Da una vita indossata come un abito troppo elegante che ci ha costretto a recitare su un palcoscenico quotidiano.
Da un repertorio, musicale e non, che forse non era il nostro e lo è diventato per un amore che era troppo forte per essere tale e si era fatto Amore, tingendosi di disamore.
Da una gabbia senza sbarre, fatta di assunzione di ruoli troppo “pesanti” per spalle deboli e precarie.
Da una teoria di atroci sensi di colpa senza volto, che ti portano a pensare di essere sempre responsabile di qualunque cosa accada fuori dal tuo controllo.
Viaggio. Verso una meta non segnata sulla mappa, verso le nuvole che si fanno sempre più minacciose, verso la pioggia che travolge e la furia degli elementi, chiamati in causa a presenziare al disordine di un’anima che si sta ricomponendo dalle sue stesse macerie.
Il romanzo di Silvia Longo non è la storia minimalista di una donna infelice, come sono infelici centinaia di donne che si sono solo rassegnate alla impossibilità di avere un ruolo proprio. O meglio lo è in parte. O forse solo apparentemente. Perché il ‘non detto’, che misteriosamente si forma nella coscienza consapevole del lettore, a volte è persino maggiore del ‘detto’.
Pochi personaggi, pennellate d’artista però, che sa come tratteggiare brevemente la sostanza umana, la sostanza del cuore, il cuore dell’anima. Viola troneggia: in fondo è il suo riscatto, questo, è la sua possibilità, è la sua Strada, che le appartiene di diritto e alla quale si è negata da troppo tempo. Piacevole “spalla” Mauro, intriso anche lui di musica e di ritmo, nonché di piccoli drammi irrisolti: mescolarsi a Viola e, ascoltandola, ricostruirsi una sua nuova proiezione, essere l’àncora di salvezza nel naufragio, ma solo a patto dell’accettazione di un confronto potente con il “direttore d’orchestra”, la cui statura, personalità e forza – fatta di dipendenza e debolezza – vanno oltre la morte, e richiedono la nevrotica distruzione dell’orologio per potere in qualche modo regredire.
Vittoria. Un nome non scelto a caso.
Vittoria è la sublime potenza della maternità.
Vittoria è l’onnipotenza che fa di una femmina una Donna.
Vittoria è la sintesi di forza e debolezza, quella sintesi che è conditio sine qua non perché si arrivi alla meta, che in un circolo non vizioso ma naturale è il punto di partenza.
Libro potente, femminile ma non femmineo, adatto a palati fini che sanno intendere andando oltre, e spaziare nella forza travolgente di una cultura multiforme, espressa in uno stile decisamente ‘superiore’, dove ogni parola, ogni frase, ogni concetto sono sapienti metafore collocate al punto giusto.
Complimenti a Silvia Longo.
Anna Maria Fabiano ha detto:
gisy ha detto:
“Il tempo tagliato” di Silvia Longo Ed.Longanesi
E’ il romanzo di una riappropriazione: di sé, della propria personalità, del proprio destino.
La morte del famoso e ingombrante marito, un celebrato direttore d’orchestra, segna per Viola uno spartiacque tra un prima e un dopo; tra una posizione ancillare, di puro supporto e un dopo, in cui, dolorosamente, preso atto di una verità scomoda e inquietante –aver vissuto soltanto di riflesso vent’anni di vita- dalla crisalide di una donna amata egoisticamente e non ascoltata nasce la farfalla libera da pregiudizi e sensi d’inferiorità, una creatura nuova, anche nell’aspetto esteriore:
Entriamo in un negozio d’abbigliamento e facciamo compere. Jeans e camicie per entrambi, scarpe di tela. I vestiti vecchi li mettiamo dentro i sacchetti che la commessa ci porge. E’ giovane e carina. Sorride come se intuisse che c’è altro, di nuovo, oltre ai capi acquistati
Ed è un bagno d’autenticità, finalmente, quello che aspetta Viola, dopo la rigidità del suo passato:
Ci viene voglia di risacca. Di spruzzi salati sul viso.
Una storia d’amore per la vita, definirei questo Tempo tagliato, amore che può farsi strada solo attraverso un gesto forte e fortemente simbolico, che giustifica anche il titolo e che, nella sua valenza emblematica, fa finalmente prendere coscienza a Viola della verità.
La narrazione, sapientemente condotta da Silvia Longo, naturalmente scrittrice, nel senso che la scrittura le è connaturata, si svolge su un doppio binario: il presente difficile ma gravido di eventi imprevedibili e positivi, e un passato apparentemente felice ma in realtà costellato da incrinature e crepe.
Il tutto scandito dalla musica, classica o leggera, che al lettore sembra di poter ascoltare attraverso la pagina con gli stessi effetti di memoria o smemoratezza che produce nei personaggi.
E’ un libro che si legge d’un fiato, che pretende d’esser letto e che appaga, nella sua conclusione.
Silvia ha uno stile stringato, efficace e avvincente: con pochi tratti scolpisce un profilo, un paesaggio, uno stato d’animo. Il primo romanzo di un’autrice matura, che non sgomita, per temperamento e stile, ma farà parlare di sé per il sicuro valore letterario della sua opera prima.
Maria Gisella Catuogno
Anna Maria Fabiano ha detto:
Bellissima lettura di Maria Gisella Catuogno. Sarebbe interessante raccogliere altre testimonianze su “Il tempo tagliato” della nostra Silvia Longo.