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La patria: l’isola di Zante

L’isola di Zante è sia per Foscolo sia per Solomos la patria, il luogo d’origine, di cui, da lontano, si ricorda con nostalgia la bellezza.

Nel mare, che circonda l’isola, infatti, secondo la mitologia greca, “nacque Venere” che con il suo sorriso ha donato parte del proprio fascino ai luoghi, in cui è vissuta, per cui le valli, le colline, i monti e persino i “dirupi” presentano un aspetto armonioso. Mentre Solomos si limita a descrivere l’incanto del paesaggio, Foscolo aggiunge a questa tematica, quella dell’esilio. Il poeta è convinto, infatti, che non rivedrà più la propria terra d’origine, ma morirà in una terra straniera. I due poeti scelgono la stessa forma metrica: il sonetto che nella sua brevità condensa il senso di rimpianto e di nostalgia che suscita il ricordo della patria lontana.

A Zacinto (Foscolo)

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque

cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.

Zacinto (Solomos)
Rise natura e surta ecco Zacinto,
Dal bel seno dell’onde; ecco di mirti
Il crine incoronato eterei spirti
Scendon fuggiti dal venereo cinto.

Par di bellezza ogni suo loco avvinto;
Che non sursero qua squallidi ed irti
Colli a quel bel sorriso anche le sirti
D’ erbe l’ arduo dirupo hanno dipinto.

Giacquer le valli, alzar le teste i monti,
E su strati di rose, e d’ amaranto
Mormorando spignean le linfe i fonti.

Elato surse alfin, che dall’ altura
L’ occhio scorrendo pel campestre ammanto
Possa veder quanto può far natura.

Dionysios Solomos (Zacinto 1798- Corfù 1857)

***

Dionisios Solomos, nato a Zante nel 1798 da una famiglia nobile, morì a Corfù nel 1857. Studiò in Italia, a Pavia e a Venezia, dove entrò in contatto con lo scrittore Ugo Foscolo, di cui divenne amico. I primi versi li scrisse in italiano. Tornato in patria, si appassionò alla causa dell’indipendenza, e scrisse in greco l’Inno alla libertà (1823) che, tradotto in francese nel 1825, gli diede grande notorietà. Le prime due strofe divennero poi il testo dell’inno nazionale greco. Di altre opere, come il poema Missolungi o I liberi assediati, ha lasciato solo abbozzi, che tuttavia mostrano una continua ricerca di perfezione stilistica e la volontà di elevare la lingua popolare a intensità e ricchezza espressive.

DAL LIBRO: Διονύσιος Σολωμός, Ποιήματα, A cura di Cristina Contilli e Silvio Corsini, Traduzione dall’italiano in greco di Silvio Corsini, Nicosia, Afrodite Edizioni, 2007.