Y: donna 38 anni, assistente sociale, ha un carattere poco incline alla compassione.
Z: donna, 33 anni
A: figlia di Z, 6 anni e mezzo, spesso ruba le penne e le matite più colorate ai compagni di classe.
[Y trova la porta dell’int. 8, secondo piano, scala b, socchiusa, dopo un momento di esitazione decide di entrare]
L’appartamento era in uno stato di degrado totale. Sporcizia, vestiti, scarpe, fogli di giornale si mescolavano rovinosamente formando mucchietti sparsi lungo il perimetro di quello che era difficile definire un luogo abitativo. La rovina pioveva dalle tende ammuffite fino allo sgocciolare del rubinetto sui piatti. L’odore pungente di avanzi mai più toccati giunse diritto allo stomaco di Y, che si portò istintivamente una mano alla bocca. Per qualche istante sembrò che non ci fosse nessuno lì dentro. Invece no. Qualcuno era presente. Ma Y non era, e non fu in grado di oltrepassare quella violenta discarica di visioni perlustrative e scovarvi nascosti dolore, assenza, perdita…
Per caso, vide gettata a terra come un cadavere, Z, chiusa tra i suoi ricordi e un buco, esploso di eroina. Sopraffatta, Y desiderò la sospensione da quella parte di mondo che stra-volgeva ogni suo criterio di presenza. Fu un singolare chiacchiericcio, proveniente dalla stanza affianco, a distoglierla dai suoi audaci sogni di fuga. A. era seduta per terra, visibilmente denutrita e sporca; apriva e chiudeva la sua piccola bocca per cantare una sorta di litanìa a un pupazzo dall’orecchio strappato, che teneva stretto tra le mani in una morsa eccessiva per un semplice gioco. Quando Y entrò nella sua stanza, A. la fissò dritta negli occhi, inducendo Y a fermarsi: avvicinare “una” bambina improvvisamente le sembrò pericoloso. Fece un lungo sospiro, prese il cellulare, e chiamò il suo responsabile.
Marta Campi nasce a Roma, dove vive. La raccolta di poesie Apnee fa parte del VI quaderno di RebStein, a cura di Francesco Marotta; Tra i suoi scritti, la prosa poetica, Estasi, e i racconti brevi La ragazza-pitone, I sogni di Y, Docile e Fuga#1. Gestisce un foto-blog personale presso Anarchica.net.
Sara Ferraglia ha detto:
Una sequenza di fotogrammi questo racconto. Vedo scorrere in pochi secondi il dolore, il degrado e anche l’impotenza e la paura di chi non riesce ad affrontarli.
Racconto efficace per ciò che riesce a trasmettere ma anche volutamente ( credo ) freddo ed asettico. Si reagisce come la protagonista davanti a certi orrori?
Forse io sì…perchè occorrono anche tanta professionalità e preparazione. L’umanità, “la compassione” ( nel senso di comunione di sentimenti) da sole non bastano.
Sara Ferraglia
Sara Ferraglia ha detto:
Ho visitato il blog di Marta Campi dopo la lettura del racconto.
Non sapevo fosse anche un’appassionata di fotografia, eppure dal taglio del racconto ( quasi una sceneggiatura) l’avrei potuto intuire.
Leggere è stato come vedere un corto.
Bello.
Sara
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Blumy ha detto:
un bel racconto breve, dove si fa fatica a cercare l’invenzione, tanto è vicino a certe terribili realtà. l’immagine, scelta con cura, è una sorta di muto commento alla tragicità della storia.