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Lingua di fuoco ventaglio la sua faccia nel flauto il taglio che cantandogli rosicchia la pugnalata del blu così vivace che seduto nell’occhio del toro inscrive nella sua testa ornata di gelsomini aspetta che la vela rigonfi il pezzo di cristallo che il vento avviluppato nella cappa del mandoble sgocciolante carezze distribuisca il pane alla cieca e alla colomba color lillà e stringa con tutta la sua malvagità contro le labbra del limone fiammeggiante il corno torso che terrorizza coi suoi gesti d’addio la cattedrale che vien meno tra le sue braccia senza un applauso intanto che nel suo sguardo esplode la radio svegliata dall’alba che fotografando nel bacio una cimice di sole mangia l’aroma dell’ora che cade e attraversa la pagina che vola disfa il profumo che porta via tutto impellicciato tra l’ala che sospira e la paura che sorride il coltello che sobbalza di piacere lasciando anche oggi ondeggiante a suo modo e poi non importa come nel momento preciso e necessario dall’altro del pozzo il grido della rosa che la mano gli getta come una piccola elemosina.

[Pablo Picasso, Poesie, in A. Breton, Antologia dello humour nero]