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vedo dentro il verde, superficie all’infinito, sussurrante infinito, corpo dei sussurri, lingue, il verde è lingue e occhi, riflessi e mobilità, umidità, scintille di luce – in che modo ne sono separata, io non ne sono separata, io sono in un occhio, tutto è miraggi e sussurri, luce in uno specchio oscuro erra sempre più lontana dentro il bosco riflesso

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______________________________________________lettere alfabetiche

C’è un silenzio in ogni cosa fitto come un’esplosione, moltiplicato anni luce in un unico movimento raccolto – nell’erba, nella vipera sulla pietra, nelle frasche di prugnolo, nei gabbiani, nelle conchiglie bolle l’immensa coppa di luce solare sopra lo specchio marino, luce da luce, silenzio-luce-movimento – il nocciolo d’immobilità nell’antico silenzio in esplosione del sole

L’immenso silenzio greve delle cose un turbine che si schianta, il ballerino derviscio in mezzo al nocciolo di pietra, l’istante che permane, la mutevolezza-danza-dell’istante, la schiuma-chiarore di lampo vecchio milioni di anni dell’istante che danza vista come immobilità, formula-vertigine, segno di lettera alfabetica

[Da Anima (1982) – traduzione di Daniela Marcheschi ]

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Birgitta Trotzig è poeta e scrittrice svedese raffinata e colta. La ricerca metafisica che sfocia in visionarietà quasi estatica, ricorda come il connubio tra la parola poetica e il silenzio del mondo riesca a declinarsi nell’essere (che si dice pur sempre in molti modi). La dimensione apofantica  lascia il posto alla corporeità e alla materia dell’io che si frange nella natura matrigna. Il dolore dell’umana condizione, che Trotzig scandaglia, sta dunque nell’occhio poetico che si eleva sulle sorti del mondo e non riesce ad accecarsi perchè testimone. Non riesce perché vede oltre la porta-palpebra della orizzontalità storica e avverte l’esserci-già-stato. L’istante epifanico è nel nocciolo-pietra-presagio che qualcosa di già vissuto può accadere in nuova forma.