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Con il film “Poesia che mi guardi” la regista Marina Spada  ha reso omaggio alla poetessa Antonia Pozzi che il Novecento letterario italiano a lungo ignorò. Antonia non si sarebbe certo stupita di questa indifferenza, dal momento che per tutta la sua breve esistenza con essa fece i conti finendo vittima di una sorta di emarginazione intellettuale che rese ancora più amara la sua sfortunata vicenda esistenziale. Antonia Pozzi era l’unica figlia di un noto avvocato milanese e di una contessa discendente  dello scrittore Tommaso Grossi; la sua breve esistenza fu sempre accompagnata da una sorta di sofferenza interiore sia per la solitudine intellettuale a cui la destinò la sua forza creativa di “donna”, sia per la dissimulata repressione a cui la consegnò il perbenismo della sua famiglia alto-borghese. Iniziò a scrivere poesie giovanissima; innamorata del suo professore di liceo fu costretta a rinunciare a sposarlo a causa dell’ostilità dei suoi genitori. Nonostante la sua grande potenzialità intellettuale non fu mai compresa dall’entourage accademico e artistico che la circondava  e che liquidava il suo talento poetico come “disordine emotivo”. Incline alla malinconia depressiva, morì suicida a soli ventisei anni.

Il film di Marina Spada dà voce alla sua poesia e alla sua tormentata vicenda esistenziale attraverso la voce narrante di Maria, una cineasta che affascinata dalla figura della poetessa ne studia l’opera ricercando il mondo e i personaggi della sua vita. L’incontro con alcuni studenti che diffondono le loro poesie in forma anonima sui muri della città fa scaturire in Maria l’idea di coinvolgerli nel suo progetto: fare rinascere a Milano la poesia di Antonia Pozzi non più come espressione di solitario intimismo ma come momento condiviso con gli altri, così da restituire all’artista quel riconoscimento e quella visibilità che in vita le erano stati negati. Il film è una riflessione sulla poesia e sulla sua imprescindibile necessità di esistere.

Marina Spada è nata a Milano nel 1958. Diplomata alla scuola del Piccolo Teatro di Milano e laureata in Storia della musica, inizia l’attività professionale nel 1979 come assistente alla regia in Rai. Negli anni ’70 si interessa di musica e in seguito collabora con le principali case di produzione pubblicitarie e dirige documentari e servizi televisivi. Dalla metà degli anni ’90 alterna il lavoro di docente presso la Scuola di Cinema di Milano con l’attività di regista; firma fra l’altro i video- ritratti di Arnaldo Pomodoro, Fernanda Pivano e Francesco Leonetti. Il suo cortometraggio Un giorno dopo l’altro nel 1990 rappresenta l’Italia al Women Film Festival di Los Angeles. Del 2006 è il lungometraggio Come l’ombra presentato con successo al Festival di Venezia e a quello di Toronto e premiato per la miglior regia al Festival di Mar del Plata nel 2007.