Dinanzi al triste scenario di corruzione diffusa, vero e proprio male endemico e piaga della nostra società, mancanza di rispetto per le istituzioni, disconoscimento delle basilari norme di convivenza civile, clientelismo, scambi di favori, ampio e spudorato utilizzo della res publica – verso la quale non si nutre più la benché minima forma di rispetto – in nome dei propri personali e privati interessi, nonché di una sempre più diffusa tendenza a mettere in atto comportamenti di poca o dubbia moralità, la De Monticelli torna con un interessantissimo saggio che segnaliamo in tale sede dall’emblematico titolo “La questione morale”.In tempi di assoluta povertà, in seguito alla tra svalutazione dei valori di cui Nietzsche si era fatto portatore, dopo il sovvertimento di quelle stesse rivendicazioni che erano state degli studenti del Sessantotto i quali avevano voluto liberarsi di ogni fonte di autorità e autoritarismo, la questione morale – ci dice l’autrice – permane la questione. Essa affonda le sue radici ben più lontano in realtà e coinvolge, volenti o nolenti, ognuno di noi.
Il saggio prende spunto dalle considerazioni del Guicciardini, autore del secolo XVI che colpiscono il lettore moderno per la loro sconcertante attualità. Al di là del linguaggio aulico, dei toni ridondanti, altisonanti (al giorno d’oggi, il linguaggio è diventato molto più scarno, povero, ridotto alle sue forme più banali e elementari per poter raggiungere il maggior numero possibile di illettrés mentali e culturali e potersi più facilmente adeguare alla diffusione resa possibile dai mass-media, non coscienti del fatto che i limiti del linguaggio sono i limiti del proprio mondo per dirla con Wittgenstein, del proprio orizzonte mentale di senso e di valori) lo stesso Guicciardini sarebbe rimasto a mio parer basito di fronte alla perfetta applicazione pratica che del suo pensiero è stata operata.
Del resto, chi non abbandonerebbe la nave quando quest’ultima sta per affondare per salvare se stesso e il proprio vantaggio piuttosto che tentar di resistere e rimanere fedele al proprio destino, alla propria causa? Quali ideali, interessi animano oggi l’italiano medio? Quanti rapaci si annidano nel fegato della nazione? Consapevoli che l’essenziale è apparire, in barba al dilemma di frommiana memoria, ciò che più colpisce e sgomenta è l’idea che chi mente sapendo di mentire finisce col credere egli stesso a quelle verità da lui proclamate e induce il suo uditorio a fare lo stesso, a scambiare più o meno conscientemente le sue asserzioni per verità assolute. Mentire, sapendo di farlo, affinchè la menzogna acquisisca valenza di verità. Come a dire, per riprendere l’habitus morale di uno dei più cattolici e longevi esponenti cattolici della recente storia politica italiana (“Nel 1919 siamo nati io, il partito fascista e il Ppi di don Sturzo. Di tutti e tre, sono rimasto solo io”. sic!), che a pensare male si fa peccato ma qualche volta ci si indovina. A questo punto non si sa più chi è più in malafede, se colui che alla lunga si è convinto che la sua fosse una verità o piuttosto il suo uditorio, reo di passività e acriticità, che finge o ritiene sul serio di considerare vere le sue parole.
Gli uomini nascono vili e malvagi per natura si sa e già agli albori dell’età moderna Machiavelli e Hobbes si interrogarono ampiamente su questioni dibattute oggi purtroppo dai soli studenti di filosofia in qualche sparuta aula di liceo.
Questo dibattito in realtà coinvolge ognuno di noi: lungi dal rappresentare due entità separate e distinte, politica e morale costituiscono in realtà un binomio inscindibile e indissolubile. Quello che era giustificato e appariva l’unica soluzione possibile ai tempi del Machiavelli, oggi non può più essere tale. E non è più possibile persistere in un diffuso atteggiamento di ignavia, tipico di quei vili, quegli sciagurati che mai furono vivi secondo la celebre definizione dantesca; di fronte a scelte epocali, dirimenti non si può continuare a fingere indifferenza, perseverando nell’atteggiamento di non decidere tra ciò che è bene e ciò che è male, a prendere posizioni precise – si pensi ai casi Englaro, Welby per non parlare delle dichiarazioni del rettore dell’università di Roma, in un’intervista rilasciata a Repubblica il 24 dicembre 2010: “favorire i miei parenti? “se lo meritano” – lasciando che siano altri a decidere per noi. Eppure gli studenti in questi giorni sono tornati a far sentire la loro voce, assaltando i palazzi del potere, criticando la ‘vituperata’ Riforma Gelmini sull’istruzione. Forse qualcosa sta cambiando, qualcuno si è accorto che ci stanno rubando il futuro e che una qualche forma di azione è necessaria perché “non per vivere come bruti fummo fatti ma per inseguire virtù e conoscenza”. Quindi virtù – leggi morale – e conoscenza, verità, sapere. Oggi dare del moralista a qualcuno equivale a tacciarlo di persona noiosa e pedante, incapace di fare i conti con la vita concreta. Equivale a essere astratto, ideale, teorico, quindi meritevole di disprezzo. Solo la politica del fare e dell’agire sembra essere apprezzata o per lo meno sembra esser condivisa dalla maggior parte degli italiani, abituati, assuefatti a anni di servilismo politico e plagiati secondo il mito del self-made man che tutti vorrebbero essere e imitare.
Il popolaccio italiano che di tutti era il più cinico per dirla con Leopardi, potrà prima o poi imparare a fare leva su valori comuni, ridestar le coscienze e i cuori e combattere coeso in nome di valori comuni? In Italia, solo i venditori di fumo hanno successo e in nessun’altra nazione esiste l’espressione sprezzante “all’italiana”.
Come coniugare dunque l’esperienza morale che per sua definizione implica la solitudine e la vita politica che si nutre invece del consenso di un numero sempre crescente di persone?
L’autrice, dopo aver affrontato quella che potremmo definire la pars destruens del libro, torna ad auspicare un ritorno alle origini della politica, a Socrate per intenderci, proponendo una parte costruttiva, un “tornare a respirare”, sottolineando l’esigenza di un rinnovamento morale delle persone – un’uscita dallo stato di minorità secondo la celebre espressione kantiana – superando lo scetticismo etico, il nichilismo nel quale si è incappati e difendendo la possibilità di una fondazione razionale della morale, confutando il freddo e cinico utilizzo della ragione e la logica del potere condivisa da numerosi italiani, perché in Italia ha successo chi persegue il proprio interesse e le proprie passioni e non chi agisce all’insegna della morale e della giustizia, dimostrando da ultimo come essa senza un’autentica passione politica non potrebbe sussistere: “l’imbarbarimento morale e civile si combatte risvegliando le coscienze alla serietà dell’esperienza morale”.
Occorre quindi ridestar gli spiriti critici e assumersi le proprie responsabilità di fronte alla storia, al futuro e a noi stessi. Un libello che vuole in definitiva trarci fuori dal nostro sonno dogmatico e spingerci a meditare…
Emanuela Catalano
Pubblicato da sentierierranti su 28 dicembre 2010
Roberta De Monticelli, La questione morale, Raffaello Cortina editore, Milano 2010, p.186, € 14.
mariapia ha detto:
Fondamentale quaestio, e di sconvolta attualità!ma, coraggio: c’è da lavorare parecchio con la parte costruens, facciamolo.
Ri leggiamo ri pensiamo ri fondiamo…all’opera.. mie care miei cari.
Dimenticavo: e testimoniare?
maria Pia Q
maria gisella catuogno ha detto:
Concordo in pieno con Maria Pia! C’è da RI-FONDARE un’etica, una civiltà, una cultura, sconvolte oggi dal degrado eretto a sistema. Svegliamoci!
maria gisella catuogno ha detto:
Scheda biografica e Curriculum Vitae
Roberta De Monticelli ha studiato alla Scuola Normale e all’Università di Pisa, dove si è laureata nel 1976 con una tesi su E. Husserl: dalla Filosofia dell’aritmetica alle Ricerche logiche; ha continuato i suoi studi presso le Università di Bonn, Zurigo e Oxford, dove è stata allieva di Michael Dummett, logico e filosofo del linguaggio. Sotto la sua direzione ha scritto la tesi di dottorato su Frege e Wittgenstein. A Oxford è stata iniziata allo studio della tradizione platonica da Raymond Klibansky, membro e custode del Circolo Warburg, grande storico delle idee ed editore di numerosi testi medievali e moderni.
Ha cominciato la sua carriera universitaria come Ricercatrice della Scuola Normale di Pisa, poi trasferita presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università Statale di Milano, nell’ambito della cattedra di Filosofia del linguaggio (Prof. Andrea Bonomi). A Milano ha frequentato per anni i corsi della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, approfondendo la sua formazione nel quadro delle sue ricerche sul platonismo, e poi sulla filosofia di Agostino, di cui ha curato per Garzanti un’edizione delle Confessioni con testo a fronte, commento e introduzione (La Spiga 1992).
È stata dal 1989 al 2004 professore ordinario di Filosofia moderna e contemporanea all’Università di Ginevra, sulla cattedra che fu di Jeanne Hersch (1910-2000, con Hannah Arendt e Raymond Klibansky la migliore allieva di Karl Jaspers). Per valorizzare l’opera di questa pensatrice, fra le più significative del Novecento, R. De Monticelli ha diretto fra l’altro una ricerca d’équipe sull’opera e la figura di Jeanne Hersch, finanziata dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca scientifica, ricerca che ha già portato alla preparazione per la stampa di numerosi inediti, e a svariate traduzioni in italiano e altre lingue di opere della pensatrice ginevrina. A Ginevra ha fondato la scuola dottorale interfacoltà “La personne: philosophie, épistémologie, éthique”, che ha diretto fino al 2004 (corresponsabili: Prof. Bernardino Fantini, Faculté de Medicine, Prof. Bernard Rordorf, Faculté Autonome de Théologie Protestante, Prof. Alexandre Mauron, Centre Lémanique d’éthique), scuola dottorale frequentata da studenti di ogni paese europeo, nel quadro della quale ha invitato i migliori specialisti internazionali delle discipline interessate (etica ed etica applicata, ontologia, fenomenologia, filosofia della mente, filosofia della psicologia, scienze cognitive, storia della medicina, filosofia della biologia).
Posizione attuale
Dall’ottobre 2003 è stata chiamata per chiara fama all’Università Vita-Salute San Raffaele, sulla cattedra di Filosofia della persona. Un insegnamento di concezione nuova anche nel nome (è la prima cattedra in italia con questa denominazione). La persona, la sua realtà e i modi della sua conoscenza sono al centro della sua ricerca, che, pur riconoscendosi erede della grande tradizione, da Platone ad Agostino a Husserl, tenta una fondazione nuova, sul piano ontologico e sulla base del metodo fenomenologico (cf. La fenomenologia come metodo di ricerca filosofica e la sua attualità, ora disponibile in versione riveduta nella rubrica dei Testi della biblioteca husserliana (http://www.biblioteca-husserliana.net/testi.html) di una teoria della persona. Sua ambizione è di costruire un linguaggio limpido e rigoroso per affrontare le questioni che si pongono a ogni esistenza personale matura (identità personale, sfere della vita personale (cognitiva, affettiva, volitiva), libero arbitrio, natura della conoscenza morale, fondamenti dell’etica, natura della vita spirituale). Un linguaggio, d’altra parte, capace di contribuire, anche con analisi concettuali e fenomenologiche e un proprio insieme di tecniche d’argomentazione, al dibattito contemporaneo promosso dagli sviluppi della filosofia della mente e delle scienze naturali dell’uomo, biologia, neuroscienze, scienze cognitive.
Presso la Facoltà di filosofia ha attivato il Laboratorio di fenomenologia e scienze della persona: http://www.unisr.it/list.asp?id=5565
margherita ealla ha detto:
Mi è capitato di seguire la sua interessante intervista a “che tempo che fa” nella quale sottolineava il concetto di “persona” (così come da Sant’Agostino) e quella del ruolo del libero arbitrio di ognuno nel raggiungimento del bene (proprio e individuale).
Grazie perciò di questa recensione che approfondisce e mette in evidenza altri spunti.
ciao.
lucetta frisa ha detto:
Anch’io,come Margherita, ho avuto modo di vedere Roberta di Monticelli parlare del suo libro nella trasmissione di Fazio. Forse adesso sarà più nota al grosso pubblico.La tv. serve bene a questo! Nel tempo mi è capitato di leggere qualche suo articolo restandone sempre ammirata. Ce ne fossero persone e filosofi della sua statura! Perché non discutere oltre che di psicanalisi e psicologia anche-e più comunemente- di filosofia? Non lasciare separata la filosofia e la morale dalla vita quotidiana…
Grazie a Gisy che ha proposto questa nota di presentazione al suo libro.
lucetta