(Albrecht Dürer (German, 1471-1528), Sechs Kissen (Six Pillows), 1493, ink on paper, 276 x 202 cm.)
Terre di mezzo
Siamo spiriti sospesi nelle terre di mezzo Non più carne, aria non ancora Siamo ricordi appesi ai chiodi della mente Qualcuno, fune sfilacciata resistente allo strappo, si aggroviglia caparbio alla vita, insistentemente Altri, polvere di parola, sostano sugli oggetti cari Brevemente, nell’attesa del cencio che li spazza via. Lasciateci così. Senza umida terra né sigillo in cemento. Sospesi, liberi nel tempo.Sara Ferraglia
Blumy ha detto:
mentre leggevo, mi domandavo: chi è questo poeta così malinconico, con questo linguaggio estremo, questo senso di non esistenza che tanto mi appartiene? Saraaa ?!? Ti ho contagiata, dimmi? Ma il risultato è bellissimo. Con questa faccio copia e incolla sul mio blog. ciao, Sara!
domaccia ha detto:
anche io annoto una vena altamente drammatica, dal punto di vista “esistenzialE”, che nei precedenti scritti non mi sembra ci fosse stata
m.gisella catuogno ha detto:
Bellissima Sara, sento che mi appartiene ogni singolo verso…
Gisella
marinaraccanelli ha detto:
Penso che l’aggettivo “sospesi” sia la chiave di lettura per questa malinconica meditazione sulla precarietà della vita umana e sulla fine di tutto e tutti: fine sospesa, aerea e senza sigilli, in uno spazio domestico, dove il cencio passa e spazza, e in uno spazio mentale con durezza di chiodi
marina
Sara Ferraglia ha detto:
Blumy, non è questione di “contagio”; credo che ogni tanto passino accanto a noi tutti questi “fantasmi” e quando accade può farsi sentire maggiormente una vena drammatica,( Domi ) dipende dai fantasmi!
Eh sì, Marina…hai perfettamente colto nel segno.
Grazie a tutte.
Sara