dalla tramontana. Riconosco bene solo il libeccio, perché soffia a raffiche o lo scirocco perché irritante e uggioso”.
Il padre dunque come uomo di mare, ma anche come bussola della vita dell’autrice che nel profondo cerca in lui, al di là della morte, la sua ancora nella vita.
In Primo Amore, il mare fa da naturale cornice alle sensazioni adolescenziali seppure come in Infanzia di mare, l’autrice trovi lo spazio per descrivere usanze tipiche dell’isola. Qui appare comunque un elemento nuovo, l’uscita naturale dalla nicchia della famiglia dovuto all’incontro con l’amore e all’affacciarsi sul mondo del “continente” attraverso la musica in voga negli anni 70’, le scuole frequentate a Piombino e le prime contestazioni giovanili.
In Olga, la distesa salata, appare solo alla fine della storia, quella di una donna rumena costretta a espatriare e giunta al Cavo per guadagnare e mantenere il figlio. Da notare in questo brano come, oltre alle cattive condizioni economiche in cui versava la Romania dopo la caduta del muro di berlino, l’autrice evidenzi situazioni di violenza familiare sulle donne, tema che l’ha portata a vincere, nel settembre 2008, con la poesia “ Il tuo corpo di miele e di dolore” il premio Domenico Rea.
La seconda parte del volume è dedicata agli ospiti illustri del suo paese, due racconti sono liberamente ispirati al diario di bordo di George Simenon durante una crociera nel Mediterraneo.
Accanto al soggiorno dello scrittore, l’autrice tratteggia lo stile di vita del paese nei primi anni del secolo, un’esistenza semplice ma dignitosa e serena al punto da sorprendere Simenon che la contrappone a quella più triste dei porti atlantici francesi: al Cavo era tutta un’altra vita, un’altra aria, una dignità, un’altra musica come quella dei musicanti isolanti che rifiutano i soldi e accettano soltanto un piatto di maccheroni in cambio.
Anche la famiglia di Filippo Marinetti, il guerriero futurista, trascorse una vacanza in questa striscia di terra isolana ” in bilico tra l’azzurro del mare e il verde della macchia. Non c’era nemmeno un porticciolo, ma solo un moletto dove attraccava il barcone che faceva la spola col piroscafo; poco più in là, case sparse tra orti e vigneti, alcune belle ville della borghesia locale e ovunque il profumo e la dolcezza dei fichi maturi”.E proprio qui avvenne una disgrazia che coinvolse la piccola Ala, figlia di Filippo…
Forse per la lunghezza e la drammaticità del testo La terza parte contiene un solo racconto Tempo di guerra voglia di pace che narra degli avvenimenti avvenuti tra il settembre 1943 e il giugno 1944, periodo in cui l’isola d’Elba conobbe i suoi giorni più tragici: il bombardamento di Portoferraio da parte dei tedeschi, l’affondamento di un piroscafo di civili per opera di un siluro inglese, l’occupazione tedesca, lo sbarco dei marocchini che per conto degli alleati che fu una delle pagine elbane più dolorose.
In questo quadro l’autrice alterna episodi storici a scene di vita quotidiana che si svolgono tra lutti, dolori, fame, sofferenza e paura.
A chiusura dell’opera, quasi a stemperare le drammatiche pagine della guerra, due racconti sul narcisismo: Lo specchio di Virginia ispirato alla Contessa di Castiglione, Virginia Oldoini, e Io, Eleonora la più bella del reame, una cinquantenne che rifiuta di accettare lo sfiorire del suo corpo.
La vita sul mare, la condizione della donna nel tempo, la storia dell’Elba, sono dunque i temi portanti di questi racconti che riescono a catturare l’attenzione del lettore anche dove narrano la guerra perché nonostante le atrocità c’è “ la vita che fa il suo corso e che, oltre a far morire, fa ancora gioire, innamorare, concepire, nascere”.