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Afghanistan, donne, letteratura, Nadia Anjuman, omicidio, Poesia, Ritratti di donne, scuole di cucito., suicidio, Traduzioni, violenza sulle donne
Nadia Anjuman, 25 anni, poetessa afghana, il 4 novembre 2005, ad Herat, nel centro occidentale dell’Afghanistan, viene massacrata di botte dal marito per aver osato declamare in pubblico versi tratti da un libro di poesie, che parla d’amore, “Gul-e-dodi’” (Fiore rosso scuro) scritto prima del matrimonio. Nadia, madre di una bimba di 6 mesi, era una tra le più affermate poetesse del paese. La causa della sua morte è da imputarsi a percosse multiple alla testa. La polizia arresta il marito di lei e la suocera, con accusa di omicidio. L’uomo, sostiene che la causa della morte della moglie è il suicidio. Il marito, ricercatore universitario della facoltà di lettere, viene regolarmente processato, e assolto un anno dopo in ultima istanza dalla corte, tornando, dopo un breve soggiorno in carcere, al suo incarico universitario, riabilitato a tutti gli effetti. Per le autorità afgane Nadya è morta d’infarto. O si è suicidata. Non importa poi molto
Durante il regime dei talebani, quando alle donne era proibito studiare e lavorare, Nadia fa parte del cosiddetto “circolo del cucito” della città, che tre volte a settimana si riuniva presso la finta “Scuola di cucito ago d’oro” dove un professore dell’università insegnava quello che apertamente poteva fare in quel periodo solo agli uomini: la letteratura. Nadya ha lasciato due volumi di poesie (è autrice di una seconda raccolta di versi, intitolata ‘Fiori di fumo’ scritta prima di sposarsi). Le sue poesie non sono scritte in arabo ma in lingua farsi, lingua parlata e scritta in Iran e lingua letteraria di una vasta zona fra cui anche l’Afghanistan.
Nadia è stata solo una delle centinaia di vittime della violenza domestica che in Afghanistan continua a perpetrarsi contro le donne, prigioniere di mille libertà negate, e di cui solo ora si comincia finalmente a parlare. Herat (chiamata “Città dei poeti), vanta il primato della più alta percentuale di suicidi femminili. Non avendo a loro disposizione né armi, né farmaci e nemmeno case a più piani, le donne di Herat, per sfuggire al matrimonio a cui sono costrette in giovanissima età, usano il petrolio delle stufe di cucina per darsi fuoco, anticipando con l’unico gesto di autodeterminazione possibile, il proprio omicidio da parte di mariti, fratelli, padri.
Brano tratto dall’autobiografia scritta da Nadia:
“Nacqui a Harat negli anni più agghiaccianti della rivoluzione; portai a termine i miei studi in anticipo, di due anni, nella scuola superiore “Mahbubeh haravi”. Attualmente frequento il secondo anno della facoltà di Letterature e Scienze Umanistiche dell’Università di Harat. Da quando ho memoria di me so di aver amato la poesia. L’amore per la poesia e le catene di sei anni di schiavitù dell’era dei Talebani, che mi avevano legato le gambe, hanno fatto sì che appoggiandomi alla penna e zoppicando, componessi passi ed entrassi nel territorio della poesia. Il sostegno dei miei amici e di coloro che condividevano i miei stessi orizzonti mi hanno permesso di continuare su questo sentiero, ma… ahimè… tuttora, ogniqualvolta che compongo un nuovo passo, sento il tremore della mia penna e con essa trema anche la mia anima. Forse perché non mi sento indenne, temo ancora di sdrucciolarmi lungo il percorso; è difficile la strada che ho davanti a me… ed i miei passi non sono ancora, abbastanza, fermi”.
Poesie di Nadia Anjuman
(Traduzione dal ‘farsi’ in inglese di Mahnaz Badihian, traduzione dall’inglese in italiano di Cristina Contilli).
Imprigionata in questo angolo
I am caged in this corner
Full of melancholy and sorrow.
My wings are closed and I cannot fly…
Sono imprigionata in questo angolo
Piena di malinconia e di dispiacere.
Le mie ali sono chiuse e non posso volare.
Nessuna voglia di parlare
No desire to open my mouth
What should I sing of…?
Me, who is hated by life,
No difference to sing or not to sing.
Why should I talk of sweetness?
When I feel bitterness.
Oh, the oppressors feast
Knocked my mouth.
I have no companion in life.
Who can I be sweet for?
No difference to say, to laugh,
To die, to be.
Me and my strained solitude.
With sorrow and sadness.
I was borne for nothingness.
My mouth should be sealed.
Oh my heart, you know it is spring.
And time to celebrate.
What should I do with a trapped wing?
Which does not let me fly.
I have been silent for too long,
But I never forget the melody,
Since every moment I whisper.
The songs from my heart,
Reminding myself of
A day I will break the cage.
Fly from This solitude
And sing like a melancholic.
I am not a weak poplar tree
To be shaken By any wind.
I am an Afghan woman,
Makes sense to moan always.
Nessuna voglia di parlare.
Che cosa dovrei cantare?
Io, che sono odiata dalla vita.
Non c’è nessuna differenza tra cantare e non cantare.
Perché dovrei parlare di dolcezza?
Quando sento l’amarezza.
L’oppressore si diletta.
Ha battuto la mia bocca.
Non ho un compagno nella vita.
Per chi posso essere dolce?
Non c’è nessuna differenza tra parlare, ridere,
Morire, esistere.
Soltanto io e la mia forzata solitudine
Insieme al dispiacere e alla tristezza.
Sono nata per il nulla.
La mia bocca dovrebbe essere sigillata.
Oh, il mio cuore, lo sapete, è la sorgente.
E il tempo per celebrare.
Cosa dovrei fare con un’ala bloccata?
Che non mi permette di volare.
Sono stata silenziosa troppo a lungo.
Ma non ho dimenticato la melodia,
Perché ogni istante bisbiglio le canzoni del mio cuore
Ricordando a me stessa il giorno in cui romperò la gabbia
Per volare via da questa solitudine
E cantare come una persona malinconica.
Io non sono un debole pioppo
Scosso dal vento
Io sono una donna afgana
E la (mia) sensibilità mi porta a lamentarmi.
Traduzione dal farsi in italiano di Amir e Sashinka Gorguinpour.
Ricordi azzurro – chiari
Oh esiliati dell’anonima montagna,
Oh gioielli dai nomi soffocati nella palude del silenzio,
Oh voi, di cui il ricordo pallido si è smarrito
nell’acqua torbida del mare della dimenticanza,
dov’è finita la limpida origine dei vostri pensieri?
Quale mano devastante si è portata via i vostri volti aurei? In questo vortice, artefice del buio,
dov’è finita la vostra calma lunare?
Se, dopo questo tormento, portatore di morte,
il mare si calmasse,
se le nuvole si svuotassero di sofferenza,
se la luna portasse affetto,
giungerebbe il sorriso? Se il cuore della montagna si intenerisse,
crescerebbe l’erba e ci sarebbe l’abbondanza?
Sulle sue alte vette, uno dei vostri nomi diverrebbe il faro?
La comparsa dei vostri ricordi azzurro – chiari,
darebbe speranza agli occhi stanchi dei pesci spaventati
dal tumulto del torrente?
Catene d’acciaio
Quante volte è stata tolta dalle labbra
la mia canzone e quante volte è stato
azzittito il sussurro del mio spirito poetico!
Il significato della gioia è stato
sepolto dalla febbre della tristezza. Se con i miei versi tu notassi una luce:
questa sarebbe il frutto delle mie profonde immaginazioni.
Le mie lacrime non sono servite a niente
e non mi rimane altro che la speranza. Nonostante io sia figlia della città della poesia,
i miei versi furono mediocri.
La mia opera è come una pianta priva di cure,
da cui non si può pretendere molto. Nell’archivio della storia,
questo è tutto ciò che mi rappresenta
(IL MATERIALE E’ TRATTO DA C. CONTILLI-I.SCARPAROLO (A CURA), “ELEGIA PER NADIA ANJUMAN”, TORINO, EDIZIONI CARTA E PENNA, 2006).
draimondi ha detto:
Grazie per questo necessario inserimento. Mi permetto di segnalare un articolo sulla drammatica situazione delle donne afgane apparso da poco nel blog di Dale Zaccaria:
http://ineditoperunapassante.splinder.com/
e inserisco anche una breve poesia che scrissi tempo fa su questa tragica figura femminile:
FIORE ROSSO CUPO
‘To be shaken by any wind.
I am an Afghan woman,
It only makes sense to moan.’
(Nadia Anjuman)
Morire è una piccola fontana di neve
un verso nel buio, un canto.
Asir! Asir! *
Lei dorme, il vento nel sangue,
la testa spaccata a meta’.
Una farfalla vola
sui capelli inzuppati di rosso.
Sua madre piange la vergogna.
Asir! Asir!
Nadia non aveva corpo, mani
mammelle, sesso, cosce.
Non aveva volto:
solo due buchi per respirare,
denti piccoli per nutrirsi d’ossa.
Ma nel sangue aveva l’urgenza del viaggio
l’embrione, l’acacia
la bocca che feconda.
La bocca bella delle donne che cantano,
delle donne che sognano
e scrivono d’amore.
Ora la casa è vuota, i cani abbaiano
senza trovare riposo.
Lei è fredda come un sasso
dentro l’abito nuziale:
una maiolica antica, polvere bianca.
Ma nel buio della sua carne
infinita nasce un’oscura dolcezza,
germina il seme del giglio selvatico.
* Asir: significa prigioniera in lingua farsi.
Nadia Anjuman, poetessa afgana, morta dopo essere stata picchiata dal marito. L’omicidio della Anjuman, che aveva 25 anni e lasciava alle spalle un bambino di pochi mesi, sembra da doversi imputare all’uscita del suo libro di poesie Gule dudi (Fiore rosso scuro), uscito pochi mesi prima la sua morte. Il libro aveva suscitato l’ira del marito e della famiglia che si riteneva disonorata dal fatto che la ragazza scrivesse versi sulla condizione della donna nel suo paese.
Pingback: Iran » Elegia per Nadia Anjuman
marinaraccanelli ha detto:
terribile, choccante! che una donna possa venire trattata così, che altri esseri umani (?) a lei vicini possano comportarsi in questo modo, senza avere dubbi sul proprio comportamento nè pietà per lei mentre la massacrano…terrificante anche il fatto che si tratti di un professore universitario, non di un povero ignorante, sostenuto da un intero sistema giudiziario…
è qualcosa di inimmaginabile per noi che viviamo in una società certamente imperfetta (anzi, carica di difetti ) ma diversa.
Grazie a Bianca per la segnalazione, per averci fatto leggere uno stralcio delle commoventi poesie di Nadia, che ho letto con un groppo in gola, e sulle quali tornerò ancora perchè è difficile dimenticare una figura come la sua…e grazie anche a Daniela per la sua poesia, molto bella
marina
rita bonomo ha detto:
Sì, grazie Bianca.
Rr
Cristina ha detto:
Grazie per il lavoro che hai fatto su Nadia, partendo dalle traduzioni che ti avevo dato.
Cristina
Antonio Fiori ha detto:
E’ talmente ingiusto e dolorso.
Domani sarà il giorno della memoria, dolore che si moltiplica.
Grazie a Bianca, alla traduttrice, a tutte
Antonio
biancamadeccia ha detto:
Grazie Daniela, sono stata sul blog di Dale dove ho potuto leggere l’articolo da lei presentato sulla situazione delle donne afghane. Buono e completo, anche se mi da uno strano disagio dover essere soddisfatta della completezza dei dati di un articolo su un argomento di questo genere. Grazie per la tua generosa poesia. Buona giornata.
biancamadeccia ha detto:
Le traduzioni qui presenti sono tratte da:
C. CONTILLI-I.SCARPAROLO (A CURA), “ELEGIA PER NADIA ANJUMAN”, TORINO, EDIZIONI CARTA E PENNA, 2006
biancamadeccia ha detto:
Cara Marina, purtroppo il caso di Nadia non è un caso isolato. Dal blog di Dale Zaccaria (segnalato da Daniela). Un abbraccio. Bianca
“..(…).Stando alle statistiche dell’Unifem (Fondo Nazione Unite per le donne. Soggetto, creato nel 1976 che fornisce assistenza finanziaria e organizzativa per soluzioni innovative dirette a promuovere l’avanzamento delle donne e l’uguaglianza di genere), il 65% delle 50mila vedove a Kabul e molte altre migliaia di donne nel Paese, vedono il suicidio come l’unica opzione per riuscire a sopravvivere all’attuale regime di maltrattamento e strumentalizzazione delle donne.
Il 95% di donne Afgane soffre di depressione. Ogni 28 minuti una donna Afgana muore durante il parto. L’aspettativa di vita di una donna Afgana è mediamente di 44 anni e le statistiche dicono che l’80% dei matrimoni non sono contratti liberamente,ma previe forzature.
Riguardo in particolare la situazione della zona nord dell’Afghanistan, dove i comandanti dell’Alleanza del Nord, (…)compiono crimini come rapimenti, stupri sulle donne, continuando a perpetrare l’idea della presenza dei Taliban come pericolo principale e necessita delle loro azioni. E questo non è assolutamente vero. Non ci sono Taliban nell’area del Nord.
Solo un quinto delle ragazze ha accesso all’istruzione primaria. Un ventesimo all’istruzione secondaria. E più di 200 mila bambini che vivono sotto il controllo dei Talebani sono privati di alcun tipo di educazione e istruzione.
Numerose donne in numerose aree dell’Afghanistan sono state uccise, quando hanno provato a esprimere le loro idee. In alcune zone non hanno neanche la possibilità di lavorare, non solo nella capitale Kabul, ma anche in altre città come Safi e Kandaar.
biancamadeccia ha detto:
Grazie Antonio e Rita per l’attenzione. Buona giornata a voi.
Carla ha detto:
Grazie anche da parte mia, Bianca
è così delicato questo tema, così doloroso e ingiusto
pultroppo esistente.
ciao
C.
biancamadeccia ha detto:
Grazie a voi Cristina e Ines per avermi fatto conoscere la storia di Nadia due anni fa e per avermi dato modo di ripubblicare queste traduzioni, che si sa che la memoria umana è labile, e ci sono storie, che invece, non andrebbero mai seppellite nelle coscienze.
In un mondo in cui siamo sommersi da 10.000 storie e informazioni differenti al minuto, il che genera una forma di anestetizzazione della soglia di attenzione e sensibilità, la consapevolezza e la memoria vanno mantenute forti e deste. Ancora grazie.
biancamadeccia ha detto:
Grazie a te Carla per esserti soffermata. Buona giornata
biancamadeccia ha detto:
Ancora dal blog del giornalista Pino Scaccia, un articolo del 23 gennaio 2008, il caso di un giornalista condannato a morte per aver diffuso volantini in cui si parlava della situazione delle donne in Afghanistan.
http://kabul.splinder.com/post/15641518/L%27Afghanistan+non+è+ancora+un
َAsma ha detto:
Questo che è accaduto alla grande poetessa afghana Nadia Anjumàn non si può chiamare solo una “violenza domestica” ma è un vero e proprio terrorismo domestico; figlio legittimo di quello politico che soffoca le menti e i cuori di chi governano il paese mascherandosi con scuse e giustificazioni religiose che non hanno niente a che fare né con Dio, né con la fede e neanche con l’Islam. L’Afghanistan, hanno voluto vederla così, e rimarrà così: figlia della violenza, del traffico delle armi, della droga e del terrorismo
Blumy ha detto:
so di questi delitti. sono orribili, non meritano perdòno nè scuse nè attenuanti. a volte sarei tentata di ammirare chi si ribella e, da vittima, diventa carnefice , e uccide.
aveva una bella voce, questa poetessa afghana.
domaccia ha detto:
ne rimango commossa e senza personali parole, ma ben ha saputo “cantarla” Daniela Raimondi
Josè Grilli ha detto:
I versi sofferenti della poetessa ben
esprimono la sua condizione di donna
prigioniera e solitaria.
La sua morte ingiusta e crudele rimane
nella mia mente come una domanda senza
risposta.
gabriella gianfelici ha detto:
Volevo soltanto segnalare la rete delle donne afgane: http://www.rawa.org (Revolutionary Association of Women) creata nel 1977 da Meena Kemal (poeta uccisa nel 1987), sul loro sito si trovano notizie riguardanti la loro drammatica situazione e molto altro: attività, libri, articoli etc.
Gabriella
margheritarimi ha detto:
Il senso dell’oppressione e della violenza è resa in ogni parte di questi versi (“L’oppressore si diletta./Ha battuto la mia bocca.”)
Il senso di impotenza e dell’inutilità di sè perchè donna (“Insieme al dispiacere e alla tristezza./Sono nata per il nulla.”)
E perchè mi chiedo la parola poetica fa più paura di qualsiasi altra attività, forse perché non può che esaltare nelle coscienze il senso di libertà dei sentimenti e del pensiero,della ricerca di verità.
“Quante volte è stata tolta dalle labbra
la mia canzone e quante volte è stato
azzittito il sussurro del mio spirito poetico!”
Di fronte a questi fatti,una istintiva indignazione,tanto forte che mi coglie impreparata.
grazie Bianca
margheritarimi
roberto matarazzo ha detto:
bianca non ho parole credimi: questi talebani, colti o meno ( e verrebbe da chiedersi cosa sia la cultura) restano peggio dei nazisti per certi versi! che orrore, che tragedia, che paura della bellezza della femminilità intelligente! so di una Donna araba impiccata di recente rea di “sentirsi” Donna, insomma le mie sorelle da impiccare? le mie Amiche da impiccare? Voi di questo sito da impiccare? le Donne che amano sentirsi vere Donne da impiccare? questa è la realtà tragica del pseudo islami integalista! forse marx ha davvero ragione: le religioni quale oppio dei popoli…
biancamadeccia ha detto:
Grazie a tutti quanti hanno voluto soffermarsi, leggere, commentare e integrare le informazioni da me fornite con altri link sulla situazione delle donne in Afghanistan e ricordare tutti assieme, nel giorno della memoria, Nadia Anjuman e lo sterminio (che continua anche ora, in questo momento) di migliaia di donne e bambine afghane.
Ancora grazie,
B.
dale zaccaria ha detto:
Bianca, grazie molte per aver portato alla luce la voce di questa donna poeta in una terra dura e difficile per le donne quale l’Afghanistan.
Mi permetto di prendere i versi di Nadia, insieme alla voce e alla lirica di Daniela Raimondi e portarli con me nelle mie serate. Nelle quali dedico spazio per le donne della Resistenza Afghana, e più che mai onore e onorata di portare una poeta e la sensibilissima lirica di Daniela.
Una donna Afghana una volta disse: “potranno spezzare i fiori ma non uccidere la Primavera. LA poesia è la primavera e noi la continueremo a far vivere.”
Grazie Nadia.
Dale
Cristina ha detto:
Tre anni fa mentre traducevo le poesie di Nadia ho scritto questi versi che lascio qui per condividerli:
Un desiderio sommesso di libertà
per Nadia Anjuman
Quando la poesia
busserà di nuovo
alle sue finestre
non troverà
più nessuno ad aprirle.
Solo un’ombra
si appoggerà ai vetri
e racconterà
alla notte
che l’ha accolta
un desiderio
sommesso
di libertà.
biancamadeccia ha detto:
Grazie a Dale e a Cristina.
Grazie per aver voluto tendere una corda robusta tra la poesia di parola e quella di vita.
(le parole sono importanti, ma sono le azioni a fare di noi quello che siamo o che non siamo)
Grazie veramente.
Bianca
Cristina ha detto:
LUCE DI PAROLE di INES SCARPAROLO (co-curatrice del libro “Elegia per Nadia Anjuman”)
Non vi era
che un’alba spaurita
a rischiarare il cielo
nel tuo ultimo volo.
Portavi
nel becco un fiore.
Erompesti in un grido
mentre il roseo chiarore
si tingeva di vermiglio.
Non è rimasto
che un “fiore rosso” reciso
sulla strada di Herat…
Ma non invano
hai vissuto e vergato
Luce di Parole
a placare le ombre.
Nuovi respiri
ora, seguono il tuo canto
rivendicando
il diritto alla Vita
e alla Poesia.
Sashinka ha detto:
Cristina Contilli mi ha segnalato questo articolo e i relativi commenti. Sono contenta che il lavoro di Cristina, Ines, di mio padre e mio sia riuscito nel suo intento, sensibilizzare con la poesia non è cosa facile e trovo un attimo di contentezza malgrado la tragedia di Nadia segni un solco profondo nella coscienza di tutti. Grazie. Sashinka.
biancamadeccia ha detto:
grazie ancora a Cristina per aver voluto riportare qui anche la poesia dedicata a Nadia della scrittrice Ines Scarparolo, e benvenuta a Sashinka Gorguinpour, poetessa, che assieme al padre Amir ha curato e tradotto i testi di Nadia dal farsi in italiano nel volume “Elegia per Nadia Anjuman”.
Sashinka ha detto:
Grazie del benvenuto, biancamadeccia, non riuscivo più a trovare il link, perciò ti rispondo con questo ritardo. Un caro saluto.
fernirosso ha detto:
è da un po’,ormai, che vado alla cerca di testi scritti da donne che vivono o hanno vissuto esperienze tragiche, come questa, frutto di una sintesi di sensibilità fortissima e un ambiente a contrasto talmente alto da far esplodere i confini. Intendo dire che un comportamento innesca l’altro e viceversa fino alla conclusione tragica e dolorosa che chiude la relazione tra i due fronti.Ringrazio per il lavoro esposto,lo considero un offertorio.
iman sohrab ha detto:
grazia di tutti che sono intressati di situazione le donne afghano,io sono un studente afghano a perugia,italia.e studio lingua adesso e non sapevo che la nostra personaggi hanno talemente riflessi furi di confini di afganistan.sono molto contento di trovare questo sito e voglio scrivere i mie opinione anche sulle donne afghano.
penso che dopo morte signra anjoman la parole di donne afghano diventata molto importante volevo dire che nadia non stata la prima donna sacrifica di fundimentalismo neanche sara la ultima forse voi non capite tutto caso delle donne famoso che vengono uccisi dai sui famiglie e forse io scrivo una articolo sulle donne poetessa afghana dopo.
grazia
juliette1804 ha detto:
Se ti può interessare, è uscita anche la prima traduzione ufficiale delle poesie di Nadia in italiano.
Il libro (Nadia Anjuman, Poesie scelte) si può richiedere alle Edizioni Carta e Penna di Torino: cartaepenna@cartaepenna.it
Su questo sito: http://www.mahmag.org puoi trovare, invece, l’introduzione e alcune traduzioni.
Cristina
Pingback: La Torre di Babele
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pinoscaccia ha detto:
http://latorredibabele.blog.rai.it/2008/07/17/182/
alessandrapigliaru ha detto:
Colgo l’occasione e ringrazio Pino Scaccia per il suo prezioso lavoro e per essersi soffermato.
Alessandra
franca bassi ha detto:
Queste dolci creature, crudelmente uccise resteranno sempre nella mia mente, per nadia ho scritto.
Per Nadia
Ancora…ancora…ancora!
un’altro fiore bianco
è stato con violenza reciso!
Le sue parole i suoi pensieri la sua anima
per sempre hanno azzittito.
Lei dalla gabbia è uscita.
In uccello del Paradiso si è mutato.
La luna ha colorato d’argento
le sue piume per l’inverno.
Il cielo per regalo
le ha sfumate con i colori
della primavera in fiore.
D’oro il sole per le notti calde
le da dorate e ricoperte di
una polvere ricca di amore.
Il colore delle foglie morte
l’ autunno le ha sfiorate
le ha donato una nuova vita
piena di colore e di poesia.
Se un giorno tu anima pura
ti troverai a passare
per quelle immense valli verdi
e per quei monti innevati
nelle notti illuninati dalla luna
fermati…rilassati
abbandona il tuo corpo!
potrai udire note tintinnanti
come un lume di cristallo
accompagnate dal vento del nord
che cantano per te poeta la sua poesia:
L’amore di una donna libera!
ti narrano a te solo per te
viandante solitario
l’amore per la terra
l’amore per la vita.
franca bassi
clelia pierangela pieri ha detto:
Inutile dire della rabbia che provo. E’ importante continuare a non dimenticare e dirne. Dirne senza sosta.
Grazie, grazie davvero.
clelia
Silvia Miguidi ha detto:
Tornando sul tema della violenza alle donne, vi segnalo che si avvicina la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, 25 novembre. Ahimé, come coordinatrice di uno sportello antiviolenza di una Provincia italiana, posso confermare sulla base di dati concreti che anche nel nostro paese la situazione non è meno tragica: la media delle donne morte per violenza domestica è in crescente aumento (da 1/3 a 1/2 tra 2007 e 2008) – la crisi economica fa peraltro prevedere una netta recrudescenza – e, nonostante quanto si creda, tanto le vittime quanto i loro assalitori non appartengono solo a classi sociali culturalmente più arretrate, né tantomeno solo a “famiglie straniere”: sono nostre/i connazionali, che hanno studiato sui nostri banchi di scuola, insieme a noi, che ci vivono accanto, che a volte sono nostre/i amiche/i, vicine/i di casa, parrucchiere/i, dottoresse/i, dentiste/i, professoresse/i…Il nostro occhio è accecato da una gigantesca trave.