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      Nei versi di Cinzia Demi la Maddalena neotestamentaria e quella leggendaria si fondono con la Maddalena di oggi, divenendo summa e paradigma della femminilità tormentata e violata nei secoli, ma anche della sua straordinaria potenzialità di riscatto, di redenzione e di autoaffermazione.

E così, la peccatrice che subisce l’amore mercenario ma che cerca un nome, quel nome capace di illuminarle il cammino, riuscirà infine a viverlo pienamente quell’amore, che è spirito e sostanza insieme, e a divenire, da oggetto passivo di desideri altrui, protagonista attiva non solo della sua vicenda esistenziale ma anche di quella oltremondana, per la fama di santità che l’avvolgerà nei secoli.

Maddalena è la prostituta del Vangelo, che con le sue lacrime lava i piedi del Cristo cospargendoli di unguento profumato e che scopre per prima il vuoto angosciante del Sepolcro, annuncio però di resurrezione e di vittoria della vita sulla morte; ma Maddalena è anche la donna oltraggiata dei nostri giorni, la vittima sacrificale della violenza altrui, torturata e crocifissa sanguinante di sperma e di calci/inchiodata anche lei come Cristo/ col suo pelo biondo/i suoi occhi cinerini/gli insulsi suoi orecchini.

Il Figlio di Dio per Maddalena è la tentazione di un altrove del corpo e dello spirito, l’incarnazione di una dimensione altra da quella in cui la vita l’ha collocata; è la sfida della fede, della ricerca del bene a scuoterla e a strapparla dalla consuetudine drammatica a cui si era faticosamente accomodata.

Il Cristo è la meta e il cammino che intraprende per raggiungerlo equivale ad una progressiva rinascita.

La donna di oggi, la Maddalena contemporanea, in cui la poetessa si identifica e si fonde, è anche lei in cammino, intrisa di tutto il male che pullula intorno a sé e dell’eredità dolente e sublime della sua femminilità; ma la sua non è una fuga, perché comunque il mondo ha bisogno di lei, fragile nel corpo ma granitica nella volontà, potente nel suo dare o negare la vita, irresistibile nella sua sensualità che abbacina e smarrisce.

Così, anche se corrode il fiato di bestia/la festa del suo rimanere lei resta affermando responsabilmente: io sono lei lo sento lo so/e quando scappo nel mondo/io io lo torno

Ero Maddalena

“ Non sapremo noi

che faccia hai avuto

mai

né quella che

voltandoti

potresti avere

ed hai.”

G.Testori

manca ancora molto all’alba

e vorrei che la notte non finisse

vado in controtendenza adesso

è più forte la voglia di ombre

la luce mi acceca

   nella notte ritrovo il cuore

del mondo

il cerchio di fuoco acceso

dentro cui buttarsi

per sparire nel rosso

e rinascere

come terra da amare

 

 

 

sono fragile nel segno della mano

nei tratti arteriosi

delle finestre accese

   posseggo un solo ricordo

misuro un solo cammino

vado anch’io come un’ombra

   slanciata nel fragore del tuono

dio, se la morale

fosse un umore carnale

   se si potesse mischiare

col riverbero a pelle

di voluttà  di carne  di ardore

   Bologna mi accoglie

potente nelle sue strade

a quest’ora quasi senza gente

   un vento di ponente[1]

deciso    mi ha spinto

nella sua direzione

   scalza come un bambino

nuda di consolazione

cerco l’antro di un portone

   o la fredda scala

la balaustra di una chiesa

il riparo di una prigione

   mi avvolgo nei miei capelli

come api nell’arnia

cenere e acqua nell’urna

   ed è miele che cola dal pianto

se ti guardo    città    nel viale

squarcio di foglie impazzite

   rinverdite al lamento

torno indietro

alla mela acerba che fu

   e a quegli occhi di sirena

di donna sola

come il silenzio    come la pena

 


[1] Secondo un’antica leggenda, il vento di Ponente, avrebbe accompagnato la figura di Maria Maddalena, sin da quando la sua statua approdò all’omonima isola , in Sardegna, spinta da quel vento stesso.

a gridare.

                                                         Maria Gisella Catuogno